Le due crisi del debito sovrano dell’Eurozona, la prima nel 2010 e la seconda nel 2011-12, in quest’ultimo caso il mercato scommetteva sul dissolvimento dell’unione monetaria, hanno visto prima la Grecia e poi l’Italia come portatrici, non sane, del contagio.
E’ quanto emerge dallo studio dealla Bce “Il contagio sui mercati del debito pubblico”. Nei paper di ricerca le opinioni espresse dagli autori non riflettono quelle dell’Eurotower.
“Nella prima metà del 2010 lo shock determinato dall’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato della Grecia spiega ben il 30% della varianza dei rendimenti sul debito pubblico portoghese, il 25% della varianza su quello irlandese, il 15% su quello su quello dell’Italia e il 10% su quello della Spagna”, è scritto nello studio.
Scenario completamente diverso nel 2011-12, quando i tassi a dieci anni sul debito pubblico italiano e spagnolo salirono al 6-7% e si materializzò il rischio della fine dell’unione monetaria.
“In questo caso meno del 10% della varianza dei rendimenti sui titoli di Stato italiani è spiegata dalla variazione dei rendimenti sul debito pubblico spagnolo. Al contrario fino al 20% della varianza dei rendimenti sul debito pubblico spagnolo è spiegata dalle variazioni dei rendimenti sul debito pubblico tricolore”, spiega lo studio.
Inoltre, sottolinea la ricerca, il contagio dell’Italia sul debito pubblico belga, tedesco, olandese, britannico e americano fu “molto più ampio di quello indotto dalla Spagna”.
Per questo motivo sottolinea lo studio “l’Italia e non la Spagna, fu la causa del rischio sistemico che colpì i mercati del debito pubblico.