“Se il dato sotto quota 1000 per il conteggio dei lavoratori che muoiono a causa di un infortunio può sembrare confortante, resta indispensabile andare al di là del numero e analizzarli con attenzione: le percentuali su numeri così bassi fanno più scena che effetto”. Lo ha detto il presidente dell’Anmil Franco Bettoni , commentando i dati forniti oggi dall’Inail sugli incidenti sul lavoro. e “In tempi di crisi – ha aggiunto – non si può restare indifferenti a numeri che mettono alle strette l’impegno che vede invece il settore industriale in grave difetto”.
“Gli statistici dell’Istituto – sostiene – assicuratore peraltro ci insegnano da anni che l’elaborazione dei dati non può ritenersi definitiva se non passano almeno 9 mesi dalla chiusura dell’anno sotto esame e paragonarli a quelli cosiddetti ‘consolidati’ del 2010 non è corretto, ma indubbiamente rappresenta un importante polso della situazione”.
“Per quanto riguarda il dato delle malattie professionali – prosegue – rimasto invece per anni ignorato, ci conforta, se così si può dire, il forte aumento delle denunce segnalato che, tuttavia, dimostra solo la maggiore consapevolezza dei lavoratori rispetto ai rischi del lavoro ma non corrisponde certo alla costituzione di rendite perché le malattie professionali effettivamente riconosciute nel nostro paese sono solo un quarto rispetto all’Europa”.
“Raccogliendo – dice – 450mila vittime del lavoro per mancata prevenzione ci sentiamo in dovere di promuovere la sicurezza in ambito lavorativo e intendiamo sostenere ogni azione possibile per far diminuire i numeri di questo fenomeno – aggiunge Bettoni – ma il costante monitoraggio di quanto viene fatto dalle istituzioni preposte è fondamentale”.
“Ringraziamo l’Inail – aggiunge ancora – per i numeri con cui rende possibile a tutti operare valutazioni mirate – dichiara il Presidente Bettoni – perché dimostrano che è assolutamente necessario portare a conclusione l’emanazione degli atti normativi secondari rimanenti per la piena attuazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, peraltro quasi già tutti istruiti, destinati a regolare specifici settori di attività lavorativa; avviare quanto prima il Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, il quale sarebbe dovuto partire già da tempo, ma che ha subìto gravi ritardi; rafforzare i controlli anche attraverso processi di formazione, individuando come strumenti utili gli organismi paritetici e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, aziendali e territoriali”.
“Tuttavia – conclude – restano ancora molti percorsi da fare nel settore dell’agricoltura e per quello che riguarda le donne lavoratrici – specifica Bettoni –, ma come Associazione di vittime sottolineiamo la totale distrazione verso l’inadeguata tutela delle centinaia di migliaia di lavoratori infortunati allorché il Testo Unico infortuni resta un caposaldo per il riconoscimento degli indennizzi e laddove la presa in carico dell’infortunato resta un obiettivo fantasma”.
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