Rappresentanza, lotta al dumping contrattuale, bilateralità e legame con il territorio. Sono queste le coordinate individuate da Cna, la rappresentanza datoriale delle imprese artigiane, per il futuro della contrattazione nel settore. Temi discussi e affrontati nel corso di del seminario Formazione, innovazione e dialogo sociale: il modello dell’artigianato per il futuro del lavoro organizzato a Roma dalla confederazione e al quale hanno partecipato Cgil, Cisl e Uil.
Aspetti sui quali, ha spiegato Maurizio De Carli, responsabile dipartimento relazioni sindacali della Cna, si aprirà un tavolo con Cgil, Cisl e Uil. Il mondo del lavoro, ha spiegato, sta affrontando cambiamenti profondi. I vecchi modelli di relazioni industriali stanno cadendo e, in questo contesto, l’errore più grave sarebbe quello di riproporre ricette già viste per problemi nuovi. Per la Cna la politica dovrebbe accompagnare le parti sociali attraverso una legislazione di supporto, mettendo da parte interventi molto spesso invasivi e dei quali non si chiede gli effetti che potrebbero avere sulla contrattazione. La bilateralità, ha detto De Carli, nel tempo ha saputo intercettare le esigenze di lavoratori e imprese le quali, ha sottolineato Otello Gregorini, segretario generale Cna, devono fare i conti con la dimensione ridotta e la difficoltà nel reperire e poi nel trattenere le competenze. Per questo, ha detto Gregorini, servono interventi mirati a sostegno delle piccole realtà che, soprattutto quelle artigiane, sono trasversali a molti settori e sono una sentinella per la salvaguardia della coesione economica e sociale di un territorio attraverso una contrattazione diffusa.
Sulla necessità di una legge di supporto e non invasiva per sciogliere il nodo della rappresentanza sono favorevoli anche Cisl e Uil. Devono essere le parti sociali a darsi quei criteri per poterla misurare e solo dopo il entra in campo il legislatore per dare un vincolo di forza al sistema, questa la linea espressa da Mattia Pirulli, segretario confederale cislino. Ma, ha spiegato Pirulli, così come per ogni settore abbiamo un contratto diverso, allo stesso modo dobbiamo pensare modelli di rappresentanza declinati sulle caratteristiche di ogni comparto. Il altre parole il modello di rappresentanza derivato dal mondo della manifattura non può andare bene per il terziario. Quanto all’elevato numero di contratti depositati al Cnel, Pirulli sostiene che bisogna però guardare alla loro reale diffusione, anche come criterio per stabilire il grando di rappresentatività delle parti firmatarie e per capire quanto quel contratto possa porsi in concorrenza con i quelli siglati da Cgil, Cisl e Uil e creare dumping. Per il sindacalista della Cisl occorre, inoltre, riscoprire le potenzialità della contrattazione decentrata, soprattutto quella territoriale, in grado di mettere a rete un sistema, molto spesso frammentato, di redistribuire la ricchezza e andare incontro alle tipicità di ogni filiera. Per la segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo, con la prossima tornata elettorale si dovrà mettere mano ad alcuni istituti, come l’organizzazione del lavoro e l’orario, per migliorare la work-life balance e attrarre così giovani.
In merito alla rappresentanza la Cgil si colloca su una posizione diversa sottolineando la necessità di arrivare a una legge. La bilateralità, ha detto la segretaria confederale Francesca Re David, ha motivo di esistere in un settore di piccole aziende come l’artigianato. Tuttavia non sempre, ha affermato, i lavoratori conoscono appieno gli strumenti offerti dagli enti bilaterali e non sempre le imprese sono disposte ad aprire le proprie porte alla bilateralità. Per la Cgil, infine, la fiscalità deve sostenere i rinnovi contrattuali e quindi mettere nelle tasche dei lavoratori più salario.
Tiziano Treu, giuslavorista e già presidente del Cnel, ho messo in risalto la congiuntura non favorevole che sta vivendo la contrattazione. Gli accordi interconfederali non tengono più, ci sono sempre più free rider, ossia coloro che abbandonano le regole del gioco perché magari non le ritengono economicamente vantaggiose, e in tutto questo la politica dovrebbe muoversi sostenendo con la legge le parti sociali. Su questo, ha affermato Treu, la legge delega in materia di salario interviene attraverso una sorta di erga omnes sulle retribuzioni ma nasconde un vizio di forma perché usa come unità di misura i contratti più applicati. Ma non sempre quelli più applicati sono i più rappresentativi e i migliori per aziende e lavoratori.
Tommaso Nutarelli