Negli Usa, Donald Trump sta imponendo il divieto di opinione. Quella che era la campionessa del mondo libero, la maggiore democrazia liberale, cancella la libertà di espressione. Roba da far impallidire perfino Joseph McCarthy e il maccartismo degli anni Cinquanta. Che negli States tirasse una brutta aria – con i immigrati prelevati a casa nella notte e spediti a Guantanamo e i marines inviati a presidiare le strade di Washington e Los Angeles nonostante le proteste dei sindaci delle città – era chiaro da qualche mese. Ma dopo l’omicidio dell’esponente MAGA Charlie Kirk nello Utah il 10 settembre, The Donald si è letteralmente scatenato. Sta imponendo un giro di vite alla libertà di espressione furioso e senza precedenti. Roba, senza timore di esagerare, da Adolf Hitler e da Benito Mussolini, solo per citare due dittatori a tutti ben noti.
Sono settimane che gli americani perdono il lavoro, vengono licenziati su due piedi, per le opinioni che esprimono. Basta un post su Facebook, una mail, un messaggio sui social per vedersi cancellato il posto. Eclatante il caso del popolare conduttore comico della Abc tv, Jimmy Kimmel, licenziato dalla Disney perché “colpevole” di aver detto che Trump e i suoi “sfruttano l’assassinio di Kirk per trarne vantaggio politico”. E prima di lui ha perso il lavoro Stephen Colbert, in onda su Cbs con il suo show dal 2015. “Sono contro di me e devono chiudere, vanno ritirate le licenze alle tv: il 97% è contro di me”, ha intimato e minacciato Trump come un autocrate qualsiasi. E così le purghe continuano. Nelle prossime ore potrebbe essere censurata e perdere il posto perfino la popolarissima Whoopi Goldberg, che conduce “The view” su Abc. Eppure proprio Charlie Kirk diceva durante i suoi comizi, “prove me wrong”, “dimostrami che ho torto”. Insomma, era alfiere del libero dibattito, del confronto di opinioni. Ma Trump ha deciso di cavalcare la “cancel culture”. E con lui, attivissimo, è il suo vice JD Vance che ha invitato alla delazione: “Quando vedete qualcuno che festeggia per l’omicidio di Kirk, segnalatelo. E, diavolo, chiamate anche il datore di lavoro…”.
Da quel giorno negli States è partita una vera e propria persecuzione. Una spietata caccia alle streghe. Qualche esempio: United Airlines e Delta Air Lines hanno sospeso alcuni dipendenti per i loro post sui social; l’analista politico della rete televisiva Msnbc, Matthew Dowd, è stato rimosso dopo aver detto in onda che la retorica violenta e provocatrice di Kirk poteva aver avuto un ruolo nel suo omicidio; avvocati, medici, professori sono stati sospesi o cacciati per post “lesivi della reputazione dell’azienda”. E, come se non bastasse, attivisti di estrema destra come Laura Loomer – la complottista trumpiana responsabile di aver scovato e fatto licenziare da Trump funzionari infedeli come il direttore della National Security Agency – hanno messo su il sito “Expose Charlie’s Murderers” per segnalare in anonimato e punire chi ha esultato sui social della morte di Kirk. E pensare che il primo emendamento della Costituzione garantisce la libertà di espressione.
Un giro di vite talmente feroce e violento che scuote perfino i conservatori. Per anni lo stesso Trump e Elon Musk, per poter condurre le loro campagne violente, xenofobe, razziste, si sono battuti in difesa del “free speech”. Una rivendicazione di libertà estrema: il poter dire tutto, anche se osceno, anche se offensivo. Adesso, invece, il Tycoon rinnega quell’approccio libertario. Anche tra i suoi (ex?) sostenitori c’è però chi lo critica: l’ex Fox News Tucker Carson, accusa il presidente di usare l’omicidio di Kirk per “calpestare il libero pensiero”, inteso appunto in senso MAGA. E diversi esponenti repubblicani, come Brett Guthrie, hanno chiesto “cautela” nel prendere provvedimenti contro “chi non è d’accordo con noi”. Parole al vento. “La libertà di parola non esiste più, gli Usa stanno diventando un regime autocratico”, fotografa il sociologo Derrick de Kerckhove. Un bel problema per i leader sovranisti, populisti, nazionalisti amici di Trump, come Giorgia Meloni e Viktor Orban: c’è il rischio che l’”esempio” americano spaventi i loro elettori. Ma forse no, potrebbe gasarli, fomentarli. La democrazia non è un gusto per tutti i palati. Anzi, sta cominciando decisamente a passare di moda.
Alberto Gentili



























