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Home - Approfondimenti - Analisi - Gli spropositi di Di Maio su Garanzia Giovani

Gli spropositi di Di Maio su Garanzia Giovani

di Alessandra Servidori
12 Settembre 2018
in Analisi
Gli spropositi di Di Maio su Garanzia Giovani

Nella  cabala di Luigi Di Maio su come trovare i danari per le sue balzane promesse, balzano agli occhi i due miliardi di euro che vuole sottrarre al progetto Garanzia Giovani (GG). Il ministro del Lavoro però non sa –perché non ha studiato- che l’Europa ha vincolato il Progetto, trattandosi di un impegno che gli Stati membri dell’UE assumono per garantire che tutti i giovani di età inferiore ai 25 anni possano ottenere  un’offerta qualitativamente valida di occupazione, formazione permanente, apprendistato, tirocinio, entro quattro mesi dalla fine degli studi o dall’inizio del periodo di disoccupazione.

Tutti i paesi dell’UE si sono impegnati a mettere in atto la GG partita da una raccomandazione del Consiglio del 2013 e recepita dall’Italia dal 2014. L’ultimo resoconto nostrano sicuramente evidenzia tutti i problemi che abbiamo per far funzionare questo progetto. Al febbraio 2018 in Italia  sugli interventi finanziati dalla UE  attraverso il fondo sociale europeo e per l’occupazione giovanile, il progetto ha registrato oltre 1 milione e 230 mila Neet, giovani tra i 15-29 anni che non lavorano, non studiano e non si formano.

Per quanto riguarda l’attuazione delle misure, il 52,4% dei giovani presi in carico dai servizi è stato avviato a una misura di politica attiva, ma sono stati  solo 573.076 gli interventi complessivamente erogati e solo il 48,6% di coloro che hanno portato a conclusione un intervento risulta occupato; e non consola il fatto che il 68,3% ha comunque avuto un’esperienza lavorativa a conclusione dello stesso. Dal  resoconto dell’Anpal si evidenzia che il tasso d’inserimento occupazionale aumenta al crescere del titolo di studio e che il 48,2% dei giovani trova un’occupazione entro sei mesi dalla conclusione di un tirocinio extra-curriculare.

L’elaborazione e attivazione del progetto è stata complessa e ha previsto  un sistema di garanzia per i giovani  che richiede una stretta collaborazione tra tutti i principali soggetti interessati che ancora  in Italia latita pesantemente: pubbliche amministrazioni, servizi per l’impiego, centri di orientamento professionale, istituti di istruzione e formazione, servizi di sostegno ai giovani, imprese, datori di lavoro, sindacati, ecc. L’Ue monitora  a tutt’oggi tutti i progetti avviati  e la Corte dei Conti Ue ne ha dato resoconto assicurandosi che l’ intervento e l’ attivazione  fosse in tempi rapidi e in molti casi  seguendo le riforme strutturali,  per migliorare i sistemi di istruzione e formazione professionale, oppure per rafforzare la capacità dei servizi pubblici per l’impiego di attuare la GG.

La seconda fase del Progetto europeo è  ripartita e si svolge tra il 2018 e il 2020 (anno in cui è prevista la conclusione dell’attuale programmazione del Fondo Sociale Europeo), confermando i principali incentivi alle aziende:bonus occupazionale per contratti a tempo indeterminato e apprendistato, riduzione dei costi del tirocinio extracurriculari, con una previsione di rimborso di 200 euro sull’indennità corrisposta al tirocinante. Si sa che i tirocini extracurriculari hanno l’obiettivo di agevolare le scelte professionali e di aumentare le possibilità occupazionali, una volta conseguito un diploma o una laurea, rendendo più efficace il percorso di transizione tra scuola e lavoro attraverso la formazione sul campo. Tuttavia, in Italia il suo utilizzo in GG non è del tutto in linea con la raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea, che nel 2013 istituendo  il Progetto invitava gli Stati membri a garantire ai giovani con meno di 25 anni un’offerta “qualitativamente valida” di lavoro. Il tirocinio seppur presente nelle raccomandazioni comunitarie non è considerato un’offerta di lavoro, ma “correttamente” rientra nei percorsi formativi. Tale precisazione comporterebbe una drastica revisione degli esiti occupazionali descritti nei monitoraggi Anpal e del Ministero del lavoro (dall’ audit comunitario i tirocini rappresentano il 54% dell’uscite positive da Garanzia Giovani, mentre ad esempio in Irlanda il 64% delle uscite sono stati effettivamente dei contratti di lavoro).

In realtà, in Italia è abbastanza risaputo che quasi la totalità delle imprese interpretano il tirocinio extracurricolare come un rapporto di lavoro subordinato (orari, mansione ben specifiche, ecc..) ignorando completamente l’elemento formativo dello strumento. L’Audit UE della Corte sui progetti ci bacchetta pesantemente le mani per  aver completamente sbagliato bersaglio,  affermando  che almeno il 30 % della popolazione totale di NEET italiani (il nostro Paese insieme alla Bulgaria presenta la percentuale più alta di tutta Europa) è stato escluso dal programma.

Questo perché, in Italia, le autorità nazionali hanno deciso di non trasferire automaticamente al sistema Garanzia Giovani i soggetti rispondenti ai criteri NEET che erano già registrati come “disoccupati” presso i Centri per l’impiego, chiedendo invece loro di ri-registrarsi. Questa scelta demenziale  ha comportato un ulteriore onere per i NEET e un tasso di registrazione molto basso. Il programma di Garanzia Giovani in Italia ha collocato soprattutto giovani maschi neodiplomati o neolaureati in maggioranza residenti al Nord-Italia discriminando così le giovani e studentesse e studenti meridionali. Curiosi i dati sul  tirocinio  che indicano buoni tassi di integrazione dei partecipanti nel mercato del lavoro:  la ragione risiede nel fatto che tali partecipanti sono quelli meno lontani dal mercato del lavoro e vantavano i livelli di istruzione più elevati rispetto ai “veri” NEET, che in realtà dovevano essere i principali destinatari della misura se l’intento del programma era quello di aiutare i giovani inoccupati italiani.

Indipendentemente poi dal fatto che i partecipanti fossero inattivi o disoccupati le aziende selezionavano (screening) i giovani più preparati e li facevano iscrivere a Garanzia Giovani. Poi tantissimi operatori accreditati non svolgevano concretamente un’attività di politica attiva (cosa che invece avveniva con i contratti di lavoro), ma si sono trasformati esclusivamente in passa carte, dove l’attore pubblico pagava per ogni collocamento realizzato. In molti casi gli stage del programma GG hanno “spiazzato” le altre forme di lavoro:se a un’impresa si propone la possibilità di prendere le migliori risorse che il mercato offre con un tirocinio che per aggiunta è rimborsato per metà , per quale motivo dovrebbe assumere un giovane in Apprendistato o con un contratto a tutele crescenti?In generale, il programma che doveva aiutare i giovani (intesi soprattutto i giovani NEET) ad entrare nel mercato del lavoro ha invece funzionato solo per i più appetibili al mercato del lavoro, giovani che si sarebbero forse collocati ugualmente forse cono contratti di lavoro se non si fosse introdotto un rimborso al tirocinio. I prossimi interventi, come suggerisce la stessa valutazione fatta dalla Corte Europea, dovrebbero concentrarsi sui soggetti Under 30 già precedentemente registrati ai Centri per l’impiego, attraverso percorsi articolati che possano garantire una formazione mirata e attività psicologiche volte a motivare i destinatari all’inserimento sociale e occupazionale. Dunque, vero è che il progetto GG va rivisto e in fretta, sia dal punto di vista della formazione che dei percorsi; ma da qui a dirottare con parole rotolanti e ulcerose le risorse per i nostri giovani disoccupati ad un eventuale reddito di cittadinanza per renderli ancora più disoccupati e frustrati ci vuole solo la fantasia dannosa di questo governo che pur di rastrellare risorse per mantenere promesse ridicole sfila le opportunità ai giovani italiani.

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Tags: UeEuropaGovernoLavoro
Alessandra Servidori

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