Con la sentenza n. 115 del 21 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha stabilito che il congedo di paternità obbligatorio non può essere negato alla madre non biologica in una coppia di due donne regolarmente riconosciute dallo stato civile come genitori del minore. Si tratta di una pronuncia che interviene in un punto cieco dell’ordinamento e che, nel silenzio legislativo, afferma con nettezza un principio costituzionale: laddove esista una genitorialità giuridicamente riconosciuta, non possono esservi discriminazioni fondate sul sesso o sull’orientamento sessuale nella fruizione dei diritti e delle tutele, soprattutto quando in gioco c’è l’interesse del minore.
Il caso ha preso avvio da un’azione antidiscriminazione promossa da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ – contro l’INPS, che impediva l’accesso al congedo parentale alle coppie omogenitoriali, a causa di un sistema informatico che non riconosceva due genitori dello stesso sesso. Il problema, però, risiedeva a monte: nella norma che disciplina il congedo obbligatorio di paternità (art. 27-bis del d.lgs. n. 151/2001), la quale fa esclusivo riferimento al “padre lavoratore”. Da qui l’intervento della Corte, che ha dichiarato incostituzionale la norma nella parte in cui esclude dal beneficio il genitore di sesso femminile in una coppia omogenitoriale, pur riconosciuto come tale nei registri dello stato civile.
Ma che cos’è il congedo obbligatorio di paternità? È un istituto introdotto nel nostro ordinamento nel 2012 e consolidato nel 2022 con l’art. 27-bis del Testo Unico sulla maternità e paternità, in attuazione della direttiva europea 2019/1158. Esso consiste nel diritto per il padre lavoratore dipendente di astenersi dal lavoro per 10 giorni lavorativi, retribuiti al 100%, da fruire nei due mesi precedenti o nei cinque successivi alla nascita (o adozione) del figlio. Lo scopo è duplice: favorire una più equa distribuzione dei compiti di cura all’interno della coppia e rafforzare il legame affettivo precoce tra padre e neonato. Non si tratta quindi di un beneficio “facoltativo”, ma di un diritto-dovere autonomo e indisponibile, pensato anche per superare modelli familiari rigidamente tradizionali che relegavano la cura dei figli alla sola madre.
Proprio questo scopo – la condivisione della responsabilità genitoriale e il benessere del bambino – ha portato la Corte a ritenere incostituzionale una disciplina che, facendo riferimento solo al “padre”, di fatto escludeva una delle due madri legittimamente registrate all’anagrafe come genitori. La Corte ha evidenziato come, nella coppia composta da due donne, la madre non biologica rivesta lo stesso ruolo funzionale e giuridico che, nella coppia eterosessuale, è ricoperto dal padre. Negarle il congedo significa disconoscere non solo la sua posizione genitoriale, ma anche il diritto del bambino a ricevere cure e attenzioni da entrambe le figure che esercitano su di lui la responsabilità genitoriale.
La pronuncia si fonda su una visione evolutiva del diritto costituzionale, che legge l’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza) e gli artt. 30 e 31 Cost. (doveri e tutele familiari e per l’infanzia) alla luce della realtà concreta delle relazioni familiari. E non solo: si inserisce nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte EDU, secondo cui la genitorialità non si esaurisce nel dato biologico, ma trova fondamento nell’assunzione volontaria e legale di responsabilità verso il figlio.
In questo senso, la sentenza non allarga arbitrariamente un diritto, ma ristabilisce un principio di coerenza giuridica: lo Stato non può riconoscere una genitorialità nell’ambito dello stato civile e poi negarla nell’ambito lavorativo e previdenziale. La funzione del congedo di paternità è oggi quella di offrire tempo di cura, presenza, prossimità affettiva e di sostenere un equilibrio tra vita privata e lavoro. Escludere un genitore solo perché donna e partner di un’altra donna vuol dire disattendere queste finalità e sacrificare il superiore interesse del minore per una visione arretrata del diritto.
Con questa sentenza, la Corte Costituzionale afferma una verità giuridica ormai ineludibile: i diritti del figlio e le responsabilità genitoriali non cambiano in base al sesso o alla composizione della coppia. Quel che conta è il legame giuridico, la responsabilità assunta, la cura prestata. Da oggi, anche il congedo di paternità obbligatorio deve riflettere questo principio.
Biagio Cartillone