Cresce il lavoro irregolare in Italia. Secondo i dati Istat, nel 2023 sono 3 milioni e 132mila le unità di lavoro a tempo pieno (Ula) in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (circa 2 milioni e 274mila unità). Rispetto al 2022, il lavoro irregolare è aumentato del 4,9% (poco più di 145mila Ula).
Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle Ula non regolari sul totale, è risultato lievemente in aumento nell’ultimo anno, dopo 5 anni di calo consecutivo, attestandosi al 12,7% (era 12,5% nel 2022). La dinamica di crescita del tasso (+4,9%) è stata circa il doppio rispetto a quella dell’input di lavoro regolare. Quest’ultimo ha registrato nel 2023 un aumento del 2,4% (circa +503,5mila Ula), determinato prevalentemente dalla componente dei dipendenti (+3,1% Ula regolari pari a +464mila Ula).
Entrambe le componenti dipendenti e indipendenti hanno registrato una dinamica simile con un aumento, rispettivamente, del 4,9% e del 4,8%, pari a +105,8mila Ula dipendenti e +39,5mila Ula indipendenti. Il tasso di irregolarità si è confermato più elevato tra i dipendenti in confronto agli indipendenti (pari, rispettivamente, al 12,9% e al 12,2%); è proseguita, tuttavia, la tendenza all’attenuazione della differente incidenza del lavoro irregolare tra le due componenti, in atto dal 2018. Nell’ultimo anno si è riscontrato un aumento di 0,2 punti percentuali del tasso di irregolarità per le unità di lavoro dipendenti e di 0,4 punti percentuali per quelle indipendenti.
Nel 2023 il valore dell’economia non osservata cresce di 15,1 miliardi, segnando un aumento del 7,5% rispetto al 2022, a quota 217,5 miliardi di euro. L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil, cresciuto a prezzi correnti del 7,2%, è lievemente aumentata al 10,2%, dal 10,1% del 2022. L’economia sommersa, ovvero al netto delle attività illegali, si attesta a poco meno di 198 miliardi di euro, in crescita di 14,9 miliardi rispetto all’anno precedente, mentre le attività illegali sfiorano i 20 miliardi.
Nel 2023 la componente legata alla sotto-dichiarazione, nell’ambito dell’economia sommersa, si attesta a 108,2 miliardi di euro. Quella connessa all’impiego di lavoro irregolare è pari a 77,2 miliardi. Un dato in crescita visto che erano, rispettivamente, 101,5 e 69,4 miliardi nel 2022. Le componenti residuali valgono 12,2 miliardi di euro, da 11,8 miliardi del 2022). Lo ha reso noto l’Istat.
Nel complesso, i settori dove il peso del sommerso economico è maggiore sono gli Altri servizi alle persone, dove esso costituisce il 32,4% del valore aggiunto del comparto, il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (18,8%) e le Costruzioni (16,5%). Si osserva invece un’incidenza minore per gli Altri servizi alle imprese (5,5%), la Produzione di beni d’investimento (4,3%) e la Produzione di beni intermedi (1,6%).