Nel nostro paese è passata pressoché sotto silenzio – con l’eccezione di pochissimi articoli su siti di informazione online – la pubblicazione a inizio settembre di un rapporto curato da Ernst&Young dal titolo A Green Covid-19 Recovery and Resilience Plan for Europe, rapporto che EY ha autonomamente redatto e che ha identificato mille progetti green immediatamente realizzabili (shovel-ready) in tutti gli Stati membri dell’UE. Si tratta di progetti che, se realmente messi in pratica, produrrebbero l’effetto di accompagnare la transizione verso l’economia sostenibile e l’eliminazione di emissioni di gas serra e, al contempo, di produrre risultati economici importanti e creare circa 2 milioni di posti di lavoro.
Mi ha meravigliato che in Italia il rapporto non abbia ricevuto particolare attenzione soprattutto perché, per una volta, il nostro Paese esce più che bene dallo studio, risultando uno degli Stati europei in cui è più avanzata la predisposizione di progetti e piani in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. In Italia, dunque, sembrerebbe potenzialmente agevolato il contesto nel quale distribuire con efficacia le risorse di Next Generation EU.
Il rapporto di EY prende in esame i mille migliori progetti nei settori dell’energia, dei trasporti, delle costruzioni, dell’industria, dell’agricoltura e dell’uso del suolo. Nell’insieme dei settori selezionati, l’Italia conta 95 progetti collocandosi al secondo posto nella graduatoria europea, dietro la Francia (149 progetti) ma prima della Spagna (79 progetti), della Germania (73 progetti) e della Svezia (70 progetti). La difformità di questa graduatoria rispetto alle tradizionali classifiche europee è probabilmente dovuta al fatto che molti dei progetti in questione sono sviluppati da imprese di piccole e medie dimensioni e da start-up innovative, che hanno una spiccata propensione a progettare soluzioni per la decarbonizzazione, la mobilità sostenibile, le nuove tecnologie a idrogeno, gli eco-materiali per le costruzioni, il recupero e la manutenzione del territorio.
In attesa di poter visionare l’elenco completo dei mille progetti, dalla lettura della relazione di sintesi del rapporto di EY emerge che l’Italia annovera 28 migliori progetti nel settore energetico, 15 nel settore dei trasporti, 16 nelle costruzioni, 23 nell’industria, 13 nel settore dell’agricoltura e del territorio. A solo scopo esemplificativo, va citato il caso del Comune di Milano, che risulta presentatore o capofila di progetti per l’acquisizione di nuovi bus elettrici per rimpiazzare la flotta preesistente molto inquinante, per il recupero e la riqualificazione di immobili pubblici o di capannoni industriali dismessi, per il rimboschimento del contesto urbano con l’obiettivo di 3 milioni di nuovi alberi nell’area metropolitana entro il 2030. Progetti che accomunano nell’idea di trasformazione urbana il capoluogo lombardo a città come Monaco di Baviera, che ha sviluppato un progetto di estensione dei tratti a emissione zero della propria metropolitana; come Cracovia, che prevede un tram zero carbon nella zona centrale; come Hradec Kralove, che sostituisce i vecchi autobus con mezzi elettrici; come Praga, che investe 111 milioni di euro per ridurre l’intensità dei consumi energetici dei propri edifici; come Amsterdam, che finanzia i progetti di trasformazione verde dei tetti degli edifici.
Sempre a scopo esemplificativo, nel comparto industriale meritano una menzione il progetto di Enel Green Power di realizzazione della gigafactory 3Sun, per moduli sostenibili di fotovoltaico solare; o ancora il progetto di Hydro2Power, per la predisposizione di dispositivi di nuova generazione per l’immagazzinamento di idrogeno. Progetti all’insegna dell’innovazione tecnologica che competono da pari a pari con quelli presentati dalle grandi compagnie europee operanti nei settori industriali legati all’energia, al ciclo dell’acqua e dei rifiuti, all’automotive per la mobilità sostenibile.
Insomma, il rapporto conferma che l’Italia, pur in una congiuntura difficile e in un contesto generale ancora segnato dall’emergenza Covid-19, può continuare a giocare un ruolo di primo piano nella scena globale e può contribuire, con la propria peculiare intelligenza industriale e le competenze della sua forza lavoro, alla ripresa economica che tutti auspichiamo dopo la pandemia. Per questo, sarà fondamentale che, nella definizione del piano globale per l’utilizzo delle risorse europee di cui disporremo, dai fondi SURE ai prestiti e ai finanziamenti definiti nel quadro di Next Generation EU, il Governo eviti ogni tentazione di autosufficienza e sappia coinvolgere in maniera adeguata ed efficace le organizzazioni di rappresentanza del lavoro e dell’impresa, oltre alle esperienze migliori e di successo sui temi dell’industria sostenibile, dell’economia circolare, del nuovo modello di economia e di società per l’Italia di domani.
Fausto Durante