Quel che resta del ventennio berlusconiano non è certo l’uscita del paese dalla condizione di cronica stagnazione della sua economia o la liberalizzazione del mercato. Del miracolo economico con il milione di posti di lavoro branditi come baionette non se ne è fatto nulla; della seconda molto meno di quanto ha realizzato il mite Bersani con le sue lenzuolate contro gilde, ordini e corporazioni.
Il lascito del berlusconismo è invece una nuova e pervasiva concezione del partito e della sua direzione politica.
Da una parte il nuovo principe si è trasformato nel partito del presidente e dall’altro la titolarità delle risorse ( economiche e strumentali) a disposizione è passata dalla collettività degli iscritti a quella del suo leader o del suo cerchio magico. Queste due direttrici di cambiamento sono diventate oggi gli assi portanti a cui più o meno tutti i partiti si sono adeguati.
Un chiaro esempio del primo è l’attuale Partito Democratico, diventato nella acuta definizione di Ilvo diamanti, il PdR ovvero sia il partito di Renzi. Un esempio del secondo è il Movimento 5 stelle, il cui brand e l’infrastruttura di comando ( la piattaforma Rousseau) è di titolarità della Casaleggio associati.
Le organizzazioni umane tendono inesorabilmente all’isomorfismo e alla omologazione delle strategie necessarie ad ottenere legittimazioni nel contesto istituzionale. E questo movimento centrifugo verso uniformità e semplificazione della linea di comando è tanto più accentuato quanto più evanescenti sono i meccanismi di effettiva partecipazione democratica alla elaborazione della linea politica.
Il deficit di democrazia ( formale e strutturale al contempo ) è dunque uno degli elementi che discende da tale trasformazione dell’agire politico e questa effettiva riduzione degli spazi democratici caratterizza il partito del post moderno indipendentemente dal tipo organizzazione da questo adottata. A poco servono circoli e sezioni ( la versione novecentesca) se il partito è totalmente incentrato sulla persona del leader ( come contesta la minoranza Dem all’attuale segretario) e altrettanto priva di effetti è la democrazia del web ( la versione post ideologica) in mancanza di trasparenti momenti di verifica e controllo delle procedure di votazione (come viene giustamente contestato da Renzi al Movimento 5 stelle) .
Questi temi, si badi bene, non sono secondari e di minore rilievo rispetto a quelli della scelta della linea politica da adottare. Al contrario nella società della informazione la trasparenza degli atti è l’elemento senza il quale il rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti delle proprie elites, viene a cessare indipendentemente dallo specifico contesto.
Il successo del movimento 5 stelle è anche il frutto del logoramento del modello leaderistico di partito politico e la pesante battuta di arresto di Renzi con la sonora sconfitta al referendum è la riprova che quel modello simil -castrista è oramai uno yogurt scaduto.
Lo stesso rischio incombe sul movimento cinque stelle dove la democrazia del web è a corrente alterna. Si mette in streaming tutto quello che rafforza l’immagine del movimento, si tratta nelle segrete stanze e a bocche cucite quando il rischio di apparire esattamente come si è rischia di emergere nella sua nudità.
E in tale contesto la penosa vicenda di Roma con la debacle di un sindaco ( manifestamente incapace) su cui il 70% dei cittadini aveva riposto convinte aspettative di cambiamento rischia di trasformarsi in un boomerang per l’intero sistema politico di cui il movimento 5 stelle( purtroppo) ha dimostrato di essere parte integrante.
Il problema dunque rimane sempre e soltanto quello della democrazia; un problema che, si badi bene, non può essere superato con nessun mezzo tecnologico se non si rispetta quella fondamentale divisione dei ruoli tra direzione politica e controllo della trasparenza che Berlusconi (per primo) ha rubricato come delitto di lesa maestà. La tradizionale mancanza di anticorpi della nostra società fa il resto; e così le peggiori abitudini diventano prassi consolidata, anche per coloro che fanno fortuna criticando aspramente comportamenti che poi pedissequamente adottano.
Roberto Polillo