“Il lavoro nero e irregolare in Italia ha raggiunto livelli record nel 2023, con un valore stimato di 198 miliardi di euro (+8,2%, pari a +15mld rispetto al 2022) e 3mln e 132mila lavoratori coinvolti (+4,9%, pari a +145mila).
Questo fenomeno riflette un grave peggioramento dei diritti e delle tutele ed è l’effetto di politiche sbagliate e non incisive, della riduzione della capacità produttiva, del calo della qualità nella produzione di beni e servizi e della crescita della concorrenza sleale verso le tante imprese serie che rispettano leggi e contratti”. Così il segretario confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli, e il responsabile appalti e lotta al lavoro nero della confederazione, Alessandro Genovesi, commentano i dati dell’Istat.
Per Gabrielli e Genovesi “occorre un cambio di rotta radicale, con interventi volti a favorire non solo più controlli e presidio del territorio, ma modelli di impresa diversi, con vincoli e condizionalità per operare sul mercato e per aumentare il conflitto di interessi tra evasori e consumatori. Interventi ormai orientati alla compliance, i subappalti a catena o la proposta di deresponsabilizzare i committenti nella filiera della moda non risolvono il problema, ma rischiano di ampliarlo, favorendo illegalità e infiltrazioni criminali. Serve al contrario – sottolineano – la generalizzazione di meccanismi di congruità nei principali settori, dall’obbligo di rispettare specifici indici in agricoltura per poter vendere o trasformare i beni agricoli e per poter beneficiare dei contributi pubblici a quanto, per esempio, proposto unitariamente dal sindacato dei tessili con indicatori di rispetto dei costi medi per tipo di produzione e fatturato”.