Sergio Marchionne spariglia: alla vigilia dell’incontro per il rinnovo del contratto (la trattativa riprende oggi a Torino, dopo una pausa di quattro mesi) ha annunciato un nuovo sistema retributivo che cambia la struttura dei salari, legandoli ai risultati dell’azienda. Un meccanismo che – se tutto va bene- porterà nelle tasche dei dipendenti fino a diecimila euro in quattro anni. Lo stesso Marchionne ha presentato l’iniziativa come “l’inizio di una nuova stagione che abbandona definitivamente la contrapposizione capitale-lavoro”, per aprire alla partecipazione dei lavoratori, ai quali l’Ad di Fca riconosce un apporto fondamentale per il successo del gruppo. Un’ iniziativa, ha spiegato ancora Marchionne, che “costituisce un ulteriore avanzamento del processo di modernizzazione delle relazioni industriali nel nostro Paese”, iniziata nel 2011 con l’uscita della Fiat dal sistema confindustriale e la nascita del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro in sostituzione del tradizionale contratto nazionale dei metalmeccanici.
E tuttavia, a ben guardare, forse parlare di “partecipazione” è fuorviante. Il programma di retribuzioni, ancorché generoso (il budget da 600 milioni stanziato dal gruppo per questo salario “partecipato” è senza dubbio cospicuo), sembra, al momento, deciso unilateralmente dall’azienda. Inoltre, non è troppo diverso dal premio di risultato che esiste da decenni, né, tutto sommato, dal meccanismo dei bonus di cui godono gli amministratori e i manager: se l’azienda guadagna, si condivide una parte degli utili, altrimenti, come di dice a Roma, ciccia. Infatti, nel caso le cose non vadano come si spera, e gli obiettivi non siano raggiunti, il bonus scenderebbe a 330 euro annui.
Sta di fatto che oggi utili il gruppo del Lingotto ne sta facendo, e che Marchionne ritiene corretto condividerli con i dipendenti: i quali, per l’appunto, di questo successo sono artefici più o meno quanto lui stesso. I sindacati firmatari del contratto Fiat (cioè tutti tranne la Fiom), hanno accolto la notizia con gioia, sollecitando le altre parti datoriali, Federmeccanica e Confindustria in primo luogo, a seguire l’esempio nella prossima stagione contrattuale ormai alle porte. Una stagione, com’e’ noto, che presenta colossali problemi, ma nella quale si stanno aprendo spiragli imprevedibili. La firma dei rinnovi di bancari e terziario, la scorsa settimana, ne è una prova. Ma le difficoltà restano, e i motivi sono ben noti. Da un lato mancano le regole secondo le quali portare avanti le trattative, dall’altro l’inflazione zero impedisce generosità salariale. I vecchi contratti erano stati troppo ricchi, per cui adesso ci sarebbe da restituire alle aziende una cifra anche molto consistente. E tuttavia, la contrattazione resta un elemento capace di portare valore aggiunto alle imprese: dunque, nessuno ci vuole rinunciare. Per questo sarà necessario fare molta attenzione nei prossimi mesi, dialogando, cercando, se possibile, di guardare lontano senza dimenticare le esigenze delle imprese, l’ambiente nel quale operano.
Problematiche che sono del resto emerse con chiarezza nel corso del dibattito organizzato sul volume “Cambiare verso”, firmato da Massimo Mascini, edito da Edizioni Il diario del lavoro per il congresso della Uiltec dello scorso autunno: una forte volontà delle parti sociali di risolvere i problemi, di salvare la realtà del contratto nazionale, di non mettere la testa sotto la sabbia sperando in un domani migliore, come forse qualcuno sarebbe tentato di fare. Nel corso del convegno sia Federchimica che alcuni grandi gruppi come Enel ed Eni, hanno confermato l’intenzione di salvaguardare il confronto tra parti sociali. Ma per farlo realmente occorrono basi e regole nuove.
Il problema, infatti, nasce proprio dalle norme che regolano la contrattazione, che o sono scadute, come quelle del 2009, o non sono più capaci di risolvere i problemi. Lo ha spiegato con acutezza Carlo Dell’Aringa, ricorrendo a un paradosso: “Se ci fosse ancora la scala mobile – ha detto- questi problemi non ci sarebbero, dato che questa interveniva a posteriori. Le sostituzioni che sono state inventate, ricorrendo all’inflazione programmata o a quella prevista, non hanno funzionato. Abbiamo avuto in questi anni poca inflazione, è vero, quel 2 o 3% che a chi era abituato a tassi pari al 15 o al 20% non facevano certo paura. Ma questi tassi, anche se bassi, negli anni si sono sommati e in una situazione in cui non si poteva più giocare sul cambio della moneta nazionale, sono diventati un macigno”.
Proprio in questo quadro difficile e imprevedibile, però, la contrattazione deve essere esaltata, e non affossata. Paolo Pirani, segretario generale di Uiltec, è stato chiaro: “Il nodo del salario sarà risolto in qualche modo”, ma, ha ricordato, la contrattazione non è solo salario. Ci sono molti altri temi: il welfare, la sanità, la formazione, la staffetta generazionale, e ancora l’impatto dei cambiamenti tecnologici, l’organizzazione del lavoro, gli orari. Temi che devono essere affrontati con la contrattazione, nazionale o aziendale che sia. E’ questo il nodo che va affrontato e che forse un nuovo accordo interconfederale potrebbe risolvere. Alla fine, si tratterebbe di rinunciare agli automatismi. E questo è possibile solo se si mantiene vivo il dialogo tra le parti sociali, dimostrando con i fatti che la contrattazione rappresenta un valore aggiunto per l’impresa.
Intanto, come abbiamo visto, Marchionne ha risolto la faccenda a modo suo. Se farà scuola, lo scopriremo nei prossimi mesi.
Contrattazione
È stato sottoscritto l’accordo per il rinnovo del contratto nazionale delle imprese che esercitano attività di contoterzismo nel settore agricolo; è stata approvata, dall’assemblea dei delegati dei sindacati di categoria, l’ipotesi di accordo Confcommercio per il rinnovo del contratto nazionale del settore terziario, distribuzione e servizi. A seguito del primo incontro tra sindacati di categoria e Ania, è stata inoltre presentata la piattaforma per il rinnovo del contratto del settore assicurazioni. Infine è stato siglato il protocollo d’intesa, in materia di appalti pubblici, tra i sindacati di categoria e l’Università di Bologna.
L’editoriale
Il direttore del Diario del Lavoro, Massimo Mascini, riferisce della volontà delle parti sociali di risolvere i problemi della prossima, difficile, stagione contrattuale.
La nota
Fernando Liuzzi riferisce della giornata di studio promossa dalla Cgil per la costruzione di un nuovo Statuto dei lavoratori in grado di dare risposte anche al mondo del lavoro professionale autonomo, mentre Nunzia Penelope analizza le proposte presentate da Susanna Camusso come possibile alternativa al Documento di economia e finanza. Infine Fabiana Palombo indaga le ragioni alla base dello stallo, che dura ormai da 24 mesi, delle trattative sul rinnovo del contratto nazionale di lavoro del settore del turismo.
Opinioni
Maurizio Ricci firma due articoli: il primo analizza la crescita esponenziale della povertà in Italia, alla luce delle possibili destinazioni del “tesoretto” annunciato dal Governo, il secondo riporta una riflessione sui reali effetti delle riforme sulla crescita.
Documentazione
Oltre al rapporto Istat su commercio con l’estero, questa settimana sul Diario è possibile leggere il testo integrale della ricerca Cgil sui lavoratori professionisti autonomi, e le proposte della confederazione sul Def.