“Vado a votare, non ritiro la scheda. È una delle opzioni”. Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, rompe il silenzio sulla sua posizione sui referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno, scegliendo la parata per la Festa del 2 giugno per una dichiarazione (seppure a margine) tanto attesa. E se i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini si sono apertamente schierati per l’astensione, tanto quanto il presidente del Senato Ignazio La Russa che ha rincarato la dose promuovendo una personalissima campagna per il non voto, la premier sceglie la via del “garbo istituzionale”: presentarsi al seggio ma non contribuire al quorum, evitando il rischio di aggravare personalmente la piaga dell’astensionismo.
Opposizioni e promotori del referendum salgono sulla barricata. Maurizio Landini, leader della Cgil, parla di “atto un po’ irresponsabile e che nei fatti assume un significato”, perché la scelta di Meloni vuol dire “non cambiare assolutamente nulla e avere paura di andare a votare e difendere le proprie idee, perché questo è un tentativo per non rendere valido in qualche modo il referendum”.
Per dare una dimensione plastica, Landini ha sottolineato che la scelta di Meloni equivale a dire che “si va a messa poi non si va in chiesa”, o “ vado al supermercato ma non faccio la spesa” o ancora “vado al cinema ma non entro in sala”. Il che, in sintesi, “vuol dire non andare a votare: questa è la sostanza”. E non manca di rilevare che la dichiarazione della premier arriva nel giorno in cui si celebra la festa della Repubblica, che nel nostro Paese è stata sancita proprio da un referendum in cui votarono per la prima volte le donne e venne eletta l’assemblea costituente, la trovo un po’ sorprendente e sicuramente paradossale perchè è come dire”.
La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, coglie l’assist affermando che “Meloni prende in giro gli italiani. Anziché dire se è favorevole o contraria ai 5 quesiti su lavoro e cittadinanza, conferma che vuole affossare i referendum e che teme il raggiungimento del quorum perché non ritirare le schede equivale a non votare”. Un atteggiamento che rivela la “paura” di Meloni della partecipazione “e di dire la verità che è sotto gli occhi di tutti: è contraria a contrastare la precarietà e migliorare la legge sulla cittadinanza. Invece di invitare all`astensione, e di farlo nel giorno della festa della Repubblica, avesse almeno il coraggio di andare a votare no. Noi invece voteremo convintamente 5 sì, e saremo tanti!”.