“Un decennio di conflitti tra lavoratori e industria ha avuto come esito uno scontro che ha provocato la tragica morte di operai e poliziotti. Il 4 maggio 1886, nei pressi della Crane’s Alley, si teneva un raduno sindacale. Un contingente di poliziotti che si avvicinava lungo Desplaines Street è stato accolto da una bomba lanciata a sud della Crane’s Alley. Il processo che ne è seguito contro otto militanti ha attirato l’attenzione del mondo intero e ha inaugurato la tradizione delle adunate operaie del Primo Maggio in numerose città”. È quanto recita una piccola targa di bronzo incastonata nel marciapiedi di Crane’s Alley, a Chicago, alla memoria di Samuel Fielden, Albert Parsons, August Spies, Louis Lingg, Adolf Fischer, George Engel, martiri della lotta per la giornata lavorativa da otto ore, condizioni degne e un salario giusto contro i robber barons dell’età dell’oro americana che hanno costruito le proprie (ed esclusive) fortune sfruttando e annichilendo i lavoratori. La loro storia e quella di molti altri uomini e donne è raccontata in un avvincente libro di Martin Cennevitz Verrà il giorno. Le origini del Primo Maggio (Elèuthera, 200 pagine, 18 euro) insegnante francese appassionato di storia politica e sociale, che si è occupato in particolare delle lotte dei lavoratori negli Stati Uniti dedicando a questo tema molte delle sue ricerche, dalle quali è nato questo libro. Una narrazione corale condotta dal punto di vista di ognuno dei protagonisti, le cui vite e vicende sono ricostruite attraverso appunti autobiografici redatti durante il loro periodo di detenzione durato fino all’impiccagione seguita a una condanna sommaria per l’esplosione di un ordigno artigianale durante un comizio in Haymarket Square il 4 maggio, dove centinaia di operai si erano radunati per protestare contro il comportamento violento della polizia che il giorno prima aveva represso una assemblea di lavoratori alla fabbrica di mietitrici McCormick. Il vero artefice dell’esplosione non fu mai rintracciato, ma per la polizia e il procuratore non era un dato fondamentale: l’importante era reprimere il rigurgito socialista che minacciava l’ordine sociale nascente fondato sullo sfruttamento di pochi ai danni di molti.
Il fatto segue il grande sciopero del primo maggio 1886, quando Chicago venne paralizzata da una giornata di rivendicazione operaia della giornata lavorativa di otto ore che da quel momento diversi imprenditori cominciarono ad adottare. Un vero e proprio spartiacque nella Storia: la presa di coscienza che il lavoro è un diritto inalienabile ma non garantito, che la dignità di chi lavora non si calpesta, che le angherie non vanno subite ma combattute. “Siamo noi che abbiamo dissodato le praterie, costruito le città dove loro fanno commercio/ Scavato le miniere e costruito le officine, posato chilometri infiniti di rotaie/ Adesso, noi siamo reietti e affamati in mezzo alle meraviglie che abbiamo realizzato/ Ma l’unione ci rende forti/ Solidarietà per sempre/ Solidarietà per sempre/ Solidarietà per sempre/ Perché l’unione ci rende forti”. Il prezzo della conquista, però, fu alto: la violenza delle istituzioni colluse e della politica connivente con gli interessi di imprenditori senza scrupoli costò la vita a degli uomini che furono mandati a morte pretestuosamente, senza un vero capo di imputazione se non quello di far valere la propria dignità, ma che al patibolo ci arrivarono senza rimpiangere niente: perché se si ammazza la persona, almeno l’ideale sopravvive per essere raccolto.
Solidarity Forever è il titolo del canto sopraccitato ed è il meglio che possa rappresentare il senso dell’epopea di questi uomini animata dalla fratellanza e dall’unione. Uomini, è bene sottolinearlo, sostenuti da donne di grande carisma, le invisibili protagoniste di cui purtroppo ci si dimentica troppo spesso ma senza le quali sarebbe stato tutto più difficile. La ricostruzione di Cennevitz è attraversata da un’umanità scottante, in cui alla rabbia e alla lotta si affiancano anche la paura, l’amore, la nostalgia, il dubbio. Ed è maggiormente sintomatico che si tratti per lo più immigrati, la maggior parte dei quali di discendenza tedesca, eco viva che testimonia il senso di un’oppressione ancora oggi perpetuata. Non stiamo parlando del sud del mondo, ma del ricco occidente che affonda le proprie radici proprio sulla schiavitù, sullo sfruttamento e sulla negazione dei diritti.
Oggi non si spara (più così tanto) sulle folle e sebbene le condizioni siano innegabilmente migliori di quanto abbiamo subito uomini come Fielden, Parsons, Spies, Lingg, Fischer ed Engel, viviamo ancora una barbarie insopportabile in cui eserciti di uomini e donne non percepiscono salari sufficienti a garantirgli condizioni di vita dignitose, la povertà lavorativa dilaga, zone di mondo in ci i diritti minimi sono ben lontani dall’essere soddisfatti. Manca anche il nerbo di quegli uomini, che mai hanno chinato il capo e non si rintraccia la ragione nello spirito del tempo che è cambiato. I nuovi padroni hanno il volto amico e le strutture di potere sono tanto capillari quanto invisibili. Quello che si richiede oggi, quindi, è aprire gli occhi della mente, sviluppare un’intelligenze sempre più acuta e vigile a individuare l’oppressore senza farsi distrarre da ossi lanciati dall’alto per fomentare guerre tra ultimi e penultimi. Primo Maggio, poi, significa internazionalismo, in cui mio fratello è il vicino, mio fratello è quello che sta dall’altra parte del globo. E ricordarci, sempre, che la lotta non è finita finché non è finita: “Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più potente delle voci che voi soffocate!”.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Verrà il giorno. Le origini del Primo Maggio
Autore: Martin Cennevitz
Editore: Elèuthera
Anno di pubblicazione: 2025 – Prima edizione originale 2023
Pagine: 200 pp.
ISBN: 9788833022802
Prezzo: 18,00€