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Home - Approfondimenti - Interviste - Scuola, Sinopoli (Cgil): dal governo solo spot, era meglio il Conte bis

Scuola, Sinopoli (Cgil): dal governo solo spot, era meglio il Conte bis

di Emanuele Ghiani
2 Febbraio 2022
in Interviste
Flc-Cgil, Francesco Sinopoli rieletto segretario generale

Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, in merito alla situazione nella Scuola per quanto riguarda la gestione del contenimento del virus. Per Sinopoli, sono molti i nodi ancora irrisolti nella scuola, a partire dal sovraffollamento nelle classi e dalla mancanza di organico aggiuntivo. Per il segretario, la semplice infrastrutturazione non basta se non si interviene anche con un investimento strutturale.

 

Sinopoli, il governo sembra mettere in primo piano la Scuola nel suo complesso, è davvero così?

Si può anche affermare su tutti i giornali, in tutte le conferenze stampa, che la priorità del Governo è la Scuola in presenza, ma se poi non si è consequenziali, quelle affermazioni restano semplicemente uno spot. Era chiaro fin dall’inizio che quella scelta si sarebbe tradotta in un boomerang, come sta accadendo in queste ore. Per esempio, la sicurezza.

Perché, qual è la situazione sulla sicurezza scolastica?

Ci siamo incontrati il 24 gennaio con il governo per il tavolo nazionale sulla sicurezza nella scuola, tavolo previsto dal protocollo sottoscritto nell’agosto del 2021. Premetto che questo incontro è stato ottenuto non per bontà divina ma solo grazie a una nostra recente diffida legale al Ministero per convocarci e darci i dati sulla diffusione dei contagi nelle scuole. E diciamo questo solo per dare un’idea del contesto.

Erano tenuti ad ascoltarvi e darvi i dati dei contagi?

Si, è preciso obbligo contrattuale, oltre che atto di buon senso e trasparenza. I dati sui contagi vanno comunicati settimanalmente e analizzati negli incontri periodici del Tavolo sulla sicurezza.

Che cosa è previsto nel protocollo?

Che ci siano uno screening della popolazione scolastica e un monitoraggio costante, tutte cose che non sono avvenute in questi mesi perché non c’è stato un investimento reale. È questo che contestiamo al governo Draghi.

Se non è stato fatto lo screening e monitoraggio questi dati quindi sono parziali?

I dati fornitici sono poco significativi perché privi di un buon 20% delle realtà scolastiche e anche perché non si fanno carico delle difficoltà delle scuole costrette a seguire con le proprie sole forze l’andamento del contagio. Si pensi al fatto che le ASL, prive come sono di personale e pressate dall’emergenza, hanno delegato alle scuole di farsi carico dei tracciamenti. Una follia… Inoltre, sono saltati i tavoli regionali, pure previsti dal protocollo: i dati sono stati sequestrati dal Ministero con un rapporto diretto fra scuole e ministero medesimo, pertanto, gli USR non hanno potuto nemmeno procedere ad una propria raccolta, impedita nei fatti dal centro ministeriale.

Per mancanza di investimento reale intende che il governo non ha finanziato monetariamente la Scuola? Il 4 dicembre il ministero che annunciato che sono previsti da subito 5,2 miliardi dal PNNR per la scuola, cioè un terzo dei fondi complessivi per l’istruzione che ammontano, in tutto, a 17,59 miliardi.

Attenzione. Nessuno nega che si stia facendo uno sforzo di investimento infrastrutturale, sforzo peraltro necessitato, imposto, dal trasferimento dei fondi europei del PNRR. Quel che manca è l’investimento strutturale. Se all’aumento degli asili nido non si accompagna l’assunzione del personale, se all’estensione sia pur limitata, del tempo pieno non si prevedono investimenti sui servizi collaterali (mense e locali), se non si sana la ferita dei tagli gelminiani del 2008-2011 (ben 130/140 mila persone in meno), se non si ripristina il tempo scuola pre-Gelmini e non si allunga l’obbligo scolastico a 18 anni, se non si eliminano le cosiddette classi pollaio e le scuole alveari, la semplice infrastrutturazione non basta. Segnalo, anzi, una operazione surreale di questi giorni: la riduzione dei licei sperimentali a quattro anni viene estesa come possibilità da 100 a 1000 scuole. E questo passa nel silenzio generale….

Quali nodi sono emersi al tavolo nazionale sulla sicurezza del 24 gennaio?

Oltre alla scarsa trasparenza dei dati, abbiamo evidenziato la necessità di una semplificazione delle misure di prevenzione e tracciamento dei contagi. Per esempio, nella primaria abbiamo denunciato che il tracciamento con testing, volto a non interrompere l’attività in presenza delle classi nel caso in cui, dopo la segnalazione di un caso di positività, tutti gli altri bambini della classe risultano negativi, se non è fatto nell’immediatezza della segnalazione del caso, non ha più senso. Inoltre, il tracciamento testing diventa addirittura un ostacolo alla regolarità del servizio.

In che senso?

Il test iniziale, il cosiddetto T-zero, che le ASL dovrebbero garantire immediatamente, viene spesso programmato a distanza di giorni dal manifestarsi della positività. Nel frattempo, i bambini continuano a svolgere le loro attività extrascolastiche. Quindi le eventuali successive situazioni di positività, che determineranno la sospensione dell’attività per 10 giorni per tutti, non è detto che siano la conseguenza di un secondo contagio avvenuto in ambiente scolastico ma potrebbero essere avvenute in altri contesti.

Per quanto riguarda la gestione della sicurezza per la didattica mista nella secondaria, qual è la situazione?

Molto complicata, dato che in questo contesto esistono due procedure diverse, per chi è vaccinato e chi non lo è, nel caso di due contagi nella classe. Se la didattica a distanza ha evidenziato i suoi notevoli limiti, ormai universalmente riconosciuti, la formula mista, che costringe una parte della classe ad assistere a distanza alle lezioni che un’altra parte svolge in presenza, risulta ancora più problematica. Infatti, questa formula pretende di tenere insieme due modi diversi di interagire con gli studenti, di organizzare tempi e metodologie di insegnamento, per non parlare dei tempi di attenzione degli studenti, costretti a stare 5 ore al giorno davanti al computer. Quindi riteniamo che sia necessario mettere mano a queste procedure. Le scuole sono al collasso e la gestione della pandemia sta stressando l’organizzazione scolastica in maniera non più sopportabile.

Cosa avete chiesto al ministero per aumentare la sicurezza nella scuola?

A luglio dell’anno scorso ponemmo un problema: estendere al massimo la copertura vaccinale nella scuola. Ricordiamo che il sindacato aveva già chiesto l’anno prima che ci fosse una corsia preferenziale di vaccinazione per il personale. Inoltre, per come è composta la scuola e considerate le eventuali varianti del virus, volevamo che fossero mantenuti i presìdi di sicurezza, introdotti l’anno scorso, e lo sdoppiamento delle classi. Sdoppiare le classi permette di avere non solo più sicurezza, per ovvie ragioni numeriche visto che si passa da 28-30 alunni alla metà, ma anche una migliore didattica. Non aver stanziato le risorse necessarie ha prodotto le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti. In realtà questo lavoro era stato già stato fatto l’anno scorso con Lucia Azzolina, all’epoca ministro dell’istruzione nel governo Conte II, gli spazi c’erano e si erano trovati; non ovunque, è vero, ma è stato già portato avanti questo lavoro in moltissimi contesti. Ed è stato assunto dell’organico aggiuntivo finanziato per quasi due miliardi di euro.

E con questo governo non è più così?

No, l’organico aggiuntivo è stato tagliato quest’anno, dato che sono state tagliate le risorse per la riapertura dell’anno scolastico. Si è data l’indicazione che non sarebbe servito ma in realtà non è stato prorogato per ragioni di contenimento della spesa, non per l’assenza delle conseguenze del virus. In pratica il ministero, ma solo dopo che le nostre rivendicazioni, ha stanziato solo 600 milioni di euro per la copertura dei contratti covid fino al 30 dicembre 2021, impedendo però l’utilizzo dei docenti per lo sdoppiamento delle classi. Abbiamo dovuto fare uno sciopero per chiedere la proroga di questi contratti fino al termine delle lezioni e l’inclusione degli Ata che dapprima erano rimasti tagliati fuori, ma lo stanziamento degli ulteriori 400 milioni non è ancora sufficiente a coprirli integralmente. Possono raccontarla come vogliono ma questo è il punto.

Perché hanno deciso di tagliare l’organico?

Probabilmente hanno calcolato che la dinamica della pandemia sarebbe stata diversa. Questo nonostante il protocollo prevedesse chiaramente che comunque serviva individuare delle risorse aggiuntive per intervenire sulle classi sovraffollate. Addirittura, avevano trasformato la finalizzazione delle risorse.

In che senso?

Invece che per esigenze di prevenzione del virus, lo sdoppiamento delle classi è diventato “supporto alla didattica”, peraltro indicando che si dovevano assumere più collaboratori scolastici che docenti, posto che i collaboratori sono fondamentali per la sanificazione, quindi, servivano comunque in più.

E questo cambio a “supporto alla didattica” cosa comporta?
Ha comportato che le classi non si sono potute riarticolare e tutto si è rivelato un generico limitato potenziamento che ha supportato di poco le assenze provocate dal virus.

Quali altre criticità avete riscontrato nella sicurezza scolastica?

Sul protocollo c’era un problema a monte: il governo voleva eliminare il distanziamento interpersonale di un metro. Volevamo conoscere dal comitato tecnico scientifico le ragioni scientifiche di tale scelta. Questa evidenza scientifica non fu mai supportata, non ci fu mai nessuna disponibilità del Cts a confrontarsi con il sindacato, a differenza del precedente Cts sotto il governo Conte, che aveva incontrato il sindacato in molte occasioni. Quindi la trattativa per il protocollo sulla sicurezza partì con questo vulnus.

Emanuele Ghiani

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Redattore de Il diario del lavoro.

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