Ruolo del contratto nazionale e di quello territoriale, inflazione programmata di riferimento, competenze degli enti bilaterali, e soprattutto l’accorpamento dei 17 contratti dell’artigianato. Riprende mercoledì la trattativa per la riforma contrattuale del settore e sono questi i principali nodi da sciogliere. Il primo incontro di giovedì scorso è servito per fissare i punti sul tavolo e le parti hanno preso un impegno: negoziato serrato, un incontro a settimana, obiettivo chiudere entro il 30 settembre. Mercoledì, invece, sarà l’occasione per riflettere sull’attuale modello contrattuale dell’artigianato e capire perché non ha funzionato. Sindacati e imprese concordano: gli assetti sperimentali, stabiliti dagli accordi del 2004 e 2006, sono rimasti inapplicati. “Ci impegnavamo a chiudere tutti i rinnovi proprio entro il 2006 – racconta Susanna Camusso, segretario confederale della Cgil – invece gli ultimi li abbiamo firmati appena un mese fa”. Il responsabile delle relazioni industriali di Confartigianato, Riccardo Giovani, parla di contratti numerosi, negoziati troppo lunghi e difficoltà ricorrenti su temi specifici, come l’apprendistato professionalizzante.
Il metodo condiviso è solo il primo passo, ora bisogna entrare nel merito. E qui le posizioni sono molto diverse: le imprese vogliono il contratto unico di settore, i sindacati frenano e ricordano che i comparti artigiani non sono omogenei. Confartigianato accetterà un contratto nazionale con garanzie normative e salariali, ma chiederà un forte decentramento sul territorio. Spostare il baricentro sul secondo livello, spiega Giovani, può portare un doppio risultato: il rilancio della produttività e il recupero salariale per i lavoratori. “Su questa visione – ammette – i sindacati non sono esattamente d’accordo”. L’intesa sulla semplificazione può diventare un problema, lo fa capire anche la Cgil. Per Camusso eliminare 16 contratti artigiani, passare da 17 a 1, è “un’idea un po’ troppo estremistica”, bisogna iniziare a pensare un sistema più razionale, ma avverte chiaramente: “Il contratto unico non è un obiettivo all’orizzonte”. Oggi le parti sono lontane, ma hanno molti incontri a disposizione per ridurre le distanze.
7 luglio 2008
Emanuele Di Nicola