Riconoscere un nuovo umanesimo. Non è una considerazione che scaturisce dalla elaborazione della sinistra come si potrebbe immaginare. In realtà è uno dei punti fermi del magistero sociale di Papa Francesco che non a caso si rifà a Paolo VI indicando una continuità di pensiero che a sinistra, dopo la caduta del muro di Berlino, pare essersi eclissata e che invece dovrebbe essere recuperata.
Il pensiero laico e socialista trovò nel passato il modo di uscire da un antico anticlericalismo per approdare ad un dialogo che fu fecondo sia sul piano sociale, il sogno dell’unità sindacale, sia su quello politico, il primo centrosinistra riformatore.
Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione per molti versi inedita, un Governo di destra al potere, ma che è il frutto anche di un progressivo logoramento ideale e culturale della sinistra italiana ed europea.
Ma nel frattempo tutto attorno a noi continua a cambiare, incurante di ritardi e posizioni di potere che non hanno il passo né della cronaca, né della storia.
E’ stata rimessa in discussione la globalizzazione, con la guerra in Ucraina abbiamo riscoperto i pericoli esiziali per la sopravvivenza del mondo, le tecnologie sono sempre di più determinanti in ogni fase della vita umana, i modelli sociali sono insidiati dalla formazione di oligarchie e poteri sovranazionali.
Pensare di poter rispolverare un nazionalismo provinciale come pare voglia fare la destra italiana approfittando del vuoto di disegni di società sul quale pesa la responsabilità anche del riformismo e dei tentativi di creare movimenti antisistema, è però una aspirazione che può creare più danni che benefici.
Eppure le scorciatoie non servono: dilaniarsi sui temi che portano a divisioni o ad alleanze proiettate a riconquistare il potere perduto, senza ragionare sugli assetti reali della nostra società e sui progetti che occorrono per evitare un declino inesorabile, potrebbe voler dire per la sinistra italiana cullare una illusione che può finire con una nuova subalternità.
Ed allora probabilmente, con pazienza, realismo e concretezza occorre sperimentare nuove strade.
Partendo da un assunto che attualmente non è ancora compreso nella sua complessità, ma anche nella sua verità.
L’esempio lo si può trovare nel mondo sindacale, là dove, con il concetto del sindacato delle persone che caratterizza la proposta della Uil, si afferma la centralità della persona. Perché è attorno ad essa che si può costruire un nuovo umanesimo riformatore che ha una sua identità precisa ma è anche aperto al confronto ed alle sfide che vanno affrontate. Umanesimo e persona sono due concetti strettamente collegati fra di loro.
Molte tracce nella storia conducono a questa riflessione. L’umanesimo di Leonardo da Vinci con l’uomo vitruviano pone al centro della esperienza terrena la intelligenza umana, il vero motore della persona. L’illuminismo proietta nel suo mondo l’ineluttabilità dei diritti della persona come inviolabili. Il riformismo del socialismo delle origini con Turati arriva a ipotizzare uno statuto dei diritti dei lavoratori e con Buozzi la partecipazione dei lavoratori alla attività economica. In entrambi i casi emerge l’esigenza di ricomporre la dignità della persona per renderla protagonista. Le stesse lotte della fine degli anni ’60 vedono come protagonisti i giovani operai meridionali che non cercano solo salari adeguati al loro impegno ma più considerazione come persone e cittadini.
Oggi l’asticella della civiltà si è alzata con l’intelligenza artificiale, le dipendenze nascoste di chi in tal modo manovra gli equilibri mondiali, i nuovi metodi di sfruttamento, il fenomeno della immigrazione che non riesce ad oltrepassare la soglia della combattuta accoglienza per divenire reale integrazione. E’ fondamentale insomma riscoprire un umanesimo che ricollochi al centro della cultura e dell’iniziativa riformista il valore della persona che trascina con sé quella di molte libertà, o liberazioni.
Un umanesimo che, come ad esempio la tradizione socialista del passato ci insegna, vede nella centralità del lavoro e nella tutela concreta delle fasce sociali più indietro, due terreni prioritari dell’impegno politico e sociale.
Non solo ma è necessario un umanesimo che si fondi sulla partecipazione, non solo come strumento di rivendicazione, ma anche come elemento fondante per ridare qualità alla vita democratica e sociale.
Far ruotare attorno al valore della persona progetti, proposte, politiche sociali e del lavoro, vuol dire non smarrire la consapevolezza che se la persona è un valore, la lavoratrice ed il lavoratore, i giovani, le persone anziane, tornano ad esserlo a pieno titolo nella società.
E’ indubbio che vanno riscoperti sentieri di ricerca che una lunga occupazione dei poteri ha dimenticato. Sul piano generale non è possibile che le voci più autentiche e credibili in difesa delle ragioni del mondo del lavoro e della importanza del sapere per ridurre le diseguaglianze sia quella di Papa Francesco e di alcune rappresentanze sindacali che si battono su questioni cruciali, dalla lotta per la sicurezza sul lavoro alla partecipazione ed alla affermazione di politiche attive del lavoro che non possono essere isolate dalla formazione e dalla inclusione.
Su questo versante la sinistra italiana ha ritardi giganteschi. È competitiva invece la presenza sindacale se non si farà ancora una volta suggestionare dai riti di opposizioni senza progetti ma solo contestatrici. Quel massimalismo dei “no” che ha spesso ostacolato il cammino verso un movimento sindacale più in sintonia con i cambiamenti. Un tassello nella ricostituzione di un umanesimo riformatore che può funzionare da stimolo essenziale per aprire spazi ad una nuova cultura ed ad una migliore politica che sappia superare il discredito di una sinistra di potere, ma anche risvegliare in Europa la necessità di tornare a discutere di una Unione europea “politica” e “sociale” , di un vecchio Continente che ritrovi una identità autonoma e la ricchezza di una tradizione che è stata offuscata da egoismi e da condizionamenti della finanza e dei poteri sovranazionali.
Non si costruisce una Italia migliore e competitiva se non ci si impegna a fondo per evitare che l’Europa sia marginale nella competizione mondiale. Ma anche in questo caso non si può non ripartire dal concetto di umanesimo riformatore. Diciamolo con franchezza: l’Italia va ricostruita, forse va ‘unita’ di nuovo. Lo possono fare le forze della conservazione, ma lo si può invece fare molto meglio in uno scenario di confronto democratico a più voci che abbandoni il retaggio di un passato litigioso e dominato da clan verticistici. Ma proprio per questo umanesimo e persona sono le parole che servono per aprire una stagione diversa di ricerca e di azione.
Paolo Pirani
Consigliere CNEL