Pesante eredità quella della crisi economica del 2008 che sta consegnando l`Italia ad un futuro di paura e rancore, impoverita di quelle fughe in avanti servite nei decenni passati a dare corpo al miracolo economico e ad una potenza economica a livello mondiale. Aspettative decrescenti, diseguaglianze sociali, paura di scendere nella scala sociale hanno generato la società del rancore, una società frammentata, debole, chiusa, regressiva. Che ha rinunciato a consumi e investimenti, motori insostituibili dello sviluppo.
È a partire da questo scenario che Censis e Conad uniscono competenze e forze per dare vita ad un progetto di ricerca, comunicazione e confronto aperto a tutti gli attori del vivere sociale – cittadini, politica, istituzioni e imprese – per favorire l`avvio di una riflessione comune che si trasformi in una nuova spinta propulsiva per costruire il futuro di ciascuno e del Paese.
Il progetto è stato presentato stamattina a Palazzo Giustiniani dal responsabile Area Politiche sociali del Censis Francesco Maietta. Alla presentazione è seguita la tavola rotonda “Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo”.
La crisi che blocca l`Italia è economica, ma anche sociale, e il progetto Censis-Conad si pone l`obiettivo di stimolare l`avvio di una riflessione comune, portando in evidenza i costi che il Paese pagherà nel caso la società restasse intrappolata nella propria paura, nella nostalgia del passato, nel rancore. Una riflessione che dovrà dare visibilità e forza a idee ed esperienze concrete.
Le attività prevedono la valorizzazione delle conoscenze attuali, continuando al contempo a individuare ulteriori fonti specifiche per il progetto; la loro divulgazione, portando la riflessione sui contenuti nei luoghi più significativi del Paese; una intensa campagna di comunicazione dando visibilità a tre roadshow territoriali (uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud) con il coinvolgimento di stakeholder, testimonial, esperti, referenti istituzionali, politici.
L`analisi Censis sull`Italia restituisce l`immagine di un Paese che nutre un forte disagio per il presente, ha una grande nostalgia del passato (7 italiani su 10 sostengono che «si stava meglio prima») ed è incapace di investire nel proprio futuro. Le ragioni sono tante: dalla bassa natalità (dal 1951 a oggi si sono persi 5,7 milioni di giovani) alla progressiva scarsità di reddito (rispetto alla media della popolazione, le famiglie giovani, con meno di 35 anni di età, hanno un reddito più basso del 15% e una ricchezza inferiore del 41%), dalla crisi sociale allo smarrimento della cultura del rischio personale, indispensabile per rimettere in moto la crescita e i meccanismi di ascesa della scala sociale.
Crescono, alimentati dal rancore, i pregiudizi verso ciò che è “diverso”: 7 italiani su 10 sono contrari al matrimonio con una persona più vecchia di almeno vent`anni o dello stesso sesso, oltre che a quello con persone di differente religione, in particolare islamica. 4 su 10, poi, non vedono di buon occhio l`unione con immigrati, asiatici o africani.
Il 95% degli italiani è convinto che per fare strada nella vita occorra conoscere le persone giuste, oppure provenire da una famiglia agiata (l`88% rispetto al 61% dei tedeschi, il 54% degli inglesi, il 44% dei francesi, il 38% degli svedesi) o avere fortuna (il 93% rispetto all`89% dei tedeschi, il 77% dei francesi, il 69% degli svedesi e il 62% degli inglesi).
Eppure, nell`ultima fase della recessione e nella timida ripresa congiunturale gli italiani dispongono di una liquidità totale di 911 miliardi di euro (cresciuta di 110 miliardi tra il 2015 e il 2017), pari al valore di un`economia che, nella graduatoria del Pil dei Paesi europei post-Brexit, si collocherebbe dopo Germania, Francia e Spagna. Insomma, l`Italia ha smarrito la capacità di guardare avanti e si limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza tuttavia seguire un preciso programma. Lo dimostra anche l`incidenza degli investimenti sul Pil, scesa al 17,2%, che colloca l`Italia a distanza dalla media europea (21,1%), da Francia (23,5%), Germania (20,1%) e Spagna (21,1%).
Questi sono i principali risultati della ricerca «Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo», che è stato presentata oggi a Roma da Francesco Maietta, Responsabile Area Politiche sociali del Censis, e discussa da Luca De Biase, giornalista, Maurizio Ferraris, filosofo, Francesco Pugliese, Amministratore delegato di Conad, Massimiliano Valerii, Direttore generale del Censis.

























