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Home - In evidenza - Auto, cinque ministri al tavolo ma pochi fatti

Auto, cinque ministri al tavolo ma pochi fatti

23 Giugno 2022
in In evidenza, Notizie del giorno
Emergenza automotive, imprese e sindacati chiamano Draghi

Si è svolto oggi presso il Mise il tavolo sull’automotive con la presenza dei ministri Cingolani, Giorgetti, Giovannini, Franco e Orlando e il viceministro allo Sviluppo economico Pichetto Fratin.

“Un incontro che non ha portato nessuna novità al settore, un’occasione persa vista la presenza di tutti i ministri competenti e coinvolti nella transizione tecnologica e ambientale”. Lo dichiara in una nota Simone Marinelli, coordinatore nazionale Automotive per la Fiom-Cgil

“Il dibattito e il confronto non può e non deve concentrarsi sulla possibilità di modificare la Direttiva europea ma piuttosto di come la Ue supporta le lavoratrici e i lavoratori e le imprese in un percorso di grande trasformazione. La complessità della transizione – ha proseguito – necessita di concentrare tutte le forze su come affrontiamo il cambiamento con l’obiettivo di salvaguardare l’industria e l’occupazione. Le risorse apportate nel fondo non bastano, soprattutto se vengono drenate dagli incentivi all’acquisto”.

“È necessario quindi individuare ulteriori fondi per sostenere la transizione, avere strumenti straordinari, ammortizzatori sociali e fondi per la formazione con un confronto costante con le organizzazioni sindacali, utilizzare le risorse del Pnrr per avviare nuove produzioni (batterie, software, semiconduttori, centraline) e per attrarre nuovi costruttori di auto nel nostro Paese, come è stato per il ritorno della produzione di autobus da parte di Iveco e come chiediamo avvenga per sostenere Industria italiana autobus, partecipata dal MiSe tramite Invitalia, al fine di favorire il ricambio delle flotte pubbliche. È necessario sfruttare le nuove opportunità che si stanno aprendo, abbiamo bisogno di produrre le infrastrutture di ricarica e avviare un confronto anche sul riciclo a partire dalle batterie ma che si estenda all’intero veicolo. Per fare tutto questo è necessario un tavolo specifico, serve avviare un confronto continuo tra Governo, sistema di rappresentanza delle imprese e organizzazioni sindacali, come chiesto e ribadito più volte dalla Fiom insieme a Fim, Uilm e Federmeccanica. Non si perda altro tempo – ha concluso – perché siamo già in ritardo e rischiamo di perdere l’opportunità di rilancio di un settore fondamentale per l’economia e l’occupazione nel nostro Paese”.

“Per noi – dichiarano i segretari nazionali di Fim e Cisl Ferdinando Uliano e Giorgio Graziani – “la sostenibilità ambientale deve camminare di pari passo con quella sociale e industriale. Bene la volontà illustrata dal governo di dotarsi di uno strumento legislativo per semplificare le procedure e consentire una facilità nell’utilizzo dei fondi stanziati, ma come Fim e Cisl riteniamo che i 7 mld di risorse non possono essere disponibili dal 2025. È necessario partire da subito, i grandi gruppi stanno determinando già da oggi le scelte per il futuro. Del resto lo stop ai motori endotermici al 2035, l’orientamento di molte case automobilistiche allo stop nel 2030 e alcune tendenze rispetto al 2027 legate al motore euro 7, evidenziano l’urgenza della tempistica. Per noi è indispensabile definire una cabina di regia tecnica, per orientare le linee indirizzo dei fondi stanziati sullo sviluppo della componentistica del futuro sia sul versante green, che per la digitalizzazione e la connettività. Servono politiche industriali sui semiconduttori, sull’ elettronica e su tutto il fronte della componentistica. Deve cambiare la strategia del Paese sulle catene del lavoro, anche per gli impatti che si stanno generando sul fronte internazionale. È necessario poi intervenire su grandi produttori a partire da Stellantis per avere la garanzie che le produzioni della componentistica delle auto del futuro salvaguardino le realtà italiane. È necessario poi definire strumenti adeguati di governo della transizione di tutela per i lavoratori coinvolti, sia sul fronte degli ammortizzatori, che quello della formazione professionale. Alcuni primi interventi sono stati fatti ma devono essere rafforzati ulteriormente per evitare licenziamenti. Condividiamo la proposta di avere a disposizione il Fondo Sure per finanziare gli ammortizzatori sociali per la transizione.

Le definizioni temporali definite a livello europeo sono certamente strette e i vincoli esclusivi su

una sola tecnologia sono certamente scelte che mettono a dura prova la compatibilità industriale e sociale per il raggiungimento dei risultati di riduzione Co2, ma questa discussione che sarà al centro del dibattito europeo, non deve essere motivo di ulteriori ritardi sul piano industriale e sulla destinazione delle risorse, anche perché la tendenza è verso le motorizzazioni elettriche e dobbiamo evitare che i ritardi sui fondi per la reindustrializzazione determinino solo saldi negativi sull’occupazione.”

“Abbiamo apprezzato la posizione di principio espressa oggi dal Ministro Giorgetti, secondo cui bisogna proseguire con le azioni di supporto alla transizione energetica senza attendere gli esiti della discussione europea. A ben vedere difatti la transizione energetica è già iniziata e l’Italia ha già accumulato troppo ritardo. Qualsiasi ulteriore rinvio sarebbe fatale per l’industria e l’occupazione”. Lo ha dichiarato Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto.

“Come Uilm – spiega Ficco – abbiamo denunciato più volte in passato le criticità del percorso scelto dalla Unione Europea per il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico: innanzitutto la produzione e lo smaltimento delle batterie presentano rilevanti problemi ambientali che non ci pare siano stati adeguatamente analizzati e risolti; inoltre il maggior costo delle vetture elettriche rappresenta un grave ostacolo per le fasce meno abbienti di consumatori; infine dal punto di vista industriale il passaggio all’elettrico si stima che produrrà la perdita di circa il 30% dei posti di lavoro e porrà delicati problemi di dipendenza dall’Asia. Per questi motivi, per anni abbiamo ripetutamente chiesto alle Istituzioni italiane di provare a modificare alcune decisioni europee, ma siamo rimasti completamente inascoltati. Preso atto di ciò, abbiamo iniziato una azione di pressione sul Governo affinché adottasse provvedimenti che aiutassero il mondo produttivo ad affrontare la transizione energetica su un piano di parità con la concorrenza straniera e finalmente abbiamo raggiunto alcuni risultati, con la approvazione della fabbrica di batterie a Termoli e con il varo di incentivi all’acquisto di auto elettriche. Ora sarebbe imperdonabile fermarsi in attesa di ipotetiche modifiche alle politiche europee, che, se ci saranno, difficilmente cambieranno la sostanza del problema: la transizione energetica è già iniziata, il diesel è da tempo in crisi e la fine del motore endotermico inizierà nel 2027 con l’introduzione dello standard euro 7”.

“Al Governo – conclude Ficco – abbiamo chiesto azioni concrete: gli incentivi all’acquisto di auto elettriche dovrebbero essere pluriennali, paralleli ai limiti di emissioni stabiliti dalla UE e magari commisurati al costo delle vetture; occorrerebbe inoltre finanziare in modo crescente con il PNRR gli investimenti industriali rivolti alla transizione energetica, come speriamo possa avvenire preso con Iveco relativamente alla produzione di autobus a basse emissioni; indispensabile è poi il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, per accompagnare quelle riconversioni che per loro natura durano alcuni anni. Infine chiediamo la creazione di una Agenzia degli approvvigionamenti, poiché attualmente la produzione di auto è spesso ferma a causa della carenza di microchip e prevedibilmente nel mondo che sta avanzando garantire la continuità delle filiere produttive sarà una questione di sicurezza nazionale”.

“Serve una politica industriale che abbia neutralità tecnologica e sostenibilità ambientale”, è la convinzione del Viceministro Mise Pichetto, che, insieme alle Parti, concorda nella necessità di attuare una transizione più consapevole e responsabile rispetto alla situazione generale odierna che è costantemente in evoluzione.” Lo ha detto il vicesegretario generale Confsal e segretario generale Fismic Confsal, Roberto Di Maulo.

“Dalla presentazione del piano UE “Fit for 55”, le grandi case stanno facendo a gara a chi produce più veicoli elettrici. Da questo ambizioso progetto, vi è un grande mondo che rischia di rimanere fuori e rischiano di rimanere fuori anche i consumatori. Occorrono non politiche allarmistiche, ma politiche industriali. Crediamo che occorra una mappatura realistica degli impatti su tutto il settore automotive, compresi meccanici e distributori, e che vi sia l’esigenza di creare iniziative di riconversione industriale, anche gestendo le risorse provenienti dal Pnrr e dai fondi europei, superando la rigidità del divieto agli aiuti di stato imposto dall’Europa. Serve necessariamente attivare subito subito il programma GOL e le politiche attive sul lavoro, partendo dall’indotto automobilistico e da quegli stabilimenti caratterizzati da chiara obsolescenza.”

“Non possiamo attendere oltre, devono nascere incentivi strutturali inversamente proporzionali al reddito e collegati direttamente alla rottamazione, altrimenti il rischio è che i consumatori tengano il vecchio veicolo e continuino a circolare emettendo di conseguenza, passando gli anni, maggiori emissioni. Il reale rischio è che invece di fare qualcosa che aiuti l’ambiente, si faccia qualcosa che peggiori la situazione, salvo che non si arrivi al divieto di circolazione. Tutto quello di cui si sta discutendo fino ad ora in termini di emendamento è pura demagogia e un semplice palliativo, non realmente efficace senza credere nelle proposte fornite e senza affidarsi realmente ai mezzi di cui si dispone.”, conclude Di Maulo.

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