Alla data del 10 maggio 2022 sono depositati e classificati nell`archivio nazionale dei contratti collettivi del Cnel, con specifico codice unico alfanumerico, 70 contratti collettivi nazionali di lavoro applicati al settore contact center, dei quali 26 permettono l`estrazione di informazioni sul numero delle imprese e sulla platea dei lavoratori interessati attraverso il flusso informativo Uniemens.
Se si considera il dato quantitativo aggiornato al 2021 concernente il numero di imprese e di lavoratori di riferimento, risulta che i contratti collettivi nazionali vigenti più applicati nei settori di attività contrassegnati dai codici AtEco 82.20.00 e 73.20.00 indicati da Consip sono 4 e sono anche i soli ad essere sottoscritti da almeno un`organizzazione datoriale e da almeno una organizzazione sindacale rappresentate al Cnel.
E` quanto emerge da un parere, redatto in seguito a un`approfondita istruttoria, della Commissione Informazione e Lavoro del Cnel, richiesto da Consip sui Ccnl del settore sottoscritti dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, tra gli accordi depositati nella banca dati del Cnel.
La richiesta era finalizzata alla predisposizione di linee guida propedeutiche alla pubblicazione del bando istitutivo di un Sistema Dinamico di Acquisizione della Pubblica Amministrazione riguardante i servizi di contact center in modalità inbound e outbound di durata pari a 36 mesi, ai sensi dell`art. 55 del Codice degli Appalti.
“Va sottolineato che l`archivio CNEL dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro ha, per espressa indicazione normativa, la funzione di consentire la conservazione nel tempo e la pubblica consultazione degli accordi di contrattazione collettiva depositati a cura delle parti stipulanti – si legge nel testo del parere elaborato dalla Commissione Informazione e Lavoro – Non essendo rinvenibili presupposti legislativi sulla base dei quali il CNEL sia abilitato a definire criteri idonei a valutare il grado di rappresentatività delle organizzazioni firmatarie degli accordi di contrattazione collettiva nazionale nel settore privato, la materia è demandata all`iniziativa delle parti sociali. Peraltro, il CNEL, su indicazione delle stesse parti sociali, ha da tempo avviato un`interlocuzione permanente con i soggetti istituzionali pubblici che, a vario titolo e in vario grado, sono interessati al monitoraggio delle dinamiche in atto nel sistema delle relazioni industriali, nonché alla ridefinizione dei parametri di classificazione degli accordi nazionali di contrattazione collettiva, nell`ottica di un miglioramento della funzione di servizio pubblico esplicitata dall`articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936”.
Al primo gennaio 2022, sono 3.082.954 le pensioni da lavoro pubblico, in aumento dell`1,8% rispetto all`anno precedente, con una spesa da 79.203 milioni di euro.
Secondo i dati Inps i dipendenti pubblici andati in pensione nel 2021 sono 146.110, con un`età media di 65,6 anni. Per effetto del mancato turnover, a fine 2022 avremo circa 94,4 pensioni erogate ogni 100 contribuenti attivi (erano 73 nel 2002). Nell`ultimo anno si è assistito ad una crescita percentuale dei pensionamenti per anzianità (il 59% del totale) rispetto a quelli per vecchiaia (il 17,8%), effetto anche di “Quota 100” (entrato in vigore nel 2019 e concluso a dicembre 2021), di cui hanno beneficato nel triennio 166 mila impiegati pubblici. A partire dal primo gennaio 2022, per 12 mesi è attiva la cosiddetta “Quota 102” e 169 mila lavoratori pubblici che nel 2022 avranno maturato 38 anni di anzianità, 430 mila avranno età compresa tra i 62 e i 66 anni, per cui è presumibile un`ulteriore accelerazione di uscite.
Con lo sblocco del turnover e la spinta al pensionamento anticipato di Quota 100, è scesa l`età media della P.A. Nel 2020 gli impiegati pubblici hanno in media 49,9 anni, con ampie differenze tra i comparti, dai 55 anni di media al Cnel, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, all`Unioncamere e nella Carriera penitenziaria, ai quasi 40 anni delle Forze armate. Gli over 60 rappresentano il 16,2%, mentre gli under 30 appena il 4,7%. Per portare l`età media a 43,9 anni nel 2028, e raggiungere 4 milioni di dipendenti, servirebbe assumere 1,3 milioni di persone con età media 28 anni, molto bassa considerando che oggi l`età media di ingresso è intorno ai 32 anni.
Negli ultimi 10 anni il numero di laureati nella P.A. è cresciuto del +23,1%. Nel 2020 sono quasi 1,4 milioni, il 42,6% del totale dei dipendenti pubblici. Ma le lauree sono principalmente di tipo economico-giudiziario: il 13% degli occupati P.A. ha una laurea in giurisprudenza/scienze giuridiche/diritto/consulenza del lavoro o economia, solo il 5,6% in materie Stem. Inoltre, emerge una forte esigenza di formazione continua: nel 2020 per formare ed aggiornare la P.A. abbiamo speso appena 40,3 euro per dipendente pubblico, un totale di 130,7 milioni di euro. Si attende un importante cambio di marcia con gli investimenti nella formazione grazie alle risorse Pnrr, del nuovo Pon Capacità per la Coesione 2021-2027 e del fondo per la formazione previsto nella Legge di Bilancio.
“La domanda di lavoro sta rapidamente cambiando – ha spiegato il presidente di Fpa, Carlo Mochi Sismondi, – si appanna l`attrattività del posto fisso e cresce il bisogno di un lavoro motivante, in cui si possa continuamente crescere. La P.A., per essere all`altezza dei compiti che ha davanti, deve velocemente cambiare il suo modo di essere datore di lavoro: vanno migliorate le procedure di selezione, spesso ancora nozionistiche; va potenziata l`accoglienza dei neoassunti, anche utilizzando l`esperienza presente nelle organizzazioni; va previsto un percorso di carriera basto sul merito e una formazione continua.
Le persone sono il principale asset delle amministrazioni, è ora che agiscano in conseguenza e mettano in evidenza il grande valore del lavorare per il bene comune”.
tn