Le piccole imprese sono il motore del made in Italy. Ma troppi freni ne bloccano la corsa. Gli artigiani e le piccole imprese, 4,4 milioni di aziende con 10,8 milioni di addetti, pari al 65% degli occupati delle imprese italiane, si sforzano di agganciare la ripresa con numeri di tutto rispetto. Ma gli sforzi dei piccoli imprenditori sono ostacolati da vincoli e zavorre messi e la pressione fiscale è sempre il nemico numero uno: nel 2019 il carico fiscale in Italia arriva al 42,4% del Pil, rispetto al 41,3% della media dell`Eurozona.
E’ la fotografia scattata dal rapporto che Confartigianato ha presentato oggi, in occasione dell’assemblea annuale. Nel 2018 sono nate 308 imprese artigiane al giorno e lo scorso anno le piccole imprese hanno esportato nel mondo 127,3 miliardi di prodotti, la performance migliore di sempre. Quanto a produttività, in 5 anni nelle nostre piccole imprese manifatturiere è aumentata del 18,6%, più del doppio rispetto al contemporaneo +7,3% delle piccole aziende tedesche.
Ma al tempo stesso sulle tasse, a livello pratico le aziende pagano 19 miliardi in più rispetto alla media dell`Eurozona, pari ad un maggior prelievo di 314 euro per abitante.
Sulla competitività delle nostre imprese pesa anche il cuneo fiscale sul costo del lavoro dipendente, pari al 47,9%, vale a dire 11,8 punti in più del 36,1% della media Ocse. Il costo del lavoro pagato dalle piccole imprese italiane per i propri 5,9 milioni di dipendenti ammonta a 174 miliardi di euro.
Seconso lo studio, l’Italia è anche tra i peggiori d`Europa sulla tassazione sull`energia, che fa pagare alle piccole imprese una bolletta elettrica più cara di 1,5 miliardi rispetto alla media europea. Il gap con l`Europa riguarda anche gli investimenti pubblici fissi lordi: per il 2019 l`Italia investe 11 miliardi in meno rispetto alla media dell`Eurozona.
Le cose non vanno meglio per il credito: a fine 2018 i finanziamenti alle piccole imprese sono diminuiti dell`1,1%. In particolare, in dodici mesi le imprese artigiane hanno ricevuto 3,9 miliardi in meno di prestiti. Ritardi anche sul fronte dell`efficienza della pubblica amministrazione: per l`84% degli imprenditori la complessità della burocrazia ostacola l`attività dell`azienda e soltanto il 29% degli italiani si dichiara soddisfatto dei servizi pubblici, contro la media europea del 45%.
In particolare, a farsi attendere è la giustizia civile: per risolvere dispute commerciali le imprese devono attendere 1.120 giorni, quasi il doppio rispetto alla Ue. E per ottenere permessi di costruzione di un magazzino un`impresa deve aspettare 228 giorni rispetto ai 153 giorni della media Ue. Nel frattempo gli Enti pubblici hanno accumulato un debito commerciale verso le imprese fornitrici di beni e servizi pari a 53 miliardi e si fanno attendere in media 85 giorni per saldare le fatture agli imprenditori. Siamo quindi ancora lontani dai 30 giorni imposti dalla legge del 2013.
Se si applicasse la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori verso la PA, proposta da Confartigianato, in un anno si estinguerebbe quasi la metà (53,5%) del debito della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, portandoci in linea con l`Europa.
“Il nostro amato Paese deve tirare su la testa, deve riuscire ad invertire una tendenza alla stagnazione che dura ormai da anni e che, nonostante gli sforzi del sistema imprenditoriale, non riesce a correggersi, complice anche il continuo clima da campagna elettorale che ha procrastinato le scelte e l’adozione di decisioni mirate a rendere compatibili sviluppo e tenuta dei conti pubblici”. E’ l’appello lanciato da Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato.
TN