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Home - Approfondimenti - Interviste - Congresso Fit-Cisl, Pellecchia: guardiamo al futuro grazie ai risultati ottenuti

Congresso Fit-Cisl, Pellecchia: guardiamo al futuro grazie ai risultati ottenuti

di Tommaso Nutarelli
1 Aprile 2022
in Interviste
Congresso Fit-Cisl, Pellecchia: guardiamo al futuro grazie ai risultati ottenuti

Dal 4 al 7 aprile si terrà a Sorrento (Napoli) il XII congresso della Fit, il sindacato dei trasporti della Cisl. Al centro dei lavori congressuali salute e sicurezza, il rilancio del trasporto pubblico locale e le occasioni offerte dal Pnrr e dalle filiere dell’economia circolare. “Abbiamo assistito – spiega Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit – a un diffuso miglioramento delle relazioni industriali in tutto il settore. La ricetta è puntare sempre di più su un sistema partecipativo”.

Pellecchia, quale sarà lo spirito del XII congresso della Fit-Cisl?

Arriviamo a questo XII congresso, che si terrà dal 4 al 7 aprile a Sorrento, dopo un percorso articolato, che ha preso il via lo scorso ottobre, con centinaia di assemblee nei posti di lavoro, poi 79 assemblee di presidio territoriale, alle quali sono seguiti 20 congressi regionali che hanno eletto 386 delegati al congresso nazionale. Si tratta del nostro primo grande evento in presenza da quando è iniziata la pandemia, e anche il cammino di avvicinamento è stato un modo per testare di persona lo stato d’animo di lavoratrici e lavoratori, che hanno certamente apprezzato le misure messe in campo dal sindacato in questi mesi di emergenza sanitaria. Sarà dunque un congresso che cercherà di tratteggiare il futuro del settore, senza dimenticare i risultati portati a casa attraverso un sistema di relazioni industriali efficiente e collaudato.

Quali saranno le questioni al centro dei lavori congressuali?

I temi che costituiranno l’anima del congresso riguarderanno la salute e la sicurezza, la situazione del trasporto pubblico locale, l’economia circolare, l’attuazione del Pnrr, con un occhio che guardi anche oltre il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

In che modo va affrontata la sfida prioritaria per garantire salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?

Innanzitutto occorre che in tutti i posti di lavoro si diffonda la cultura della sicurezza attraverso momenti specifici di formazione e informazione e, soprattutto, che le aziende comincino a considerare le risorse impiegate per fare prevenzione infortuni come un investimento e non come un mero costo. Proprio sulla base di questa filosofia, abbiamo di recente firmato un accordo estremamente innovativo con il gruppo Autostrade per l’Italia alla presenza del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che parteciperà al nostro congresso. Gli aspetti distintivi dell’intesa riguardano l’estensione a tutte le aziende della filiera delle nuove direttive in materia di salute e sicurezza, con la sottoscrizione anche da parte dei sindacati degli edili. Viene poi istituita, fra le altri importanti novità, la “stop work authority” allo scopo di perseguire l’obiettivo zero incidenti. In altre parole ogni lavoratore, indipendentemente dal suo inquadramento professionale e dalla sua posizione in azienda, può, nel momento in cui ravvisa carenze relative alla sicurezza nel cantiere, interrompere i lavori o la propria attività. Quindi sono i lavoratori i protagonisti in fatto di prevenzione. È grazie ad accordi come questo che è possibile rilanciare una nuova cultura della salute e della sicurezza nel contesto lavorativo.

Che prospettive ha il trasporto pubblico locale in Italia?

Quello del tpl è il comparto che presenta le maggiori criticità. Se altrove riusciamo a rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro, qui lo stallo permane. Eppure proprio con la pandemia sono emerse ancor di più le fragilità del settore e quindi il bisogno urgente di porvi mano.

Quali sono le ragioni di queste debolezze?

Secondo noi la causa principale è da ricercare innanzitutto nel nanismo e nella frammentazione delle imprese che operano nel settore. Manca un campione nazionale, e questa elevata parcellizzazione rende di fatto impossibile l’attuazione di un sistema di relazioni industriali partecipativo e capace di portare a dei risultati. Un’altra causa è l’obsolescenza della flotta, a cui si aggiunge la carenza di autisti che, in assenza di azioni per contrastare il fenomeno, rischia di portare il trasporto pubblico alla paralisi. Al ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili abbiamo chiesto e ottenuto l’avvio di una commissione per ridisegnare l’assetto del comparto. Durante il congresso ci confronteremo con Mauro Bonaretti, capo dipartimento per la Mobilità sostenibile del Ministero, Bernardo Giorgio Mattarella, professore ordinario di diritto amministrativo alla Luiss, che fa parte della commissione, nonché i presidenti di Asstra, Agens e Anav Andrea Gibelli, Arrigo Giana e Giuseppe Vinella e Angela Stefania Bergantino, professoressa di Economia applicata all’Università di Bari, nonché Carlo Carminucci, direttore ricerche di Isfort, che introdurrà la tavola rotonda.

Il futuro dell’intero settore passa dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. In che modo può essere un piano vincente?

Il Pnrr è la grande occasione per cambiare volto all’Italia. C’è la possibilità di un ammodernamento strutturale delle infrastrutture e della mobilità, unita alla sostenibilità, e di questo ne parleremo con il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, l’amministratore delegato di Ferrovie, Luigi Ferraris, quello del gruppo Aspi, Roberto Tomasi, e il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri, il professore di diritto dell’Unione europea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Dino Guido Rinaldi, la professoressa di trasporti al Politecnico di Torino Cristina Pronello. Tuttavia le generose risorse provenienti da Bruxelles, di cui una parte andrà restituita, richiedono il rispetto di progettualità e scadenze, che non sempre siamo stati bravi a rispettare in passato, insieme all’attuazione di tutta una serie di riforme. Quindi il primo punto sul quale bisogna avere successo è realizzare le condizioni per investire questi denari. L’altro è saper guardare oltre il Pnrr.

Come?

Bisogna essere bravi nel far sì che le risorse del Piano possano funzionare da moltiplicatore. Per fare un esempio, la produzione dei nuovi autobus elettrici o a idrogeno dovrebbe essere in Italia. In questo modo si investe nel nostro tessuto industriale, recuperando magari siti dismessi e investendo su nuove professionalità e competenze.

C’è poi la grande occasione offerta da una gestione virtuosa dei rifiuti. Quali sono le vostre proposte in merito?

Al congresso cercheremo di capire quello che è lo stato dell’arte sul fronte intanto dell’impiantistica e poi della gestione e del riciclo dei rifiuti assieme a Valeria Frittelloni, direttrice del Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare di Ispra e al vicepresidente vicario di Utilitalia Filippo Brandolini. Quello che noi chiediamo è che quando parliamo di riuso dei rifiuti, all’interno di un contesto di economia circolare, non si verifichino fenomeni dispersivi, per i quali i rifiuti vagano per tutta Italia oppure sono spediti all’estero. È importante che ci siano dei siti industriali di prossimità per la lavorazione, anche per rispettare il principio di autosufficienza territoriale per la gestione dei rifiuti previsto dalla normativa di settore. Altro elemento sul quale è importante focalizzarsi è l’aggregazione delle imprese per favorire economie di scala.

Quali sono le prospettive per le relazioni industriali nel settore dei trasporti?

Abbiamo assistito a un miglioramento generale delle relazioni industriali con risultati importanti, come il rinnovo del contratto di primo livello della mobilità ferroviaria e quello aziendale del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. Nel primo abbiamo inserito il diritto alla disconnessione per chi lavora da remoto, e un aumento salariale di 110 euro sul livello intermedio da riparametrare su tutta la scala classificatoria. Questo significa che si parte da circa 87 euro di incremento mensili per il livello più basso per arrivare ai 148 per quello più alto. Quanto al contratto aziendale di Fs abbiamo fatto un grande passo avanti sia sul piano della previdenza complementare sia su quello dell’assistenza sanitaria. Per la prima infatti l’azienda raddoppia il contributo portandolo dall’1 al 2%, mentre per la seconda il contributo aziendale è triplicato, perché passa da 100 a 300 euro all’anno. Purtroppo non in tutti i comparti, mi riferisco al trasporto pubblico locale, raggiungiamo questi traguardi. Il segreto per delle relazioni industriali proficue è la partecipazione e la vera sfida è estenderne il modello e soprattutto applicarla anche nelle aziende di dimensioni ridotte.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

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Giornalista de Il diario del lavoro.

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