Il made in Italy, a cominciare da quello delle Pmi venete, punta sulle delocalizzazioni in Bosnia, e più in generale nei Balcani. È nato ufficialmente oggi a Sarajevo il distretto Brcko: un’area di 130 ettari, in un territorio autonomo tra Croazia e Serbia, che permetterà alle imprese, soprattutto a quelle di piccola dimensione, di debuttare oltre frontiera, delocalizzando la propria attività in un’area con più bassi costi di produzione, che rappresenta, tra l’altro, anche un importante mercato di sbocco in vista della creazione dellàarea di libero mercato di scambio dei Balcani.
L’accordo è stato siglato in Bosnia Erzegovina tra il vice ministro per le Attività produttive con delega al Commercio Estero, Adolfo Urso, il presidente di un’Unindustria Venezia, Paolo Scaroni, e le autorità di Sarajevo. “L’iniziativa, accompagnata dalla creazione del primo sportello Italia nei Balcani – ha detto Urso nel corso della cerimonia – rappresenta un significativo passo in avanti per il rafforzamento della nostra posizione, che già ci vede come primo partner commerciale della Bosnia Erzegovina”.
“Puntiamo a creare un progetto di delocalizzazione per le imprese sul modello di Timisoara: un’opportunità – ha spiegato Scaroni – per imprese che non hanno strumenti propri di delocalizzazione. La testa e i cervelli possono e devono rimanere in Italia, in Veneto, ma la produzione deve andare dove costa di meno. Il rischio altrimenti è quello di perdere sia la produzione sia il know out”. “Quello della delocalizzazione – ha proseguito il presidente di Unindustria Venezia e ad dell’Enel – è un’ esigenza per affrontare i problemi che minano l’attività soprattutto nel nord-est: ovvero i processi di globalizzazione e la mancanza di mano d’opera”. Scaroni ha così ricordato che, a fronte di un costo orario del lavoro nel nord est di 18 euro, in Bosnia Erzegovina il valore è fra un settimo e un decimo.
L’opportunità nata in Bosnia con Brcko consente così “di risalire su quel treno della competitivà”, ha aggiunto Scaroni ricordando che l’iniziativa avrà anche una importante ricaduta occupazionale nell’area, con circa 2-3000 addetti al completamento del distretto.
Grazie all’iniziativa – è stato detto – già entro 18 mesi dovrebbero arrivare 15 imprese, con un’occupazione di 300 persone su un’area di un primo lotto del progetto, pari a 30 ettari, mentre a regime è attesa la presenza di 60-70 aziende del nord-est, attive soprattutto nell’alimentare, nel tessile, nel metalmeccanico e nella lavorazione del legno.
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