Il settore chimico chiuderà il 2020 in negativo, con un calo della produzione del 9%. Un dato che, seppure in forte diminuzione, evidenzia una maggiore tenuta rispetto alla media dell’industria manifatturiera. Per il prossimo anno le previsioni restano ancora preoccupanti. Lo ha sottolineato Paolo Lamberti, presidente di Federchimica, all’assemblea della federazione.
Sui risultato del 2020 pesa la contrazione senza precedenti dell’attività di numerosi settori clienti, che ha inevitabilmente condizionato anche la domanda di chimica. La seconda ondata di contagi rischia di interrompere in modo brusco il percorso di recupero intrapreso durante i mesi estivi e già nel quarto trimestre si cominciano a vedere alcuni segnali di indebolimento.
“La chimica è un settore indispensabile – ha detto Lamberti – anche l’emergenza Covid-19 lo ha chiaramente dimostrato. Il Governo ne tenga conto nelle scelte imminenti per uscire dalla crisi”. Il leader degli imprenditori chimici ha ricordato che fin dal primo lockdown il settore non ha mai interrotto la produzione in quanto fornitore essenziale lungo le catene del valore (“una infrastruttura tecnologica”), ma anche produttore di manufatti di estrema necessità, che vanno dai gas medicinali (in particolare l’ossigeno) ai disinfettanti e a tutte le materie prime per realizzare maschere, guanti, camici e visiere, che hanno iniziato a scarseggiare dall’inizio dell’emergenza.
“Le nostre imprese – ha proseguito Lamberti – hanno moltiplicato gli sforzi di produzione e sostenuto concretamente la protezione civile nazionale e alcune Regioni nel rintracciare questi prodotti e nel renderli disponibili laddove necessario”. L’industria chimica italiana vanta oltre 2.800 imprese che impiegano circa 112mila addetti, con un valore della produzione pari a 55 miliardi di euro e una quota di export del 56%. L’Italia è il terzo produttore europeo e il dodicesimo al mondo.
Il presidente di Federchimica ha aggiunto che “le prospettive per il 2021 rimangono estremamente incerte e non potremo certamente aspettarci un pieno recupero rispetto alle perdite registrate nel 2020. L’incertezza ostacola le decisioni di acquisto dei clienti, che si manifestano in modo molto frammentario e discontinuo. Di conseguenza, nel 2021 possiamo ipotizzare il ritorno a una moderata crescita della produzione chimica intorno al 4%”.
Nel corso della sua relazione, Lamberti ha poi ricordato le solide prospettive occupazionali che l’industria può offrire. I giovani rappresentano il 20% dell’occupazione e quasi un addetto su quattro è laureato, a fronte di una media industriale di circa uno su dieci. I contratti a tempo indeterminato sono la stragrande maggioranza (95%) e negli ultimi 4 anni il settore ha generato oltre 6mila nuovi posti di lavoro e l’occupazione ha evidenziato una buona tenuta anche nel 2020. Dunque, nonostante l’innalzamento dell’età pensionabile le criticità già evidenti a fine 2019, le imprese chimiche stanno investendo nel capitale umano anche per dotarsi di nuovi competenze in ambiti strategici quali la ricerca e la digitalizzazione.
“Dobbiamo essere consapevoli che il nostro contributo alla ripresa sarà fondamentale – ha affermato Lamberti – soprattutto per rendere possibile quella rivoluzione ambientale di cui tanto si parla. Gli ambiziosi obiettivi del green deal europeo, che impatteranno significativamente sui modelli di offerta e sui comportamenti di consumo, potranno essere conseguiti anche grazie alla forte e pervasiva spinta verso l’innovazione tecnologica che la chimica è in grado di produrre. Siamo il primo settore industriale per quota di brevetti ambientali, pari al 40% del totale. Abbiamo perciò un ruolo determinante nelle tecnologie per la gestione ambientale (emissioni inquinanti, rifiuti e suolo), la conservazione e disponibilità di acqua e la mitigazione del cambiamento climatico”.
Senza dimenticare, ha concluso il leader degli industriali del settore chimico, “lo sviluppo di competenze tecnologiche all’avanguardia, quali le fonti rinnovabili e le biotecnologie industriali, il riciclo chimico e la chimica da rifiuti, l’impegno nella progettazione sostenibile e circolare dei prodotti, lo sviluppo di tecnologie innovative per l’efficienza energetica degli edifici, per una mobilità ecosostenibile, per la cattura, lo stoccaggio e il riutilizzo della CO2 e per l’idrogeno pulito. Proprio per il vasto e multiforme contributo di conoscenze che la chimica è in grado di fornire, Federchimica crede fortemente nel cosiddetto approccio ‘One Health’, secondo il quale la salute umana, quella animale e la protezione dell’ambiente sono ambiti strettamente interconnessi: la ricerca deve e dovrà tenerne conto. Ci aspettiamo che il cosiddetto piano di ripresa e resilienza, superate le tante divisioni, abbia un forte orientamento industriale, per favorire richieste funzionali al rilancio. Chiediamo che si tenga conto delle esigenze dell’industria chimica, settore rilevante e strategico, altamente specializzato, per sua natura portato al cambiamento e da sempre orientato alla centralità delle risorse umane, nonché in continuo miglioramento nel produrre in modo sostenibile e circolare”.
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