L’industria chimica in Italia “è vivace, solida, offre lavoro di qualità e investe in innovazione e welfare ben più di altri comparti manifatturieri. È un settore che può dare molto al Paese: al nuovo Governo offriamo la massima collaborazione nel difficile compito di conciliare interesse individuale e collettivo per il bene comune”. Così Paolo Lamberti, presidente di Federchimica, nel corso dell’assemblea annuale della Federazione nazionale dell’industria chimica. La chimica in Italia vale 55 miliardi, di cui 30 miliardi destinati alle esportazioni, dove l’Europa pesa più del 61%. Il settore conferma nella prima parte del 2018 il buon andamento (+2%), anche dell’export (+4,2%), che riesce a migliorare la performance eccezionale del 2017.
Sono soprattutto i fattori qualitativi a fare della chimica in Italia, terzo produttore europeo e nono nel ranking mondiale, un settore vitale e attrattivo: “siamo oggi una delle punte avanzate del Made in Italy – ha proseguito Lamberti – Lo dimostrano i dati: l’Istat ci pone tra i primi tre settori del suo Indice di Competitività, che calcola la capacità di crescita nel medio periodo nel mercato globale, ovvero, la possibilità di offrire occupazione di qualità. Le statistiche sulle sofferenze bancarie (4% rispetto alla media del 20%) ci pongono di gran lunga come il settore più virtuoso, anche se mostrano le difficoltà che le nostre imprese hanno con i propri clienti”.
Le imprese chimiche estere operanti in Italia producono un valore che sfiora i 20 miliardi (pari a settori rilevanti quale il mobile o le bevande) di cui circa il 60% viene esportato, anche grazie a un consistente investimento in ricerca (oltre 170 milioni). “Sono imprese che vengono in Italia per produrre, fare ricerca, offrire posti di lavoro e, in molti casi, insediare veri e propri centri di eccellenza” ha commentato Lamberti.
Secondo Lamberti, tuttavia, occorre superare i fattori atavicamente nemici dell’industria e dell`industria chimica in particolare: “tempi lunghissimi per le autorizzazioni (“in altri Paesi richiedono pochi mesi, da noi anche più di 5 anni”); un quadro giuridico complesso, che genera incertezza, specie quando le decisioni vengono assunte più sulla scorta dell`emozione che dei riscontri scientifici; un quadro normativo ancora da semplificare, per rendere più snelli gli iter amministrativi e le procedure autorizzative”.
Lamberti ha indicato il ruolo fondamentale delle istituzioni nel perseguimento della sostenibilità, sottolineando che “dopo decenni di sviluppo della cultura ambientale, l’Italia ha bisogno di un ‘ambientalismo del sì’, ovvero, di istituzioni che sappiano anche dire sì, non solo no. La sostenibilità vera si costruisce con l’impegno congiunto di istituzioni e imprese, con investimenti complessi che danno ritorni nel lungo periodo e che hanno bisogno di tempi brevi e certi per essere realizzati”.