L’Europa è messa assai male. Lo spazio di pace, democrazia, valori liberali, costruito 67 anni fa sulle macerie della Seconda Guerra, rischia davvero di essere cancellato. Il documento sulla “National security strategy” scritto da Donald Trump e pubblicato il 5 dicembre, non è infatti solo un’enunciazione teorica. Non si milita ad affermare che l’Unione europea è destinata al “declino”. Il presidente americano disegna un vero e proprio piano operativo per smantellare l’Ue. E riceve il plauso entusiasta di Vladimir Putin. Insomma, l’energumeno di Washington e il suo complice di Mosca ridisegnano l’ordine mondiale degli ultimi ottant’anni. Bye bye Occidente, bye bye Alleanza atlantica. E per l’Europa sono dolori.
A rendere drammatica la situazione è il fatto che i nemici dell’Unione europea non sono solo esterni. A rendere possibile la fine dell’Ue così com’è adesso, è la presenza tra i Ventisette di numerosi “sicari” al soldo di Trump e di Putin. In Francia Marine Le Pen ha incassato fondi di Mosca. E lo stesso avviene in Ungheria per Viktor Orban, in Slovacchia per Robert Fico, in Germania per il movimento di ultradestra Alternative fur Deutschland e in Gran Bretagna (che dell’Unione è fuori, ma ora lotta al suo fianco) per l’iper populista Nigel Farage. Non solo. Sarebbero arrivati finanziamenti moscoviti anche ai partiti populisti e sovranisti di Belgio, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca. In Italia a beneficiare della generosità dello Zar sarebbero stati (le inchieste non hanno chiarito i dettagli) la Lega di Matteo Salvini e (in passato) il Movimento 5Stelle.
Insomma, Putin ha sempre foraggiato chi nel suo Dna ha la distruzione dell’Unione europea. Ha allevato nel Vecchio Continente un vero e proprio esercito di “infiltrati”, di “nemici in casa”. E ora nell’impresa, cancellando ottant’anni di amicizia e di alleanza, si è gettato Trump. Attenzione: non è un sospetto, è una certezza. Il presidente americano nel suo piano per la sicurezza nazionale ha scritto, nero su bianco, che si impegna “a sostenere la resistenza all’Europa”. Traduzione: l’internazionale nera, sovranista e populista, ha ricevuto e riceverà l’aiuto economico e politico di Washington nella sua opera di demolizione dell’Europa. E quando non saranno Mosca o la Casa Bianca a farlo, in soccorso del genio guastatori-demolitori dell’Ue accorrerà Elon Musk (quello che ha definito l’Unione “Quarto Reich”). Un tipo bravissimo, il padrone di Tesla, a manipolare le coscienze e a veicolare il consenso tramite vagonate di fake news sul web. Ormai è accertato: senza di lui The Donald non avrebbe conquistato il bis un anno fa.
A rendere ancora più allarmante il quadro è poi la scoperta che nello stesso piano, in una prima fase rimasta secretata, è scritto che Trump si appoggerà su “Italia, Ungheria, Austria, Polonia” nell’opera di smantellamento dell’Unione europea. Il che vuol dire che gli americani hanno eletto Roma a capofila del fronte incaricato di distruggere l’Europa dei Ventisette. Che va assolutamente cambiata e migliorata, nessuno lo discute, ma non certo cancellata.
Inutile dire che i propositi di Trump hanno fatto lievitare i sospetti di Macron, Merz e Starmer verso Giorgia Meloni. E la nostra premier fa poco o nulla per dissiparli. A dispetto dell’ostilità manifesta di The Donald, Meloni continua a ripetere: “Non si può rompere il legame con gli Stati Uniti”. E qualche settimana fa ha detto ”no”, in nome dell’”interesse nazionale”, all’abolizione del diritto di veto per superare il pantano dell’unanimismo che affossa la Ue. Quello in cui sguazza il sovranista Viktor Orbàn, l’amico di Trump e Putin. Senza contare l’estrema prudenza di Meloni, se non contrarietà, a ogni piano di difesa comune europea.
In molti, a cominciare da Mario Draghi e da Sergio Mattarella, di fronte a questa disperata lotta per la sopravvivenza europea, invocano una reazione. Chiedono un sussulto di europeismo. Predicano la necessità di un rilancio federalista e il varo, appunto, della difesa comune europea in modo da spendere meno e meglio in armamenti. Adesso però, un rilancio politico e istituzionale dell’Unione appare irrealizzabile. Prospettarlo, purtroppo, suona come un esercizio retorico. Perché il sovranismo è in forte ascesa ed è l’opposto dell’europeismo: i nazionalisti vedono in una cessione ulteriore di sovranità all’Ue un vulnus per gli interessi nazionali. E perché i leader europeisti come il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz sono estremamente deboli. Rischiano molto presto di essere spazzati via dai partiti finanziati da Washington e da Mosca. E anche il premier britannico Keir Starmer, riavvicinatosi per necessità all’Europa dopo il suicidio collettivo della Brexit, è minacciato da Farage.
A conti fatti, insomma, la previsione americana di un’Ue “spacciata” è tutt’altro che campata in aria. Forse tra non molto, se a vincere alla fine on saranno i buoni, l’Europa potrebbe regredire a semplice unione economica e monetaria. E, considerato il quadro, già sarebbe un lusso.
Alberto Gentili




























