Prosegue la crescita del tasso di occupazione femminile in Italia (15-64 anni), attestandosi nel secondo trimestre 2023 a 52,6% (+1,2 punti in un anno) ma, nonostante ciò, il dato resta inferiore a quello di tutti gli altri paesi dell`Unione europea: nel 2022 il tasso di occupazione è di 13,8 punti inferiore a quello medio europeo, distanza che è anche aumentata rispetto al periodo pre-pandemia (nel 2019 si attestava a 12,7 punti). Lo ha comunicato l’Istat in un focus sull’occupazione femminile.
Gli effetti della pandemia, spiega la ricerca, hanno ampliato anche la distanza tra i tassi femminili e maschili che da 17,5 punti nel secondo trimestre 2019 è salita a 18,1 punti nel secondo trimestre 2023. Tale dinamica ha allontanato l`Italia dall’Ue anche in termini di gap di genere nel tasso di occupazione, poiché la media europea ha mostrato un miglioramento (da 10,3 punti del 2019 a 9,8 punti del 2022).
In termini occupazionali, infatti, la crisi sanitaria in Italia ha coinvolto soprattutto i settori del terziario che più spesso utilizzano lavoro femminile e anche il successivo recupero, osservato a partire dal secondo trimestre 2021, ha interessato in particolare i settori delle costruzioni e dell`informazione e comunicazione, caratterizzati da una presenza maschile superiore alla media: le donne rappresentano solamente il 7,8% degli occupati nelle costruzioni e il 29,5% di quelli nel comparto di informazione e comunicazione (sull`intera economia le donne rappresentano il 42,3% del totale occupati). Tali effetti sono decisamente diversi da quelli osservati nella precedente crisi (2009-2013) che avevano ridotto il divario di genere, per effetto del peggior andamento dell`occupazione nei settori a prevalenza maschile (industria e costruzioni).
La dinamica dell’occupazione dell’ultimo periodo, soprattutto quella femminile, ha ampliato i già marcati divari per livello di istruzione: nel secondo trimestre 2023, il tasso di occupazione delle laureate è di due punti percentuali superiore a quello dello stesso trimestre 2019, differenza che tra le diplomate si riduce a 0,8 punti e tra le donne con al massimo la licenza media si annulla; le laureate raggiungono un tasso di occupazione di oltre due volte e mezzo superiore a quello di chi ha un basso titolo (79,4% contro 30,4%) e di 22 punti superiore a quello delle diplomate (57,2%). Il ruolo fondamentale del livello di istruzione per l`accesso delle donne al mercato del lavoro è ancor più evidente nel Mezzogiorno dove la quota di donne di 15-64 anni che lavorano (35,8% il totale) tra le laureate raggiunge il 69,9%, valore di 14,6 punti inferiore a quello delle laureate del Nord, un divario che, seppur elevato, è decisamente più contenuto di quello osservato per i titoli di studio più bassi.
Anche il divario di genere in termini di tasso di occupazione diminuisce all’aumentare del livello di istruzione e nel passaggio dal Mezzogiorno al Nord: nel secondo trimestre 2023, il gap tra uomini e donne è minimo (4,3 punti) tra i laureati del Nord ed è massimo (30,5 punti) tra chi ha conseguito al più la licenza media e risiede nel Mezzogiorno.
La partecipazione delle donne è anche molto legata ai carichi familiari: nel secondo trimestre 2023 il tasso di occupazione delle 25-49enni è pari all`81,3% se la donna vive da sola, scende al 76,2% se vive in coppia senza figli e al 60,2% se ha figli. Anche il divario a sfavore delle madri si riduce sensibilmente all’aumentare del titolo di studio: tra le laureate il tasso di occupazione è superiore al 70% indipendentemente dal ruolo in famiglia e dalla ripartizione di residenza. Nel complesso, il tasso di occupazione delle 25-49enni oscilla da un minimo di 22,9% tra le madri del Mezzogiorno con basso titolo di studio a un massimo di 97,0% tra le donne laureate che vivono da sole al Centro.
Differenze di genere si riscontrano anche nella qualità del lavoro. Oltre un quarto delle donne (27,2%) presenta elementi di vulnerabilità legati alla precarietà lavorativa (dipendenti a tempo determinato e collaboratori) e/o all’impossibilità di trovare un lavoro a tempo pieno (part-time involontario); tra gli uomini la quota dei lavoratori vulnerabili scende al 15,6%1.
Inoltre, il fenomeno è più diffuso nelle regioni meridionali per entrambi i generi (35,2% le donne e 21,4% gli uomini), dove anche la differenza tra donne e uomini è più ampia. La vulnerabilità e il divario di genere diminuiscono all’aumentare del livello di istruzione: tra chi ha conseguito al massimo la licenza media, la quota dei lavoratori vulnerabili è 36,7% per le donne e 18,5% per gli uomini, una differenza di 18 punti percentuali che scende a 12 punti tra i diplomati (27,4% e 15,3%, rispettivamente) e a 9 punti tra chi ha conseguito almeno una laurea (20,7% e 11,3%).
Il livello di istruzione, dunque, “risulta fondamentale per la partecipazione al mercato del lavoro delle donne: esso influenza sia l’entrata nel mercato del lavoro sia le opportunità lavorative, anche in un’ottica di riduzione dei divari di genere”.
e.m.