Più 200mila lavoratori coinvolti e il 20-30% di addetti che concretamente rischiano il posto di lavoro. Sono questi i numeri più significativi che emergono dai tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo Economico. Una situazione che interessa trasversalmente tutta la penisola, da nord a sud, con il Mezzogiorno particolarmente colpito dagli anni crisi.
L’impoverimento del tessuto produttivo del meridione non è stato affrontato con una politica economica e industriale che ponesse un freno al depauperamento, perseguendo semmai, anche con il governo attuale, una logica assistenzialista. Sono mancate politiche straordinarie coordinate al livello nazionale, e l’unico palliativo è stato quello di continuare a dare soldi alle regioni.
Al sud, infatti, ci sono diverse situazioni in divenire. Da ultimo è arrivato l’annuncio della Whirlpool di chiudere lo stabilimento di Napoli, e, sempre in Campania, c’è anche la ex Irisbus. La vertenza Natuzzi ha messo in ginocchio molte piccole aziende del legno arredo, a essa collegate, tra Basilicata e Puglia.
Le numerose vertenze aperte sono figlie anche di specifiche criticità che hanno interessato i vari settori. Nei call center, dove è emblematico il caso Almaviva, c’è stata politica dissennata delle licenze, con ripercussioni negative sull’occupazione. Inoltre, stiamo parlando di una modalità di comunicazione e assistenza che sta pian piano scomparendo, soppiantata da altri canali.
Questo impone un ripensamento dell’idea del call center, non più legato a vecchi schemi. Il settore della grande distribuzione ha visto un considerevole calo dei consumi. In ordine di tempo il caso più eclatante è la crisi di Mercato Uno, alla quale si possono aggiungere i nomi di Auchan e Gran Casa.
Nelle costruzioni sono venuti meno gli investimenti nelle infrastrutture. Accanto a questo c’è un sistema degli appalti non sempre adeguato e soprattutto una fragilità di molte aziende al di fuori del mercato interno, anche connessa alla dimensione stessa dell’impresa. Altro sorvegliato speciale è il settore siderurgico, dove il pesce grosso è l’Ilva, con lo stabilimento di Taranto e Genova, ma altrettanto non se la passano bene le acciaierie di Terni (Ast).
Sull’Ilva, e non solo, grava come un macigno la questione ambientale. A tutto questo si deve aggiungere il rallentamento del mercato. Per quanto riguarda la produzione di metalli non ferrosi va registrata la lunga odissea delle ex-Alcoa (alluminio) ed Euralluminia (bauxite), entrambe nel territorio sardo del Sulcis.
C’è, infine, la vertenza per antonomasia: Alitalia. Al momento la situazione si trova a un binario morto, con Easy Jet che si è tolta dai giochi, Delta che non batte un ciglio e un piano industriale che non sembra palesarsi.
Che fare in tutto questo? C’è, prima di tutto, un problema di gestione. Serve l’impegno a ricercare gli accordi. Ma poi questi accordi vanno monitorati, attraverso il confronto costante di tutti gli attori coinvolti. La vicenda di Mercatone Uno è l’emblema di un accordo nato male e privo di un monitoraggio assiduo.
Tommaso Nutarelli