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Home - Approfondimenti - L'Editoriale - Per Confindustria è arrivato l’inverno dello scontento

Per Confindustria è arrivato l’inverno dello scontento

di Nunzia Penelope
15 Gennaio 2022
in L'Editoriale
I sindacati costretti all’unità

Sono bastati tre mesi perché lo stato d’animo di Confindustria nei confronti del governo passasse dall’entusiasmo alla delusione. Era fine settembre quando Carlo Bonomi invocava “Draghi anche dopo il 2023”, ed era fine dicembre quando lo stesso Bonomi ha inviato alle strutture confindustriali una lunga lettera che esprime la sua delusione, appunto, nei confronti dell’esecutivo e della manovra appena varata. Ma l’inverno dello scontento sta pericolosamente spazzando il paese, e ha forse finito per raffreddare anche l’entusiasmo di Confindustria.

Le critiche alla manovra, in particolare quelle sulla parte fiscale, sono state però solo la notizia di giornata sui quotidiani di fine anno; nella lettera di Bonomi, in realtà, c’era molto di più. Lettera per la verità rapidamente archiviata, anche stante il momento particolare di dicembre nel quale si incrociavano – e ancora d’altra parte si incrociano- l’aumento dei contagi dovuto alla ripresa della pandemia con l’impennata del bizantinismo politico dovuto alla questione Quirinale. Un quadro nel quale, ovviamente, le opinioni degli imprenditori (e delle parti sociali nel loro complesso: non dimentichiamo quanto poco abbia inciso, nello stesso periodo, lo sciopero generale Cgil-Uil) costituiscono un microscopico dettaglio nello sfondo, perché ben altri sono i protagonisti, altrove è rivolta l’attenzione.

Eppure, la lettera del presidente degli industriali è tutt’altro che rituale: non è il solito cahier de dolèances, ma tratteggia invece, con una buona dose di sincerità, cosa ha funzionato fin qui nel governo e nel paese e cosa no; e, di conseguenza, indica cosa potrebbe incepparsi severamente nei prossimi mesi, mandando all’aria le nostre grandi speranze. Colpisce, per esempio, l’allarme di Bonomi rispetto all’auto: un tema sul quale i sindacati, a partire dai metalmeccanici, insistono da mesi, nell’indifferenza più o meno generale della politica e del governo; un allarme che il leader confindustriale rilancia con toni nettissimi, parlando addirittura del rischio di ”impatti catastrofici”, fino alla “distruzione” dell’intero settore automotive, se non saranno prese misure che attutiscano l’impatto di una transizione ”verde”, ora insostenibile nei termini in cui è stata impostata.

Cosi come il ragionamento allarmatissimo sul peso della bolletta energetica, in costante salita, che rischia di mettere in ginocchio l’industria: finendo col risultare più conveniente non produrre affatto, che produrre a certi costi. Mentre è proprio l’industria, e in particolare quella manifatturiera, che tiene in piedi il paese, alla quale si devono sia le ripresine degli scorsi anni, sia la ripresona potente oggi in corso. Malgrado ciò, osserva Bonomi, nulla di quanto il governo ha fatto è andato incontro alle imprese: non la soppressione del Patent Box, non la riforma fiscale, non il decreto anti-delocalizzazioni, o la mancata riforma del reddito di cittadinanza. Per non dire delle ”bandierine” piantate dai vari partiti in difesa dei propri orti, o dell’inspiegabile sciopero generale di dicembre.

Altrettanti segni, nel complesso, di un improvviso sfilacciamento di tutto quanto sembrava solidissimo appena qualche mese fa: nell’economia, come nel sociale, come nella politica. Proprio per impedire, o prevenire, una simile china, la Confindustria aveva lanciato l’idea del Patto per l’Italia: come si ricorderà raccolto da Draghi, ma poi lasciato cadere nel nulla. L’ennesimo tentativo, fallito, di costruire qualcosa che leghi tutti – governo, parti sociali, politica- ciascuno per la sua parte, alle medesime responsabilità nei confronti del paese. E adesso che il futuro è quanto mai incerto (e dispiace dirlo, ma più per le contorsioni dei partiti che per la pandemia), proprio adesso un simile Patto avrebbe dimostrato tutta la sua utilità, dotando di una bussola “sociale” le inevitabili tempeste che si annunciano sul fronte politico e di governo nei mesi post Colle. Ma ormai è andata, il magic moment è passato, chissà quando si ripresenterà.

E a proposito di Quirinale, come la pensa la Confindustria? Bonomi, nella lettera, si augura che nella scelta che il Parlamento dovrà fare ”prevalga la maggiore condivisione possibile”, e fin qui vabbè, siamo nelle frasi anodine; ma poi aggiunge: “L’Italia nel momento del bisogno sa esprimere profili di caratura mondiale al posto giusto. Dobbiamo augurarci che tutte le forze politiche tengano conto di questo”. Difficile non pensare che sia una indicazione per Mario Draghi, anche se sono parole della stessa persona che appena qualche mese fa lo voleva trattenere a Palazzo Chigi ben oltre il 2023.

Nunzia Penelope

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