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Home - Approfondimenti - Diario delle crisi - Whirlpool, azienda invia le lettere di licenziamento ai sindacati

Whirlpool, azienda invia le lettere di licenziamento ai sindacati

15 Luglio 2021
in Diario delle crisi, Notizie del giorno
Whirlpool, sottoscritti i contratti di solidarietà

La Whirlpool ha inviato alle rappresentanze sindacali territoriali, via pec, le lettere di licenziamento per i 340 lavoratori dello stabilimento di via Argine a Napoli. Una mail che, da quanto si apprende, è stata mandata direttamente dall’azienda e non attraverso l’Unione degli industriali come da prassi. Secondo quanto previsto dalla legge, adesso ci sono 75 giorni per cercare una possibilità di ritiro della procedura di licenziamento collettivo. In caso contrario, allo scadere del 75esimo giorno, l’azienda provvederà a inviare ai singoli dipendenti la missiva comunicando la cessazione del rapporto di lavoro. L’avvio della procedura di licenziamento collettivo era stata annunciata ieri dai vertici aziendali nel corso del tavolo che si è svolto al ministero dello Sviluppo economico.

Intanto si spera nell’intervento del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che potrebbe chiedere la sospensione o il ritiro dei licenziameti alla multinazionale oppure trovare una soluzione industriale alternativa per gli oltre 300 lavoratori del sito partenopeo.

“Il drastico calo della domanda di lavatrici di alta gamma (Premium) a livello internazionale ha comportato in pochi mesi un forte calo della produzione dello stabilimento di Napoli al di sotto del 30% della propria capacità produttiva, determinando così una situazione non più sostenibile dal punto di vista economico-finanziario per l’azienda”. E’ quanto si legge nella missiva inviata dalla Whirlpool alle rappresentanze sindacali e alle istituzioni settoriali del territorio per avviare le procedure di licenziamento collettivo dei dipendenti dello stabilimento di via Argine e nella quale vengono illustrati i “motivi che giustificano la situazione di esubero”.

“Tali condizioni di mercato – scrive la multinazionale – non previste né in alcun modo prevedibili al momento della sottoscrizione del Piano industriale del 25 ottobre 2018, sono imputabili in particolare a un mutato contesto macroeconomico generale di crisi che ha investito in particolar modo alcuni dei mercati più rilevanti per l’azienda, tra cui quelli di Stati Uniti d’America, India, Argentina e di alcuni dei principali Paesi in ambito Emea. Nonostante gli ingenti investimenti realizzati negli ultimi 10 anni per circa 100 milioni di euro e le nuove strategie commerciali messe in atto, dal 2009 al 2020 i volumi di produzione del sito si sono ridotti da circa 700mila a meno di 200mila pezzi annui, con un calo delle vendite nel primo semestre del 2019 pari al 36% a livello di export internazionale e del 19% nella sola area Emea. Nel 2020 si è assistito al protrarsi del calo dei volumi e nella sola regione Emea si è registrata un’ulteriore riduzione delle vendite pari al 15%”.

Nella missiva della Whirlpool, si evidenzia “come più volte negli ultimi anni”, che “il sito produttivo di Napoli risulta economicamente sostenibile solo a fronte di produzioni superiori alle 660mila unità annue”. Il piano industriale, scrive ancora l’azienda, “prevedeva di continuare a investire sul sito sul presupposto dichiarato di un mercato in via di progressiva ripresa e che avrebbe consentito di mantenere presso lo stabilimento di Napoli una produzione non inferiore a circa 340mila unità per il solo anno 2018, con prospettiva di crescita anno su anno per raggiungere il break-even delle 660mila entro il 2021”.

Tuttavia, spiega ancora Whirlpool, “contrariamente a quanto previsto, lo stabilimento di Napoli si è dovuto confrontare con una realtà ben diversa e già il consuntivo dell’anno 2018, reso noto soltanto nel primo trimestre del 2019, ha registrato un’importante contrazione delle vendite, che si sono ridotte a 269mila unità nel 2018. Di conseguenza, anche le vendite per gli anni successivi si sono drasticamente ridotte a circa 223mila unità nel 2019 e 190mila nel 2020, con ciò determinandosi una perdita operativa di circa 20 milioni di euro per anno. Tale situazione ha portato la società a considerare, insieme ai Ministeri competenti e alle parti sociali, diverse soluzioni alla sopravvenuta situazione di mercato. Tuttavia, alla luce di un’approfondita valutazione economica, nessuna di queste opzioni è stata né può essere ritenuta adeguata a rendere sostenibile l’impianto di Napoli nel medio-lungo termine”.

I dipendenti dello stabilimento Whirlpool di Napoli “non possiedono le competenze tecniche necessarie all’esecuzione delle lavorazioni in essere negli altri stabilimenti italiani senza l’attuazione di interventi formatici, organizzativi, logistici e talmente costosi e complessi da compromettere l’efficiente svolgimento dell’attività aziendale, finendo per generare una situazione di squilibrio strutturale. Le ragioni per le quali la suddetta riduzione di organico riguarda in maniera esclusiva lo stabilimento di Napoli, e non altre unità produttive dell’azienda, sono di natura tecnico-produttiva e organizzativa”, ha spiegato la multinazionale che ha poi specificato che anche il ricollocamento delle tute blu presso lo stabilimento di Carinaro, in provincia di Caserta, non è attuabile perché “svolge attività del tutto diverse rispetto alla produzione di lavatrici di alta gamma. Risulta oggettivamente incompatibile con l’attuale situazione aziendale – si legge – l’applicazione dei criteri di scelta all’intero organico aziendale, e ciò in considerazione dell’infungibilità dei dipendenti addetti a tale sito rispetto al personale collocato presso le altre sedi della società”.

“La conferma dell’arrivo delle lettere – ha detto ad Askanews Giovanni Sgambati, segretario generale Uil Campania – non fa che esasperare una situazione già drammatica nell’area napoletana. E’ veramente odioso che non abbiano utilizzato le 13 settimane, con nessun costo per l’azienda, che avrebbero permesso di lavorare a una soluzione industriale per Napoli”. Il leader della Uil campana ha poi rivolto una critica a Confindustria: “Non si può pensare che le intese siano carta straccia. Non si possono non contrastare decisioni che non tengono conto delle persone, ma dei numeri. E’ da irresponsabili non svolgere un ruolo etico della responsabilità per i propri associati”, ha concluso Sgambati.

E.G.

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