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Home - Approfondimenti - Analisi - Una campagna della Ces per rafforzare i Cae

Una campagna della Ces per rafforzare i Cae

13 Maggio 2008
in Analisi

di Raffaella Vitulano – giornalista

La Confederazione europea dei sindacati (Ces) ha accolto con soddisfazione l’iniziativa della Commissione tesa a presentare un pacchetto sociale che include un tema molto importante per i lavoratori: la revisione della direttiva sui comitati aziendali europei (Cae). In occasione del 1° maggio, la Ces ha lanciato una campagna per Cae più forti, dato che sono organi importanti di rappresentanza dei lavoratori nell’ambito delle imprese. La Ces chiedeva da tempo una revisione della direttiva sui Cae. È il motivo per cui sosterrà vigorosamente il piano della Commissione che mira a rafforzarli, ribadendone l’importanza: i suddetti comitati, infatti, offrono a milioni di lavoratori in tutta l’Unione europea il diritto all’informazione ed alla consultazione sulle decisioni dell’impresa attraverso i loro rappresentanti. È un messaggio importante ricordato proprio in occasione della Festa dei lavoratori. La Ces ha pertanto lanciato una campagna destinata a garantire l’adozione della relativa legislazione essenziale entro la fine del 2008. Insiema alla Fondation Hans Böckler, ed in cooperazione con le Federazioni sindacali europee, la Ces organizzerà il 9 e il 10 giugno 2008 una conferenza dedicata ai Cae. A questa conferenza, i rappresentanti dei lavoratori nei comitati aziendali europei esamineranno esperienze pratiche che illustrano quanto sia urgente rivedere la direttiva in materia di Cae. Vediamone qualcuno, di questi casi.
Il database dell’Istituto Etui-Rehs evidenzia una tendenza all’aumento del numero di Società Europee (Se). Attualmente sono circa 113 le Se costituite in 17 paesi, 36 delle quali possono essere considerate come Se standard, ovvero società che svolgono attività commerciali e che hanno dipendenti. In 16 delle 20 Se con il più alto numero di effettivi è stato istituito un Comitato Aziendale della società stessa, mentre in 11 di queste i lavoratori sono rappresentati nei consigli (comitato di sorveglianza o consiglio d’amministrazione). Reiner Hoffmann, vicesegretario Generale della Ces responsabile del dossier, focalizza la sua attenzione su un caso, quello della Nokia, azienda finlandese produttrice di telefoni cellulari da sempre considerata un’impresa socialmente responsabile e che opera nel rispetto dei diritti dei lavoratori.

Già un anno prima della approvazione della direttiva comunitaria sull’istituzione dei Cae risalente al 1994 era stato creato l’”Euroforum”. Nel 2002 l’accordo fu addirittura migliorato andando oltre quanto stabilito dalla Direttiva, prevedendo non una, ma due riunioni all’anno da preparare e da seguire da parte di una commissione quattro volte all’anno. Naturalmente la società si faceva carico delle spese per gli esperti esterni e della formazione dei membri all’interno dell’Euroforum. La direzione di Nokia si è impegnata a diffondere le informazioni sulle prospettive future del gruppo, in particolare per quanto riguardava la produzione, l’occupazione, la redditività e la struttura dei costi. Come facilmente intuibile, tutto ciò comportava anche interventi sul numero di posti di lavoro. Avendo sottoscritto un tale accordo, è apparso alquanto difficile credere che l’impresa abbia improvvisamente annunciato il 15 gennaio 2008 la chiusura dello stabilimento tedesco di Bochume e la delocalizzazione di larga parte della produzione in Romania. Oltre al fatto che i rappresentanti dei lavoratori di Bochume facenti parte del Cae non sono stati informati con sufficiente anticipo, non sono nemmeno state convocate audizioni e consultazioni. I sindacati europei ritengono pertanto che si tratti di una palese violazione dei diritti dei lavoratori europei, sia in materia di Direttiva Cae, sia per quanto riguarda la direttiva comunitaria sui licenziamenti collettivi. Come se la violazione dei diritti dei lavoratori non costituisse già di per sé uno scandalo sufficiente, la direzione sostiene inoltre che lo stabilimento di Bochum non sarebbe redditizio, anche se in base ai dati economici il sito tedesco godrebbe di ottima salute, avendo generato nel 2007 un utile di 134 milioni di Euro, pari a 90.000 Euro per ciascun lavoratore. L’unico scopo della delocalizzazione sarebbe insomma quello di incrementare ulteriormente l’utile di alcuni punti percentuali. “Evidentemente la redditività è più importante del destino di migliaia di lavoratrici e lavoratori!” spiega Hoffman.  Il comitato di coordinamento Nokia della Federazione Europea dei Metalmeccanici (Fem) hanno richiesto alla direzione dell’impresa di ritirare la decisione di chiudere il sito e di avviare immediatamente una seria trattativa con l’Euroforum. “Questo caso di manifesta violazione dei diritti dei lavoratori da parte di una multinazionale costituisce una valida motivazione affinché la Ces riproponga esplicitamente la questione di un’immediata revisione della Direttiva Cae, accogliendo quindi positivamente l’annuncio della Commissione Europea di intervenire finalmente sulla questione”. Una delle richieste principali riguarda la necessità di procedere ad una più precisa definizione dei diritti di informazione e consultazione. L’informazione deve essere tempestiva e ampiamente diffusa, mentre la consultazione deve operare affinché le decisioni della direzione di impresa che comportino conseguenze di vasta portata non possano essere assunte senza avere proceduto alla consultazione con obbligo di accordo. “La revisione va avviata al più presto in modo da promuovere un rapido riesame della Direttiva; in particolare è necessario che le imprese considerino seriamente i lavoratori come cittadini attivi, sviluppando insieme a loro prospettive per un futuro sostenibile. Questa deve essere la base per la costruzione di una buona società europea!”, conclude il vicesegretario della Ces.


Ma il coinvolgimento dei lavoratori rappresenta un elemento chiave anche per il futuro della Basf. Dal 14 gennaio 2008 la Basf, società del settore chimico, opera come Società Europea con sede in Germania. Sulla base dell’accordo concluso in materia di coinvolgimento dei lavoratori, oltre 60.000 dipendenti in 22 Stati membri dell’Ue, Norvegia e Svizzera potranno accedere ad un livello estremamente elevato di diritti transnazionali all’informazione, alla consultazione e alla partecipazione. Il comitato di sorveglianza della nuova Se si comporrà di sei rappresentanti dei lavoratori della Basf su un totale di 12, provenienti dal comitato aziendale tedesco (3 membri) e dal comitato aziendale belga (1), mentre gli altri due componenti verranno nominati dai sindacati. Il “Basf Europa Betriebsrat” (Comitato aziendale della Se Basf) si è impegnato ad operare nell’interesse di tutti i lavoratori, e non soltanto di coloro che hanno nominato o eletto i propri rappresentanti a livello nazionale. In linea con la lunga tradizione di relazioni di partenariato sociale, i lavoratori hanno potuto sviluppare strumenti di alto livello che hanno garantito l’efficacia del Cae Basf. L’accordo sancisce che l’organo europeo debba essere informato in via prioritaria e abbia il diritto di organizzare riunioni a livello nazionale per garantire un flusso ottimale di informazioni. Inoltre, in caso di mancanza di una rappresentanza degli interessi locali o nazionali, il Comitato aziendale della Società europea Basf ha il diritto di rappresentare direttamente gli interessi dei lavoratori.


Sulla via della partecipazione anche la Francia. Un nuovo studio diretto da Aline Conchon ha rilevato che al dicembre del 2007 i rappresentanti dei lavoratori all’interno dei consigli di amministrazione di 160 imprese francesi erano 545. L’87% delle imprese privatizzate ha mantenuto questo livello di rappresentanza, sebbene il diritto francese non sancisca più tale obbligo dopo la privatizzazione. La Cfdt ha dal canto suo proceduto a una valutazione della situazione dei propri iscritti che siedono nei consigli delle imprese in qualità di rappresentanti dei lavoratori. Secondo lo studio, diretto da Marie Noelle Auberger, i rappresentanti si sentono isolati e non sufficientemente sostenuti dal proprio sindacato. È tuttavia evidente come nell’arco degli ultimi anni siano cresciuti all’interno del sindacato la consapevolezza e l’interesse nei confronti del lavoro svolto dai rappresentanti dei lavoratori all’ interno dei consigli.


La Francia non manca tuttavia di offrirci qualche notizia positiva sul fronte dei Cae. Il 16 gennaio 2008 la Corte Suprema francese ha infatti pronunciato la propria sentenza in merito all’appello presentato da Gaz de France contro la decisione che ha ordinato il rinvio della riunione del consiglio di amministrazione della società incaricato di esaminare la questione della fusione con Suez, in ragione del fatto che i rappresentanti europei dei lavoratori non erano stati sufficientemente informati e consultati. Nel corso di una riunione straordinaria tenutasi il 12 settembre 2007 il Cae Gaz de France aveva richiesto un nuovo processo di informazione e di consultazione adeguato al processo di fusione recentemente pianificato tra GdF e Suez, reso pubblico di recente e che prevede modifiche agli obiettivi finanziari. Nel corso di un’altra riunione straordinaria dell’ottobre del 2007 il Cae aveva manifestato la propria grave insoddisfazione nei confronti delle informazioni ricevute, citando le violazioni agli obblighi in materia di consultazione commesse nel recente processo e finite in tribunale, oltre al breve tempo concesso per valutare la documentazione ricevuta. In una risoluzione adottata all’unanimità in data 9 gennaio 2008 il Cae ha inoltre richiesto più tempo per esaminare la fusione con Suez, in ragione di nuovi aspetti recentemente emersi e mai precedentemente discussi in ambito di comitati aziendali europei. Tra le altre cose, il Cae richiede una perizia legale sul futuro Comitato aziendale, oltre ad un’analisi economica delle conseguenze della fusione relativamente alla struttura finanziaria con riferimento al riacquisto di azioni da parte di GdF per un importo pari a 1 miliardo di Euro.


Peggio sembrano invece andare le cose alla Unilever, compagnia anglo-olandese proprietaria di molti tra i marchi più diffusi nel campo dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e per la casa. In seguito all’annuncio da parte di Unilever di massicce ristrutturazioni, avviate senza informare e consultare i lavoratori, la Effat (la principale federazione europea di categoria) e la Emcef (federazione sindacale europea dell’energia, dell’industria mineraria e della chimica) hanno avviato una collaborazione con il Cae Unilever con l’obiettivo di organizzare una risposta concertata. Il 4 dicembre si è tenuta una riunione dei rappresentanti europei dei lavoratori seguita da una manifestazione tenutasi a Rotterdam nelle vicinanze della sede della società. Gli eventi si sono concentrati sulla lotta per la protezione dei posti di lavoro alla Unilever e dei diritti dei lavoratori. La manifestazione, con la partecipazione di oltre 700 rappresentanti dei lavoratori provenienti da 16 paesi, si è conclusa con la presentazione di rivendicazioni comuni. Gli eventi sono stati organizzati come reazione alla strategia dell’impresa incentrata sulla cessione delle filiali e la chiusura di stabilimenti redditizi. Tale strategia è causa di forti preoccupazioni per i lavoratori, dato che gli utili generati non vengono reinvestiti nelle altre società, ma vengono utilizzati per sostenere il prezzo delle azioni tramite dividendi e operazioni di riacquisto. Nonostante si preveda un taglio di 12.000 posti di lavoro nella sola Europa, il Comitato aziendale Europeo Unilever non è stato consultato o informato su quali sarebbero i posti di lavoro a rischio. Nel frattempo i tagli sono già partiti con la preannunciata chiusura di tre stabilimenti in Olanda; anche in questo caso il Cae non è stato né informato né consultato, nonostante sia stata prevista la delocalizzazione della produzione verso altri paesi europei. Effat e Cae hanno già richiesto un parere legale e ulteriori misure sono attualmente in fase di studio.

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