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Home - Approfondimenti - Interviste - Di Maulo, gli accordi su artigianato e credito sono ingannevoli

Di Maulo, gli accordi su artigianato e credito sono ingannevoli

di Emanuele Ghiani
8 Aprile 2020
in Interviste
Di Maulo, gli accordi su artigianato e credito sono ingannevoli


Il diario del lavoro ha chiesto al segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, quali sono le azioni che il suo sindacato sta mettendo in campo per affrontare la crisi e qual è il suo giudizio sui recenti provvedimenti del Governo e dei sindacati confederali. Per il segretario, alcuni accordi nascondono delle insidie, come la convenzione sul credito e l’accordo sulla cassa integrazione artigiani.

Di Maulo, quali problematiche state affrontando in questi giorni?

Stiamo realizzando dei protocolli finalizzati a una ripresa del lavoro più serena possibile. Anche se la serenità in sé sarà complicata ottenerla. Questi protocolli li applicheremo a realtà industriali come Fca, Cnh Industrial e Marelli, dove in particolare stiamo predisponendo un percorso di formazione da effettuare prima della ripresa delle attività, che sarà comunque graduale.

In cosa consiste questa formazione?

Dal primo giorno di rientro in fabbrica, i lavoratori saranno istruiti rispetto alle nuove norme di sicurezza previsti dalle recenti disposizioni sanitarie. Quindi come si lavano le mani, i guanti, le attrezzature al cambio turno, come si evitano gli assembramenti, quali sono i percorsi da seguire per evitarli e così via. È un protocollo più raffinato dei primi testi di Cgil, Cisl, Uil e del Governo. Queste misure servono anche a evitare il senso di abbandono del lavoratore appena rientrato dal lockdown, che potrebbe trovarsi spaesato se non ci fossero queste linee guida che lo mettano in condizione di lavorare in sicurezza e quindi tranquillità.

Il Governo come sta affrontando questa emergenza?

Bene, il governo è intervenuto con rapidità per coprire con la cassa integrazione in deroga anche i piccoli settori, stanziando 10 miliardi sui 25 complessivi previsti. Questo provvedimento va nella giusta direzione, permettendo alle piccole e medie aziende di avere un respiro finanziario importante. Altri provvedimenti però sono stati una grossa delusione.

Per esempio?

La convenzione firmata da Cgil, Cisl, Uil e Abi per l’anticipazione bancaria per l’integrazione salariale. È stato propagandato come un grandissimo risultato. Ma è una truffa.

Perchè?

Per accedere a queste risorse, bisogna aprire un conto corrente apposito. Bisogna dare in garanzia Tfr, ferie e cosi via. Il lavoratore deve rispondere in solido al prestito ricevuto e se non è possibile ne risponde l’impresa. Invece di aiutarli, i lavoratori vengono sommersi di debiti per i prossimi anni.

Ma la banca anticipa le risorse che l’Inps al momento non è in grado di fornire con rapidità. Quindi non è un prestito giusto?

Una via di mezzo, in realtà è un anticipo a titolo oneroso, ma non si capisce bene quali sono gli interessi da pagare. Nell’accordo c’è scritto solo che saranno interessi “bassi”, ma che significa? Penso che il tasso di interesso lo decideranno le singole banche che aderiranno alla convenzione.

La leader della Cisl, Annamaria Furlan, aveva spiegato che il lavoratore è esentato dal pagamento di oneri e interessi.

La segretaria Furlan ha sottolineato un punto apparentemente molto bello, peccato che non è esattamente così. Se una persona si reca in banca ad aprire un conto corrente, è evidente che non è gratuito, dato che ci sono dei costi da pagare.

La maggioranza dei lavoratori avrà un conto corrente, ad esempio il conto utilizzato per ricevere lo stipendio, quindi saranno pochi i casi di questo genere.

Purtroppo non è cosi, e capisco che può sfuggire questo particolare: bisogna aprire un conto corrente “apposito”, quindi uno nuovo. Questo significa non solo nuove spese ma anche uscire di casa per andare fisicamente in banca.

Non si potrebbe aprire il conto on-line?

Certo, ma la percentuale di famiglie senza computer, secondo l’istat, supera il 41% solo nel Mezzogiorno e per queste persone sarà un problema, con tutti i pericoli sanitari connessi che questo comporta.

Riguardo alle garanzie, prima ha detto che sono necessari il Tfr oppure le ferie per ricevere gli ammortizzatori sociali. Ma la convenzione prevede che sia l’Inps a garantire questi importi.

È vero, ma le banche non si fidano dell’Inps; infatti stanno chiamando in solido il lavoratore e il datore di lavoro, non l’Inps come dovrebbe essere. Anche il recente titl del sistema informatico non ha rassicurato molto le banche sull’affidabilità dell’Istituto. Quindi, se l’azienda sbaglia a compilare la pratica, ed è sufficiente non riempire bene i moduli e su questo i consulenti sono bravi a non farlo, paga in solido e deve il corrispettivo alla banca. Oppure se la richiesta viene rifiutata perché è stata male impostata, il lavoratore deve restituire gli eventuali 1.400 euro più gli interessi. Ovviamente una volta che l’Inps versa i soldi alla banca, il problema scompare e rimarrebbero solo i costi di gestione del nuovo conto.

Ci sono altri provvedimenti che considera deludenti?

Si, per esempio la circolare 47 del 28 marzo firmata dai sindacati e il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo; il testo regola anche la cassa integrazione in deroga per gli artigiani. Le spiego come funziona: per accedere a questi ammortizzatori sociali, gli artigiani sono obbligati a iscriversi a un Fondo, quindi l’Inps non eroga direttamente le risorse. Questo Fondo si chiama FSBA, cioè Fondo di solidarietà bilaterale degli artigiani, di natura privatistica e contrattuale, ed è costituito e gestito da Confartigianato, CNA e dai sindacati Cgil, Cisl e Uil. Inoltre l’artigiano deve essere iscritto a questo Fondo da almeno tre anni per ricevere la cassa integrazione, ma è comunque possibile iscriversi anche oggi. E qui arriviamo al problema: gli artigiani non iscritti devono pagare i tre anni di arretrati se vogliono accedere alla cassa integrazione in deroga.

Quanto costano i tre anni di arretrati?

Le imprese devono versare 125€ l’anno per ogni lavoratore. Ma come si può pensare di erogare i soldi dello Stato attraverso un Fondo di natura volontaria?

La circolare però non specifica l’obbligo di pagare gli arretrati al Fondo Fsba.

Si infatti, la Catalfo non ha previsto questo. È scritto molto chiaro. Ecco perchè è il momento di fare un esercizio di immaginazione: per un momento proviamo a metterci nei panni di un artigiano che oggi prova a chiamare al telefono la FSBA per chiedere l’accesso alla alla cassa integrazione, senza essere ancora iscritto al Fondo. Gli risponderanno subito che “deve” pagare i tre anni di arretrato.

L’artigiano non può sottolineare il fatto che la loro richiesta non è legittima, dato che il ministero non prevede questo obbligo?

Certo, può lamentarsi, ma non gli processano la pratica.

Qui si scivola sull’illegalità, l’artigiano non può denunciare?

Si, potrà farlo, dovrà solo aspettare che i tempi della giustizia italiana, molto rapidi com’è noto, facciano il proprio corso. Nel frattempo, non saprei cosa altro possa fare un artigiano in questa situazione, senza soldi, senza lavoro, in un periodo di crisi da dopo-guerra. Nel 90% dei casi non riapriranno la saracinesca. Noi come Fismic abbiamo fatto delle denunce pubbliche, abbiamo scritto alla Catalfo, ai funzionari, per sollecitarli a intervenire e a scrivere al Fondo di non permettersi di fare queste porcherie. È una pratica illegittima, una truffa, insomma in termini tecnici stanno rubando soldi.

Ultima domanda: gli Eurobond proposti dal Governo all’Europa sono la soluzione giusta?

Se termina questa discussione infinita sarebbe meglio; ci sono altri strumenti già pronti con risorse enormi da poter utilizzare subito, come il Sure e la Bei. Basterebbe potenziare questi strumenti e il resto è già pronto all’uso. Il problema degli Eurobond è che non esistono ancora, quindi ci vorrebbero mesi o anni per scrivere, a livello europeo, un documento condiviso che regoli questi strumenti. Infine, non dimentichiamo i miliardi di euro che la presidente della Bce Christine Lagarde sta per mettere in campo, dato che il 60% è destinato all’Italia e Spagna. Quindi una strada c’è, e non sarebbe neanche molto stretta.

Emanuele Ghiani

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Emanuele Ghiani

Emanuele Ghiani

Redattore de Il diario del lavoro.

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