La Slc Cgil di Taranto ha scoperto e denunciato alla procura della Repubblica che in un call center del capoluogo pugliese i lavoratori vengono retribuiti con un bonifico di 92 euro per un mese di lavoro, con tagli alla retribuzione in caso di assenza anche di soli tre minuti dalla postazione e con la conseguenze che i compensi scendevano anche fino a 33 centesimi l’ora.
“Stiamo valutando con i nostri avvocati la possibilità di applicare la legge anti-caporalato anche a questo contesto – ha spiegato Andrea Lumino,segretario generale della Slc Cgil Ionica – perché in termini di paga e trattamenti ci sono le stesse condizioni”.
Lumino aggiunge che un annuncio su un sito web parlava di una azienda di Lecce con sede a Taranto, che offriva 12mila euro all’anno. “La realtà non solo era differente, ma superava di gran lunga ogni possibile immaginazione. Dopo un periodo di lavoro iniziato a metà ottobre e terminato a dicembre, le lavoratrici hanno scelto di licenziarsi. In busta paga avevano ricevuto il primo allucinante bonifico di appena 92 euro per un intero mese di lavoro”.
Alle loro rimostranze, “l’azienda ha risposto che lasciando il posto per andare al bagno anche per un ritardo di tre minuti non poteva riconosceva la retribuzione oraria” ha aggiunto Lumino che ha spiegato di aver calcolato l’effettiva paga e il risultato è stato di 33 centesimi di euro l’ora.
“Quello del call center è un settore malato – denuncia il sindacalista -: leggi sfavorevoli, aziende che andrebbero controllate addirittura dall’antimafia e dove i grandi committenti, come ad esempio Fastweb, pensano solo al massimo risparmio, disinteressandosi dell’ovvio e conseguente sfruttamento di chi lavora, l’anello più debole della catena.”
“Noi continuiamo a stare al fianco di questi anelli deboli e se Fastweb non interverrà immediatamente lo riterremo corresponsabile di questa situazione: quello che hanno subito queste donne non deve essere considerato lavoro e questi call center vanno chiusi.”
“Le istituzioni si schierino al nostro fianco – ha aggiunto il sindacalista – e firmino il protocollo sulla legalità per i call center che abbiamo proposto lo scorso mese: non è più in ballo solo il rispetto di un contratto, ma la dignità di esseri umani e di una intera comunità. Queste donne sono state trattate allo stesso modo in cui sono state trattate le lavoratrici sfruttate nei campi e quindi, come prima cosa, lotteremo perché la legge che punisce i caporali possa finalmente essere estesa anche al settore dei call center”.
E.M.


























