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Home - Approfondimenti - Analisi - Per chi brilla Stellantis?

Per chi brilla Stellantis?

di Fausto Durante
20 Aprile 2021
in Analisi
A maggio immatricolazioni in Ue a +0,1%

Lo scorso 14 aprile il quotidiano francese Le Figaro ha pubblicato una interessante intervista congiunta di Bruno Le Maire e Carlos Tavares, rispettivamente ministro dell’Economia nel governo francese e amministratore delegato del gruppo Stellantis, nato dalla fusione tra Psa e Fca, cioè dalle aggregazioni industriali costituitesi nel corso degli scorsi anni attorno a Peugeot e Fiat. Al centro dello scambio di opinioni tra i due partecipanti vi sono state le sfide dell’auto di domani, la trasformazione tecnologica e i mutamenti industriali, la strategia sui veicoli elettrici e sui sistemi di propulsione del futuro, le gigafactories per le batterie di nuova generazione. Probabilmente è utile, considerando la rilevanza del settore automotive nel nostro paese (oltre un milione di addetti e un fatturato pari a circa il 20% del Pil), approfondire i passaggi più importanti della conversazione.

Senza dubbio colpisce l’enfasi del titolo con cui il giornale ha presentato l’intervista: “La Francia è e resterà una grande nazione dell’auto”. Ma, al netto della spiccata tendenza transalpina allo sciovinismo, per noi il motivo di allarme è che nel corso dell’intervista l’amministratore delegato di Stellantis – che, a rigor di logica, non dovrebbe essere considerata una azienda a guida francese come la vecchia Peugeot, ma un gruppo nato attraverso la fusione con quella Fiat che, nel bene e nel male, ha incarnato la capacità industriale italiana nel settore auto – ha riservato scarsi o nulli commenti all’Italia e alla sua industria dell’auto. Un settore che quanto a competenza delle maestranze, vivacità della capacità progettuale, propensione all’innovazione tecnologica, eccellenza nella componentistica, vocazione all’export, rappresenta uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana. Ha avuto perfettamente ragione, quindi, la prima cittadina di Torino Chiara Appendino a segnalare in una lettera aperta indirizzata al governo italiano e al premier Mario Draghi la sua preoccupazione per l’assenza dei riferimenti all’Italia nel ragionamento pubblico del numero uno di Stellantis.

Ad inizio intervista, tiene banco la situazione dello stabilimento di Douvrin, nella Francia del nord al Pas de Calais, un sito con lavoratori in agitazione a causa dello spostamento in Ungheria di una produzione di motori. A domanda precisa sulle prospettive del sito, il patron di Stellantis non solo rassicura la Francia circa la continuità produttiva della storica fabbrica Française de Mécanique di Douvrin, ma traccia la strada della strategia della propulsione del futuro, nel percorso del gruppo automobilistico verso la mobilità sostenibile e l’elettrificazione dei nuovi modelli. Douvrin, dice Tavares, è destinata ad un avvenire radioso perché, per un motore termico prevedibilmente prossimo alla fine vita che si sposta in Ungheria, lì a Douvrin sarà costituito uno dei poli di Stellantis per la catena della trazione elettrica, “che rappresenta svariati miliardi di euro di investimenti industriali e di ricerca e sviluppo in Francia”. Douvrin diventa quindi uno degli esempi della trasformazione industriale in corso nell’industria automobilistica, orientandosi dalla produzione di motori tradizionali a quelli per la trazione elettrica, nuovo orizzonte strategico nella eco-mobilità di domani.

Del resto, continua Tavares, per Douvrin come per altri siti produttivi in Francia, si tratta di un gigantesco processo di ritorno di produzioni in patria: batterie, motori elettrici, sistemi di trasmissione “che rappresentano da soli il 35% del valore di un’auto e che noi non importeremo più dall’Asia”. A Douvrin, inoltre, nel più generale quadro del progetto ACC, si sta costruendo la gigafactory dove nel 2023 comincerà la produzione di batterie elettriche, frutto di un progetto da 5 miliardi di euro di Peugeot e Total, con il sostegno dei governi francese e tedesco e della regione Hauts-de-France. È il caso di ricordare qui che una seconda gigafactory verrà costruita a Kaiserslautern, in Germania, con le produzioni in avvio nel 2025. Sempre a Douvrin verrà realizzato il nuovo motore a benzina EB di terza generazione, compatibile con gli standard per le emissioni definiti in sede europea e destinato a parte dei futuri modelli dei diversi marchi del gruppo Stellantis.

Tranquillizzato dalle rassicurazioni sul mantenimento di produzioni e livelli occupazionali, il ministro Le Maire conferma che il progetto aziendale per Douvrin, oltre che per altri siti ex Peugeot come Metz o Trémery, si inserisce perfettamente nel programma da 8 miliardi di euro che il presidente francese Emmanuel Macron aveva annunciato ad inizio dell’emergenza Covid-19, per accompagnare il processo di trasformazione dell’industria francese dell’auto. Uno dei pilastri del programma di Macron era, appunto, il reshoring ossia la rilocalizzazione entro i confini nazionali di produzioni prima fatte all’estero. È, dunque, più che giustificato il sollievo del ministro Le Maire che, ampliando il ragionamento alle altre case costruttrici francesi a partire da Renault, caldamente invitata a partecipare anch’essa al progetto ACC delle batterie elettriche, enfatizza il valore della strategia di respiro nazionale per un settore importante come quello dell’auto. Nel prosieguo della conversazione, Le Maire annuncia la convocazione per il prossimo 26 aprile di una riunione con tutti i produttori francesi per discutere di come proseguire il cammino della transizione ecologica e digitale dell’industria dell’auto e di come insistere sulle scelte innovative per l’insieme del settore nel paese, compresa la filiera della componentistica. Per Le Maire, l’intervista è stata l’occasione per illustrare la strategia globale sull’auto francese come azione di un governo che, nel caso di Stellantis, è anche presente nella compagine azionaria in quanto già detentore di azioni Psa.

Il giorno successivo alla pubblicazione dell’intervista a Le Figaro, si è svolta l’assemblea degli azionisti di Stellantis, per adempiere ad obblighi societari. Nell’occasione, Carlos Tavares ha enunciato gli obiettivi aziendali riguardo la mobilità elettrica, affermando che entro il 2025 tutti i modelli in vendita in Europa dovranno avere una versione elettrica o ibrida plug-in. Per lo stesso anno la previsione è di vendere almeno il 38% di veicoli elettrici, percentuale che sempre nelle previsioni salirà al 70% nel 2030. Tavares ha anche annunciato la realizzazione di un’altra fabbrica di batterie negli Stati Uniti d’America e ha accennato alla possibilità di una ulteriore gigafactory in Europa, senza entrare nei dettagli sulla possibile localizzazione.

È un fatto che in Italia stiano crescendo i timori sugli effetti della nascita di Stellantis per le fabbriche ex Fiat, per la nostra componentistica e per l’insieme del settore automotive. Al riguardo, i primi annunci di Tavares sui maggiori costi di gestione degli stabilimenti italiani rispetto a quelli francesi non sono stati certo incoraggianti. Ma ora aumenta l’inquietudine per le possibili sovrapposizioni tra gli impianti produttivi, viste le numerose analogie nelle caratteristiche di marchi e modelli in un gruppo che comincia ad avere una offerta alquanto variegata, forse al di là della sostenibile tenuta industriale ed economica. Rispetto alla componentistica, è probabile che Faurecia, gigante dell’industria dei componenti con sede in Francia e con circa 130.000 dipendenti nel mondo, controllata prima da Peugeot e ora da Stellantis, assuma un ruolo di leadership e di primo riferimento per la fornitura, fatto che metterebbe in crisi quelle aziende italiane della componentistica che negli anni recenti non hanno differenziato e hanno continuato ad avere Fca come cliente unico. Ma più in generale, è l’Italia come sistema ad apparire più debole rispetto alla Francia nel processo di integrazione di Stellantis. Come scriveva giustamente Paolo Bricco in un articolo per Il Sole 24 Ore del 18 aprile, nella competizione tra gli stabilimenti quelli italiani appaiono in difficoltà rispetto a siti similari in Francia e nel resto d’Europa. Così come è in difficoltà un assetto industriale nazionale che oggi produce meno di 500.000 auto all’anno, numero che – come testimoniato dai soggetti industriali attivi nella componentistica nella stessa edizione del giornale economico sopra citato – dovrebbe essere ben più del doppio per garantire la tenuta dell’apparato industriale nel settore. La nostra difficoltà è confermata dal fatto che in Italia i progetti sinora presentati per la realizzazione di grandi impianti per la costruzione di batterie elettriche non appaiono dotati della solidità indispensabile dal punto di vista industriale come finanziario.

Infine, una modesta proposta. Quanto sta avvenendo richiederebbe anche per l’Italia un programma di sostegno, di sviluppo e di trasformazione dell’automotive, come parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza in corso di definizione. Per il paese sarebbe una buona notizia sapere che il presidente del Consiglio dei ministri e il ministro dello Sviluppo Economico ci stanno pensando.

Fausto Durante

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