“La Cgil esprime soddisfazione per la decisione della Commissione Europea che richiama di nuovo il nostro Paese a rimuovere le previsioni discriminatorie relative ai requisiti necessari per avere diritto all`Assegno Unico Universale. Lo sosteniamo da quando è stata varata la misura: richiedere la residenza da almeno due anni in Italia porta all`esclusione di tanti cittadini, comunitari e non”. Lo dichiarano le segretarie confederali della Cgil Daniela Barbaresi e Maria Grazia Gabrielli, che commentano così il parere motivato inviato nei giorni scorsi all`Italia dalla Commissione, secondo cui “questa normativa viola il diritto dell’UE, in quanto non tratta i cittadini dell’UE in modo equo, e pertanto si qualifica come discriminazione”, e in cui si ricorda che “il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta inoltre qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale”. Parere che fa seguito a una lettera di costituzione in mora inviata all’Italia nel febbraio 2023 a cui il Governo ha risposto, inadeguatamente per la Commissione, a giugno scorso.
Le dirigenti sindacali si soffermano poi su un`altra richiesta avanzata all`Esecutivo fin dall`introduzione dell`AUUF, ossia “di individuare soluzioni normative che potessero coniugare la necessità di utilizzare l`Isee per garantire una modulazione degli importi in base alla effettiva situazione economica della famiglia con quella di non penalizzare i cittadini, comunitari e non comunitari, con figli residenti all`estero. Ribadiamo, peraltro, che le previsioni vigenti appaiono incompatibili con gli accordi bilaterali esistenti con alcuni paesi che prevedono il diritto agli `assegni familiari` e che non sono stati oggetto di recepimento da parte della misura che li ha sostituiti”.
“Siamo sconcertati per l`inadeguatezza o l`assenza di giustificazioni finora addotte dal Governo, e auspichiamo che risponda al più presto al richiamo della Commissione”, concludono Barbaresi e Gabrielli, che ricordano come l`Italia ora abbia due mesi per rispondere e adottare le misure necessarie, trascorsi i quali il caso potrà essere deferito alla Corte di giustizia dell`Ue.
E.G.



























