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Home - Approfondimenti - La nota - Cgil Roma e Lazio e Stampa Romana insieme per il referendum: “ai giornalisti chiediamo un’informazione puntuale, libera da ideologie”

Cgil Roma e Lazio e Stampa Romana insieme per il referendum: “ai giornalisti chiediamo un’informazione puntuale, libera da ideologie”

di Tommaso Nutarelli
31 Marzo 2025
in La nota, Spazio Referendum
Cgil Roma e Lazio e Stampa Romana insieme per il referendum: “ai giornalisti chiediamo un’informazione puntuale, libera da ideologie”
https://www.ildiariodellavoro.it/wp-content/uploads/2025/03/referendum.mp4

Partirà l’11 e il 12 aprile da Milano la campagna referendaria della Cgil in vista dell’8 e 9 giugno.  Poco più di due mesi al voto nei quali i comitati referendari si mobiliteranno con diverse iniziative nei territorio e nei luoghi di lavoro. Ma un primo assaggio di come sarà strutturata la campagna dal sindacato di Corso d’Italia si potrà avere già sabato 5 aprile. “In quella data – ha detto Natale Di Cola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio, nel corso di un’iniziativa con l’Associazione della Stampa Romana per sensibilizzare i mezzi di informazione in vista del referendum, – i comitati inizieranno a spiegare ai cittadini e ai lavoratori le ragioni del sì. Legalmente la campagna partirà il 25 aprile, ossia 45 giorni prima del voto. Una data simbolo, per noi molto importante, perché ricorre anche l’80esimo anniversario della Liberazione”.

“Ogni singolo comitato potrà poi promuovere momenti di formazione, approfondimento e discussione, mettendo assieme chi è a favore ma anche chi la pensa diversamente. Soprattutto nel mese di maggio, quando si intensificheranno le iniziative pubbliche, dovremo andare a un “corpo a corpo” coi cittadini per portarli al voto e costruire quella grande rete di migliaia di attivisti che si mobiliteranno negli ultimi giorni e che saranno nei seggi in rappresentanza dei comitati”.

“I nostri referendum guardano al futuro e alle nuove generazioni. Sono una battaglia di civiltà che vuole rendere il lavoro tutelato, dignitoso e sicuro. Vogliamo così aggredire i grandi mali del mondo del lavoro nel quale i lavoratori non sono più liberi se il proprio datore li può licenziare senza nessun deterrente, funzione svolta per anni dall’articolo 18. Su 100 contratti 85 sono a tempo determinato e i restanti magari subiscono un part time involontario. È chiaro che se il mio lavoro è legato a una data di scadenza non c’è avanzamento salariale e professionale. Sulla questione degli appalti e della sicurezza– ha proseguito Di Cola – gli organi di informazione possono essere molto importanti nel sensibilizzare l’opinione pubblica. Il sistema produttivo ha scelto gli appalti per ridurre i diritti dei lavoratori e colpire i sindacati che firmano i contratti maggiormente rappresentativi. Anche le morti sul lavoro non stanno diminuendo. Solo nella nostra regione sono morte 107 persone lo scorso anno, e i dati dimostrano che più il lavoro è precario più sale il rischio di infortuni e incidenti mortali”.

“Chiediamo – ha aggiunto il sindacalista – che i giornalisti facciano la loro parte raccontando e spiegando i quesiti referendari, sgomberando anche il campo dalle fake news in particolare sul quinto quesito, che non abbiamo promosso ma che appoggiamo, quello in merito alla cittadinanza, che dicono che incrementerà l’immigrazione illegale. Si tratta, invece, di una norma di civiltà, riducendo il tempo per ottenerla ( la cittadinanza ndr) da 10 a 5 anni, in linea con gli altri paesi europei”.

“Sosteniamo i referendum perché sono una battaglia di civiltà, in particolar modo per ripristinare per tutti l’articolo 18, una fortezza per i diritti dei lavatori, che progressivamente è stata smantellata, tanto che chi è stato assunto dopo il 2015 non ha più il reintegro anche in caso di licenziamento illegittimo”. Così Stefano Ferrante, segretario dell’Associazione Stampa Romana.

“È importante dare spazio e offrire la giusta informazione al referendum che prova a invertire una tendenza negativa per il nostro mercato del lavoro che ha tra i salari più bassi. Così come non si sta dando la giusta attenzione a intere categorie di lavoratori che stanno lottando per rinnovare il proprio contratto. In questo paese non si valorizza lavoro e chi lavora ma la grande rendita finanziaria, e quindi anche i grandi proprietari dei multimedia che non hanno interesse a dare spazio ai referendum”.

“Da anni assistiamo a un arretramento dei diritti dei lavoratori, e questo con i governi di ogni colore e orientamento. Ci è stata proposta una falsa contrapposizione – ha continuato Ferrante – tra diritti del lavoro e diritti sociali. Se i lavoratori sono più deboli i diritti sociali arretrano e tutta la società funziona meno. Ricordiamoci che tramite i referendum sono stati fatti grandi passi avanti nel nostro paese. Il referendum è stato messo in un cono d’ombra e anche la democrazia rappresentativa ha perso smalto”

“Facciamo un  appello – ha concluso Ferrante – alla coscienza professionale dei colleghi che diano il giusto spazio, non di propaganda, ma di conoscibilità dei temi che sono sul tavolo con questi referendum affinché le persone possano farsi un’idea. La grande crisi di questo paese è una crisi di opinione pubblica. E quando questa viene meno anche chi fa informazione deve porsi qualche domanda”.

Raffaele Nardoianni, avvocato e consulente legale del sindacato dei giornalisti, ha sottolineato la necessità di un’informazione puntuale e dettagliata per rendere intellegibili le questioni al centro dei referendum, che sono molto tecniche e presuppongono conoscenze altrettanto tecniche per una loro piena comprensione. “Il principio che è passato con il Jobs Act è che ogni rapporto di lavoro ha un prezzo. La Corte Costituzionale è intervenuta con più pronunce, in primo luogo alzando il numero delle mensilità in caso di declaratoria di illegittimità del licenziamento, e non tenendo conto solo dell’anzianità per l’erogazione delle mensilità stesse. Cosi come la Corte ha imposto il reintegro al lavoratore quando il fatto che sta alla base del licenziamento viene considerato insussistente”.

Per Nardoianni rimane però aperto un punto che riguarda i licenziamenti collettivi. “Davanti a chiari vizi di forma nella lettera di licenziamento, per chi è stato assunto prima del 2015 c’è stato il reintegro e solo un compenso pecuniario attraverso la mensilità per chi è stato assunto dopo. Quello che vogliamo è che ci sia un trattamento uniforme”.

“Sul quesito relativo ai contratti a termine ci sono stati tanti interventi. Oggi possiamo assumere una persona senza nessuna giustificazione purché la durata del contratto sia inferiore a un anno.  Nel caso si vada oltre – ha illustrato Nardoianni – sono previste delle causali che però sono molto legate all’iniziativa soggettiva delle parti, ossia lavoratore e dotare, senza il filtro del sindacato. E quindi l’obiettivo del referendum è di ridurre la precarietà e riportare la contrattazione collettiva al centro per limitare la discrezionalità nel ricercare le causali”.

Più problematico per il consulente legale è il terzo quesito che chiede di estendere le sanzioni alle piccole imprese in caso di licenziamento illegittimo. “La legge 108 del 1990 aveva introdotto delle tutele per le piccole imprese anche tenendo conto delle loro specificità. Qualora si arrivasse all’abrogazione potrebbero esserci delle sentenze da parte dei tribunali difficilmente sostenibili dalle aziende con pochi dipendenti”.

Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro “devono esserci delle norme che non liberalizzano ma che anzi riportano in capo al committente la responsabilità quando ci sono degli appalti. E per la cittadinanza – ha concluso – si tratta di adeguare la nostra normativa con quella europea”.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

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Giornalista de Il diario del lavoro.

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