La Corte dei Conti non ha ammesso al visto e alla conseguente registrazione la delibera del Cipess dello scorso 6 agosto sul Ponte sullo Stretto di Messina. La decisione è stata assunta dalla Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte, all’esito della Camera di consiglio. Le motivazioni, in corso di stesura, saranno rese note con apposita Deliberazione entro 30 giorni.
A stretto giro è giunta la risposta del vicepremier e ministro responsabile di Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini. “La decisione della Corte dei Conti è un grave danno per il Paese e appare una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico”, ha affermato. “In attesa delle motivazioni, chiarisco subito che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora visto che parliamo di un progetto auspicato perfino dall’Europa che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro da sud a nord. Siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili per far partire i lavori. Andiamo avanti”.
Altrettanto rapida e non meno dura la replica del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “È l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento. Per avere un’idea della capziosità, una delle censure ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer”. “La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all’approvazione, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo – ha aggiunto la premier – sostenuta dal Parlamento”.
Il governo potrà comunque procedere. In caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei conti, l’amministrazione può infatti chiedere un’apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso. In questo caso la Corte dei conti pronuncia a Sezioni riunite, le quali, ove non ritengano venute meno le ragioni del rifiuto, ordinano la registrazione dell’atto e vi appongono il visto con riserva. L’atto registrato con riserva acquista piena efficacia, ma può dare luogo ad una responsabilità politica del governo, e la Corte può trasmettere periodicamente al Parlamento l’elenco degli atti registrati con riserva.
Per la Cgil, la decisione è “la prova definitiva di ciò che denunciamo da mesi: dietro la propaganda del ‘fare’, il governo Meloni e il ministro Salvini nascondono un clamoroso fallimento di legalità, trasparenza e competenza”.
Per il segretario confederale della Cgil, Gino Giove, la risposta dell’esecutivo è “inaccettabile: non sono le toghe a bloccare il Paese, ma l’inadeguatezza di chi governa, e ignorare i rilievi della Corte per pura ostinazione politica significherebbe trasformare un errore amministrativo in un danno certo per lo Stato”.
“La Corte – sostiene il dirigente sindacale – ha smontato pezzo per pezzo la narrazione trionfale del governo: una procedura Iropi priva di firme e di responsabilità; un progetto vecchio di quindici anni riesumato senza una nuova gara, in violazione delle norme europee; documenti errati e schede di costo incomplete; un progetto esecutivo inesistente e una spesa che rischia di superare i 20 miliardi, altro che 13, tutti a carico dei cittadini. In più – aggiunge – l’opera viola la Direttiva Habitat e prevede di costruire un pilone su una faglia sismica dove perfino gli enti italiani dicono che non si può costruire. E tutto questo non per risolvere i problemi reali del Sud, ma per alimentare un mito politico buono solo per i comizi”.
Secondo Giove “il governo, invece di rispondere nel merito, reagisce come sempre, attaccando chi osa controllare e scaricando le proprie colpe sulla magistratura contabile, il vecchio trucco del potere che quando non ha argomenti trasforma la critica in persecuzione. Ed è inquietante che la Premier proponga una riforma punitiva contro la magistratura contabile, come se la legalità fosse un ostacolo e non un dovere. Così – denuncia il segretario confederale della Cgil – si scivola verso una concezione autoritaria del potere, dove chi governa vuole decidere tutto, senza che nessuno possa chiedere conto degli errori”.
“Alla luce di quanto riportato in queste ultime ore da organi di stampa, secondo cui il governo starebbe valutando di procedere ‘con riserva’ per far partire comunque i lavori”, per la Confederazione “saremmo di fronte a un fatto gravissimo, che attiverebbe il contratto con la società concessionaria senza le necessarie garanzie giuridiche e contabili, esponendo il Paese a rischi enormi di esborsi economici e contenziosi miliardari”.
“Il governo – ribadisce – deve fermare questa follia e fare un passo indietro. Attendiamo le motivazioni scritte e valuteremo i prossimi passi utili per tutelare l’interesse collettivo contro ogni spreco di risorse pubbliche, già avvenuto e futuro. Risorse che – sottolinea Giove – vanno impiegate per modernizzare davvero la Sicilia e la Calabria, per l’acqua nelle case 24 ore su 24, per infrastrutture funzionanti, lavoro stabile e di qualità, e per politiche industriali vere per fermare la desertificazione produttiva che costringe i giovani ad abbandonare le loro terre”.
“Con il ritiro del progetto si recuperano immediatamente 4 mld della legge di bilancio in discussione, da destinare alle infrastrutture veramente strategiche per il Paese, su parte delle quali è invece già calata la scure dei tagli. Solo così – conclude – si creano decine di migliaia di posti di lavoro veri, non quelli che Salvini si continua a inventare”.


























