“In un momento storico in cui le grandi opere pubbliche rappresentano l’unico vero traino per la crescita economica italiana, il mancato o insufficiente finanziamento per la compensazione del caro materiali è una scelta miope e pericolosa”. A dichiararlo Mauro Franzolini, segretario generale della Feneal-Uil, che si unisce all’allarme lanciato in questi giorni dai costruttori. La produzione industriale, sostiene il sindacato, è in difficoltà da tempo e l’edilizia è il motore del lavoro nel nostro Paese. “Se al taglio degli incentivi fiscali nel comparto privato aggiungiamo questa ulteriore stangata rischiamo davvero la paralisi del settore con l’aggravante di non portare a compimento le opere del PNRR.”
“Il caro materiali non è una richiesta di maggiore guadagno da parte delle imprese – spiega il segretario – ma la constatazione che i costi dei materiali e dell’energia sono esplosi ben oltre i prezzi stabiliti nelle gare d’appalto spesso risalenti ad anni precedenti”. Secondo Franzolini, il rischio è di bloccare 13.000 cantieri in corso di realizzazione, di cui oltre 4.300 sono direttamente collegati al PNRR, per un totale di 91 miliardi di euro di investimenti. “Non finanziare i 3,465 miliardi di euro necessari a coprire il 2025-2026 significa non solo mancare gli impegni con l’Europa e vanificare gli effetti espansivi del PNRR, ma soprattutto sacrificare l’occupazione e la stabilità finanziaria di un intero settore, condannando l’Italia a lunghi contenziosi e a un’incapacità strutturale di modernizzarsi”.
“Non possiamo permetterci di mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e disperdere competenze – incalza il segretario – né abbassare la qualità delle opere o del lavoro con costi che ricadrebbero sulla pelle di chi vi lavora. Questa sarebbe l’ennesima occasione persa anche per qualificare e rafforzare le poche imprese italiane che oggi possono realizzare certe opere”. Scaricare, poi, il costo del caro materiali 2026 sulle Stazioni Appaltanti “sarebbe un ulteriore errore. Comuni o enti locali con bilanci limitati, non hanno le risorse necessarie per assorbire questi extracosti”.
Il risultato, conclude, “non sarà così la prosecuzione dei lavori, ma la paralisi amministrativa e finanziaria di migliaia di enti, che si vedranno costretti a scegliere tra il blocco definitivo dell’opera o la dichiarazione di dissesto. Se l’obiettivo è sostenere la crescita e assicurare l’ammodernamento infrastrutturale del Paese, il Governo deve fare un passo indietro e garantire con urgenza i fondi necessari alla compensazione del caro materiali, intervenendo con urgenza per rifinanziare e prorogare la revisione prezzi anche al 2026, sostenendo le stazioni appaltanti nella copertura degli extra-costi, garantendo continuità normativa con il DL Aiuti, evitando gare deserte, sospensioni e ritardi. Questo può significare solo una cosa: proteggere l’intera filiera, i lavoratori e le imprese.”

























