Gli italiani continuano a pagare tariffe elevate per il servizio idrico, ma in molte aree del Paese, in particolare nel Mezzogiorno, il servizio offerto è fortemente compromesso da reti obsolete, manutenzione insufficiente e perdite idriche che superano ogni soglia accettabile.
A lanciare l’allarme è uno studio del Servizio Stato Sociale, Politiche Fiscali e Previdenziali, Immigrazione della Uil, che ha rilevato come, nel 2023, in un terzo delle città del sud l’acqua è stata razionata, con disservizi che hanno colpito oltre 2 milioni 300 mila famiglie (fonte Istat). A livello nazionale, la perdita idrica è arrivata al 45,5%, con punte drammatiche in Calabria e Sicilia. Alcune reti locali, inoltre, disperdono più della metà dell’acqua immessa.
Sul fronte economico i cittadini più penalizzati sono quelli che vivono a Frosinone, Pisa, Enna, Livorno, Pistoia, Prato, Siena, Grosseto, Firenze e Arezzo, con un costo annuo che, nel 2024, va da un minimo di 742 euro a un massimo di 804 euro. A Isernia, Milano, Campobasso, Cosenza, Savona, Trento, Napoli, Monza, Avellino e Ragusa, invece, si registra una spesa media più bassa che, sempre nel 2024, va da un minimo di 159 euro a un massimo di 276 euro annui. Tuttavia, questo minor costo non sempre è sinonimo di efficienza, bensì di assenza di investimenti strutturali, come confermato da Utilitalia: al Sud si investono circa 30 euro per abitante all’anno, contro i 95 euro del Centro-Nord.
Un quadro preoccupante, aggravato dai cambiamenti climatici, ma anche dai ritardi strutturali. Dai dati del Pnrr disponibili, infatti, emerge che almeno 20 misure, tra cui molte legate all’acqua e all’energia, sono in affanno, con ritardi, gare deserte e opere ferme