In tredici anni, tra il 2011 e il 2024, l’Italia ha perso 193mila imprese giovani, guidate da under 35, di cui oltre 87mila nel Mezzogiorno. Il totale delle imprese giovani si è, dunque, ridotto del 30,6% rispetto ad una diminuzione delle imprese complessive pari al 4,2%, mentre la quota di imprese giovani è scesa all’8,7% rispetto all’11,9% del 2011 (-3,2 punti percentuali). Con una percentuale di imprese giovani pari a quella del 2011, oggi avremmo tra i 49 e i 65 miliardi di euro in più di Pil. Per assumere giovani c’è bisogno di imprenditori giovani. Questi, in sintesi, i principali risultati dell’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio “L’importanza dei giovani imprenditori per la crescita economica” presentata oggi a Milano in occasione del XVI Forum nazionale dei Giovani Imprenditori di Confcommercio.
In particolare, la quota di giovani tra gli addetti è sistematicamente più elevata nelle imprese con meno di cinque anni di età che sono a prevalente conduzione giovanile. Queste imprese hanno una maggiore capacità di investire in tecnologie digitali e migliori performance in termini di fatturato, occupazione e crescita nel medio periodo. Per favorire la nascita e la crescita delle imprese giovanili, ci sono due strade percorribili: incentivi e regimi agevolati, che riducano il carico fiscale e rendano più conveniente avviare un’attività; miglioramento del contesto generale e dell’accesso al credito, poiché le start-up sono più rischiose e i costi dei finanziamenti più elevati per cui servono strumenti pubblici di garanzia. L’imprenditoria giovanile genera esternalità positive, cioè benefici per l’intera collettività, che è nell’interesse pubblico favorire: senza intervento statale si avrebbero, infatti, meno imprese giovani di quanto sarebbe ottimale per la società.
“L’Italia ha bisogno di investire nei giovani imprenditori per ritrovare crescita, occupazione e fiducia – ha sottolineato il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. – Per sostenere questo investimento serve un contesto generale favorevole, la diffusione tra le nuove generazioni dell’utilizzo dei grandi contratti collettivi del lavoro che tutelano lavoratori e imprese e infine incentivi e regimi agevolati, che riducano in particolare il carico fiscale. Una tassazione troppa alta riduce infatti la propensione al rischio, a cominciare da quello che anima l’attività d’impresa. Senza nuove energie imprenditoriali, il Paese rischia di invecchiare non solo demograficamente ma anche economicamente e culturalmente.”
Per il Presidente Giovani Imprenditori di Confcommercio, Matteo Musacci, l’Italia non può permettersi di rinunciare “a tutto il contributo che i giovani imprenditori possono dare al Paese e al suo futuro. Le imprese giovanili assumono infatti più giovani, investono di più in digitale e crescono più velocemente. iSia che si tratti di accogliere un’eredità imprenditoriale con il passaggio generazionale, sia che si tratti di cominciare una nuova impresa, i giovani imprenditori sono una spinta naturale del sistema Paese all’innovazione, alla sostenibilità e alla crescita. Abbiamo deciso di dedicare il XVI Forum dei Giovani Imprenditori Confcommercio proprio al “desiderio di futuro” che è alla base di questa spinta vitale che le nuove generazioni interpretano.”