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Home - La biblioteca del diario - Anatomia del populismo economico, di Mario Pomini. Editore Ombre Corte

Anatomia del populismo economico, di Mario Pomini. Editore Ombre Corte

di Elettra Raffaela Melucci
12 Luglio 2024
in La biblioteca del diario
Anatomia del populismo economico, di Mario Pomini. Editore Ombre Corte

Sul polimorfo concetto di populismo sono stati spesi fiumi di parole. Un fenomeno complesso, di certo non nuovo, che ha molteplici dimensioni di tipo culturale, sociale, etico, religioso. Con il collasso finanziario ed economico del 2008, però, si è assistito all’esacerbazione di un aspetto rilevantissimo, il populismo economico, che pure, a quanto pare, non è stato mai doverosamente approfondito. Storicamente, infatti, economisti e commentatori non hanno mai dato molta importanza a questa declinazione perché considerata di breve durata e tipica delle economie in via di sviluppo democraticamente poco evolute – come insegna il testo diventato ormai classico The Macroeconomics of Populism in Latin America (1991) di Rudigher Dornbusch e Sebastian Edwards. Ma a partire dalla seconda metà del 2000 il populismo economico si è impiantato nel ricco occidente, con esperienze complesse ed allarmanti insieme come quella di Donald Trump negli Stati Uniti e, prima ancora, con i governi di Silvio Berlusconi – fermo restando che in Italia un tratto populista ha accompagnato sia i governi di destra che di sinistra, perché «se i conservatori hanno cavalcato per primi, con Berlusconi, il nuovo vento populista, i progressisti sono stati soggiogati da esso e non sono stati in grado di offrire delle risposte adeguate». Restando nel recinto del Belpaese, è con la XIX legislatura, in carica dal 22 ottobre 2022 e in capo alla premier Giorgia Meloni, che il populismo economico si manifesta in maniera eclatante, dando vita a una stagione di demagogia economica che Mario Pomini, docente di economia politica presso il Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Università di Padova e autore del libro Anatomia del populismo economico (Ombre corte, 201 pagine, 18,00 euro), chiama melonieconomics. Un populismo «conservatore e di stampo individualista, ostile alle riforme di fondo e incapace di affrontare i grandi problemi del momento», che Pomini seziona e analizza con dovizia mettendo in fila i suoi interventi pubblicati sul giornale Il Fatto quotidiano lungo il primo anno di vita di questo governo di centro-destra (o meglio, precisa, di “destra-centro”). Ma se inquadrare la melonieconomics non è facile, forse, arguisce l’autore, è solo una nuova etichetta per cose vecchie.

Il testo è suddiviso in tre parti per un totale di cinque capitoli più le conclusioni. Si parte con una visione di insieme del populismo economico italiano dal governo Berlusconi a quello Meloni, per poi passare all’anatomia, evocata nel titolo, dei provvedimenti che compongono la melonieconomics: dal “virus” del nostro sistema fiscale, che è la la flat tax, il taglio del cuneo, le pesanti manovre a debito, fino al super bonus edilizio, il reddito di cittadinanza, il salario minimo e la gestione (o non gestione) dell’inflazione bellica. Ne emerge un quadro in cui Meloni e suoi sodali mistificano la realtà nel segno della peggiore tradizione populista volta a gonfiare le aspettative del suo elettorato – «a volte il cattivo ragionamento economico gonfia le urne, anche se solo per una volta»  – e la finalità di Pomini in questa narrazione sui guasti del populismo conservatore è principalmente quella di smontare, anzi, «demistificare le informazioni devianti o fasulle che la ragione populista dispensa a piene mani per giustificare la sua azione. La destra è campione di fake news economiche e ne sforna di continuo grazie asi suoi potenti mezzi di comunicazione». Ma non solo: l’obiettivo dell’autore è quello di capire le reali conseguenze per l’economia e la società della melonieconomics. «Il quadro che ne è emerso è desolante: la destra italiana, ormai post-berlusconiana, è insuperabile per demagogia, incompetenza e ipocrisia, anche se non mancano le eccezioni. Effettivamente vi è un conflitto che non è mai stato così grande tra la narrazione governativa e l’evidenza empirica, tra la propaganda con cui si vince nell’arena elettorale e la sua realizzazione pratica». A fronte di questo scenario, l’autore sollecita un risveglio dello spirito progressista perché «la deriva populista italiana, da cui nemmeno i progressisti sono immuni, costituisce una severa minaccia che va affrontata prima che sia travolta la società, oltre che l’economia». Davanti a una destra che storicamente fa a pugni con la complessità dell’economia reale, il populismo «è l’ultima sfida all’edificio democratico che si regge su di un robusto Stato sociale a ispirazione universalistica», quotidianamente minato ed eroso. «Il populismo economico contemporaneo è qualcosa di più delle scelte economiche opportunistiche di una nuova oligarchia politica che parla in nome del popolo, perseguendo in realtà i suoi interessi di potere».

Si tratta di un’ideologia affetta da un «ipocrita strabismo» che vede solo quello che vuole vedere ed «è impressionante»assistere a questo spettacolo di impunità. Infatti, tra i molteplici argomenti (e provvedimenti) affrontati e decostruiti da Pomini, con piglio accademico e insieme con chiarezza divulgativa, spicca di certo la metaforica (ma poi nemmeno troppo) guerra «personale e cinica» che la melonieconomics sta muovendo ai poveri con misure come l’abrogazione del Reddito di cittadinanza (in realtà uno scopiazzamento raffazzonato della misura grillina che pure taglia le gambe a milioni di italiani) e l’ostilità verso il salario minimo. «La destra sociale al governo, smentendo sé stessa, si è completamente dimenticata della povertà […] È diventata una destra di potere che, promettendo demagogicamente di aumentare a dismisura la spesa sociale, ora di trova a ridurla e va a caccia di soldi, come nella finanziaria 2023, dai pensionati e dalle persone in difficoltà economica per poi ridurre le tasse ai ricchi. Quello che manca alla classe politica è il senso della vergogna per le promesse fatte e non mantenute. Circostanza ancora più deplorevole quando tocca direttamente il destino economico di una fetta così grande di quel popolo italiano in difficoltà che la destra dice, a parole, di voler tutelare».

Ma da dove nasce questo consenso da lato della domanda? Perché il cittadino elettore si rivolge alle chimere del populismo economico e non al tradizionale circuito politico? Per Pomini sono due le direzioni: la stagnazione economica italiana degli ultimi venti anni, con conseguente stagnazione dei redditi da lavoro, e l’innovazione tecnologica che ha modificato il mercato del lavoro con la gig economy e alimentato le fila dei lavoratori poveri. «Se la globalizzazione economica e la rivoluzione di internet hanno peggiorato o non migliorato le condizioni economiche di molti, ecco allora che potevano fare facilmente presa sulle persone i programmi che puntavano a una soluzione interna, cioè a ridurre le tasse e impoverire i servizi pubblici con la speranza di poter aggiustare il proprio reddito a spese di quello degli altri in una sorta di balcanizzazione sociale». Un atteggiamento da free rider tipico delle manovre populiste le quali, «per definizione hanno un orizzonte limitato perché non si può distribuire per troppo tempo quello che non si produce».

In definitiva, per l’autore la melonieconomics non è altro che un modesto prosieguo del berlusconismo, ricorrendo le tradizionali promesse elettorali del centro destra attraverso una disastrosa strategia di disavanzo pubblico utilizzato come «bancomat elettorale», un populismo economico portato alle sue estreme conseguenze. Quello del governo Meloni è un atteggiamento schizofrenico nei confronti dei dati economici, inventandoli o negandoli solo per costruire consenso sul breve termine e rinnovandolo ogni volta per ridisegnare la platea di beneficiari a seconda delle contingenze elettorali. «Pur riferendosi all’interesse del “popolo”, i principali provvedimenti soprattutto in campo fiscale vanno a beneficio di determinati gruppi. Senza questo carattere corporativo non si capirebbe come mai l’esecutivo abbia previsto l’equo compenso per i professionisti, ma non il salario minimo per legge», oppure l’aumento dell’asticella della flat tax a 80.000 euro con un risparmio in termini di imposta di 500 euro al mese mensili «mentre si è tolta una cifra analoga ai 600.000 beneficiari che godevano del Reddito di cittadinanza». Una politica economica «errata e frammentaria», che mette in discussione gli equilibri sociali esistenti e che «alimenta una politica fiscale fluida ma tossica, cioè attenta di volta in volta ad assecondare le pulsioni dell’elettorato che si presume possa essere maggioritario. Viene meno l’orizzonte dell’interesse collettivo, in quanto è evidente che in una situazione di scarsità di risorse qualcuno deve essere lasciato fuori». Il volume si chiude con una interessante panoramica delle interpretazioni di matrice conservatrice e marxista, chiarificante le ragioni sottese a questo plateale consenso nei confronti di una fragile illusione.

Anatomia del populismo economico è una sorta di camera oscura attraverso cui poter interpretare i negativi delle politiche economiche promosse dall’attuale governo in un gioco di progressività temporale che, per la distanza così ravvicinata, risulta a tratti straniante. Una sorta di time lapse del primo anno di operato del governo meloni che nella chiave di contributo blog dell’autore risulta stilisticamente ben piantata nella realtà. L’analisi teorica di Pomini prende corpo e sostanza proprio perché coeva e razionale, strettamente legata alla prossemica di questa nuova casse politica che ha sbaragliato la scena e si impone con una dirompenza inusitata. Il punto di vista autoptico dell’autore colma le lacune della comunicazione istituzionale, diradando quindi la fumosità di una retorica a buon mercato dai toni marcatamente autoritari. E seppure limitato a un solo anno di governo, mentre ci avviciniamo al secondo compleanno, vale la pena concedersi questo amaro bagno di realtà per poter prendere le misure con qualcosa di ormai integrale alle nostre vite di cui, purtroppo, si sottovalutano gli esiti.

Elettra Raffaela Melucci

Titolo: Anatomia del populismo economico. La melonieconomics: un anno di politiche economiche conservatrici

Autore: Mario Pomini

Editore: Ombre corte – Collana Culture

Anno di pubblicazione: 2024

Pagine: 208 pp.

ISBN: 9788869482809

Prezzo: 18,00€

Elettra Raffaela Melucci

Elettra Raffaela Melucci

Redattrice de Il diario del lavoro

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