A quasi trent’anni dall’entrata in vigore della legge 146, la relazione della Commissione di garanzia dei servizi pubblici essenziali restituisce, per il 2018, un quadro complesso, dove, accanto a elementi positivi, emergono anche elementi patologici nell’impianto delle relazioni industriali.
Partendo dai numeri: gli scioperi sono stati 2.109, rispetto ai 2.448 del 2017. Nel concreto gli scioperi effettivi sono stati 1.389, rispetto ai 1.616 dell’anno precedente.
L’aspetto più importante che emerge da questi dati è che la maggior parte delle mobilitazioni sono avvenute nel pieno rispetto delle norme. Davanti alle 2.109 proclamazioni di sciopero, la Commissione è dovuta intervenire solo in 312 casi, dei quali ben il 94% si è adeguato alle indicazioni della Commissione stessa. In definitiva solo in 10 circostanze è stato necessario applicare sanzioni.
Per il presidente della Commissione, Giuseppe Santoro-Passarelli, tutto questo evidenzia l’importanza ex ante dell’Autorità, preventiva alla concreta attuazione dello sciopero, ma anche come strumento di dialogo tra le varie parti e di composizione del conflitto.
Nella relazione, la Commissione sottolinea come la legge 146 costituisca ancora uno strumento valido per gestire quelle situazioni di conflittualità fisiologica. Tuttavia, esse può mostrare dei limiti in casi di conflittualità patologica, introdotte da anomalie nel sistema delle relazioni industriali.
Nel concreto, si legge nel testo, questo può avvenire quando si verifica un lungo stallo nel rinnovo dei contratti, come quello del trasporto pubblico locale, scaduto nel 2007 e rinnovato solo nel 2015. In questi frangenti, porre un freno alla conflittualità, restando all’interno delle regole, è molto più problematico.
Inoltre, i sevizi pubblici essenziali sono stati interessati da un processo di liberalizzazione del mercato, rendendo molto più difficile la governance del conflitto. Da una parte, infatti, si è verificata una moltiplicazione dei contratti, con episodi di dumping contrattuale, dall’altra i processi di esternalizzazione dei servizi ha dato luogo a “una catena di appalti”. La logica del massimo ribasso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa, osserva la Relazione, causa un deterioramento dei rapporti di lavoro e dei diritti, con il conseguente incremento della conflittualità.
Non bisogna poi dimenticare la difficile situazione economica nella quale si trovano molte aziende: l’erogazione dei servizi in condizione di difficoltà compromettono non solo una piena fruibilità da parte dei cittadini, ma anche un ampliamento del conflitto che, date le cause, l’Autorità non sempre è in grado di arginare.
Se queste sono le motivazioni principali che portano allo stato di agitazione, molti settori sono attraversati anche da una costante reiterazione dello sciopero. In questi casi per la Commissione lo sciopero non è più “strumento di liberazione dal bisogno, o di emancipazione sociale, o sanzione dell’ordinamento intersindacale”, come lo definiva Gino Giugni, ma diviene, semmai, un’occasione per tutelare interessi di parte, soprattutto da parte dei sindacati minori.
Mentre infatti i sindacati confederali ricorrono più difficilmente allo sciopero, e solo al termine di delicate vertenze, i sindacati con un tasso di rappresentatività più bassa ne fanno un uso massiccio. Benché, in questi casi, i tassi di adesione siano molto ridotti, tuttavia i disagi per l’utenza possono essere altrettanto significativi. In quest’ottica, la Commissione ritiene che i manager che guidano le aziende pubbliche di servizi essenziali, sulla base dei dati raccolti in passato dovrebbero essere in grado di pronosticare quale impatto lo sciopero potrà avere.
Un punto centrale, evidenziato anche dalla Commissione, rimane la pesatura della rappresentatività delle sigle sindacali. Infatti, in un contesto caratterizzato da una elevata frammentazione della rappresentanza la gestione del conflitto è sempre più problematica.
Su quali aspetti, dunque, sarebbe opportuno pensare a un restyling della legge 146? Per l’Autorità si dovrebbe rafforzare la Commissione, soprattutto nel momento in cui si deve giungere a una ricomposizione del conflitto. E quanto al versante delle sanzioni, pensare anche a forme diverse rispetto a quelle pecuniarie.
TN