“L`Italia è preda di un sovranismo psichico”, gli italiani sono spaventati e arrabbiati per la mancata ripresa e i migranti diventano il capro espiatorio. È la fotografia di un Paese “incattivito” che emerge dal 52esimo Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese.
Per il 75% degli italiani gli immigrati – segnala il Rapporto – fanno aumentare la criminalità, per il 63% sono un peso per il nostro sistema di welfare. In Italia c’è un “bisogno radicale di sicurezza che minaccia la società aperta”. I dati parlano chiaro: “il 63% degli italiani vede in modo negativo l’immigrazione da Paesi non comunitari (contro una media Ue del 52%) e il 45% anche da quelli comunitari (rispetto al 29% medio)”. E “i più ostili verso gli extracomunitari sono gli italiani più fragili: il 71% di chi ha più di 55 anni e il 78% dei disoccupati, mentre il dato scende al 23% tra gli imprenditori. Il 58% degli italiani pensa che gli immigrati sottraggano posti di lavoro ai nostri connazionali. Solo il 37% sottolinea il loro impatto favorevole sull’economia. E a fronte di questa situazione cosa attendersi per il futuro? Il 59,3% degli italiani è convinto che tra dieci anni nel nostro Paese non ci sarà un buon livello di integrazione tra etnie e culture diverse.
Per il Rapporto “il sovranismo psichico” ha quindi ragioni sociali ed economiche, e dopo il rancore è arrivata “la cattiveria”. “La delusione per lo sfiorire della ripresa e per l’atteso cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani”, avverte il Censis, aggiungendo: “Ecco perché si sono mostrati pronti ad alzare l’asticella. Si sono resi disponibili a compiere un salto rischioso e dall’esito incerto, un funambolico camminare sul ciglio di un fossato che mai prima d’ora si era visto da così vicino, se la scommessa era poi quella di spiccare il volo”. Da qui le scelte politiche nuove: “Non importa se si rendeva necessario forzare gli schemi politico-istituzionali e spezzare la continuità nella gestione delle finanze pubbliche. È stata quasi una ricerca programmatica del trauma, nel silenzio arrendevole delle élite, purché l’altrove vincesse sull’attuale”.
Per il Censis siamo di fronte ad “una reazione pre-politica con profonde radici sociali, che alimentano una sorta di sovranismo psichico, prima ancora che politico. Che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore – diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare”.
Da tutto questo deriva “l’insopportazione degli altri che sdogana i pregiudizi, anche quelli prima inconfessabili”. Così “le diversità dagli altri sono percepite come pericoli da cui proteggersi: il 69,7% degli italiani non vorrebbe come vicini di casa i rom, il 69,4% persone con dipendenze da droga o alcol. Il 52% è convinto che si fa di più per gli immigrati che per gli italiani, quota che raggiunge il 57% tra le persone con redditi bassi”. Questi – avverte il Censis – “sono i dati di un cattivismo diffuso che erige muri invisibili, ma spessi” e “rispetto al futuro, il 35,6% degli italiani è pessimista perché scruta l’orizzonte con delusione e paura, il 31,3% è incerto e solo il 33,1% è ottimista”.
Perché tutto questo? Per il l Censis “il processo strutturale chiave dell’attuale situazione è l’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”. Infatti “l’Italia è ormai il Paese dell’Unione europea con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori: il 23%, contro una media Ue del 30%, il 43% in Danimarca, il 41% in Svezia, il 33% in Germania”. E non pare esserci più speranza per un futuro migliore: “Il 96% delle persone con un basso titolo di studio e l’89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita”.
Molta delusione anche per il promesso cambiamento, sottolinea il Censis: “Il 56,3% degli italiani dichiara che non è vero che le cose nel nostro Paese hanno iniziato a cambiare veramente. Il 63,6% è convinto che nessuno ne difende interessi e identità, devono pensarci da soli (e la quota sale al 72% tra chi possiede un basso titolo di studio e al 71,3% tra chi puo contare solo su redditi bassi)”.
Per quanto riguarda il rapporto con l’Europa, solo il 43% degli italiani pensa che l’appartenenza all`Ue abbia giovato all’Italia, contro una media europea del 68%: siamo all’ultimo posto in Europa, addirittura dietro la Grecia della troika e il Regno Unito della Brexit. Eppure, finora gli italiani hanno sempre partecipato alle elezioni europee con percentuali di affluenza di gran lunga superiori alla media dell`Ue: nel 2014 il 72,2% contro il 42,6%.
Si allarga la forbice sociale nei bilanci delle famiglie. Negli ultimi 5 anni la capacità di spesa delle famiglie italiane ha mostrato un costante progresso. La quota che dichiara un aumento della capacità di spesa rispetto all’anno precedente ha raggiunto il 31,9% del totale.Quelle che invece hanno visto un peggioramento sono oggi il 15%. Nel 2018 gli ottimisti si attestano al 42,2% del totale, circa 12 punti in più rispetto al 2013. Si registra però una risalita dei pessimisti (dal 22,4% del 2015 al 23,2% del 2016, fino al 26,8% del 2018).
Con riferimento al futuro del Paese, invece, i pessimisti (44,5%) superano di gran lunga gli ottimisti (18,8%). Paura, inquietudine, preoccupazione riguardano il Paese e i suoi scenari evolutivi molto più che la propria situazione familiare.
TN