“I corpi intermedi sono vittime del loro successo. Per lungo tempo hanno intermediato soggetti incapaci di gestire da soli determinati problemi. E lo hanno fatto piuttosto bene. Talmente bene che oggi quei soggetti hanno imparato a fare da se’. E il ruolo delle parti sociali si è svuotato’’. Così Innocenzo Cipolletta sintetizza la crisi di rappresentanza che attraversa sia i sindacati e le associazioni delle imprese, sia i partiti politici. In questa intervista al Diario del Lavoro, l’economista, ex direttore generale di Confindustria ed ex presidente delle Ferrovie, analizza la crisi ma indica, nel contempo, le strade nuove da percorrere per ritrovare un ritrovare un ruolo.
“Vittime del proprio successo”, è una immagine suggestiva. Spieghiamola meglio.
Faccio un esempio: la contrattazione collettiva in passato aveva la funzione di
preservare il lavoratore dalla “prepotenza” e dall’asimmetria informativa rispetto al datore di lavoro, che a sua volta trovava nella contrattazione lo strumento utile per far fronte alla ‘’prepotenza’’ del sindacato. Questo aveva senso perche’ i soggetti si sentivano deboli e insicuri nei confronti della controparte. Ma con gli anni, proprio l’esercizio della contrattazione collettiva ha finito per ‘’educare’’ i soggetti che la praticavano, rendendoli piu’ strutturati e forti, tanto da portarli a comprendere che potevano difendere i propri interessi da soli. A quel punto, occorreva offrire loro un servizio diverso dal passato, qualcosa che oggi manca. Invece, si è continuato a offrire il vecchio prodotto. Ormai inutile.
Addirittura inutile?
Si, perché il datore di lavoro oggi parla direttamente con i suoi sindacati in azienda, e viceversa. Non serve una intermediazione.
Cosa potrebbero fare le parti sociali per recuperare ruolo?
Dovrebbero farsi promotrici di compiti nuovi, abbandonando parte dei vecchi. Invece, l’ancoraggio con il passato resta forte. Ed è piu’ tutela di se stessi che dei propri associati. Un interesse che spesso camuffano con scontri frontali solo apparenti, simulati.
Va bene, non hanno saputo abbandonare il vecchio per il nuovo. Ma non mi è chiaro quale sarebbe ‘’il nuovo’’. Tolta la contrattazione collettiva, cosa resta?
Per esempio, la protezione del lavoro. La cassa integrazione potrebbe e dovrebbe essere pertinenza diretta delle parti sociali. Oggi invece e in capo a inps e ministero del lavoro. Si potrebbe portarla nel salario, e trasformarla in una sorta di assicurazione, di mutua, che protegga il lavoratore dalle crisi momentanee dell’azienda. Questa formula la si potrebbe stabilire nei contratti, oppure con un accordo interconfederale. E sarebbe una funzione importante per Confindustria e sindacati.
E la politica salariale non è una funzione altrettanto importante?
Oggi non piu’ come in passato. Fino all’euro la politica salariale coincideva con la politica economica del paese. Ogni aumento contrattuale determinava anche l’andamento dell’inflazione e il cambio della moneta. Si seguivano le trattativa per i rinnovi col fiato sospeso, sapendo quali conseguenze ogni negoziato aveva sull’intera politica economica, sulla borsa, sulla lira. Oggi non è più così. Da un lato andiamo verso la contrattazione aziendale, dall’altro la politica monetaria è scomparsa con la moneta unica.
Si, ma la questione salariale è rimasta…
Oggi se i salari aumentano troppo, o troppo poco, è solo un fatto di competitività delle imprese, di condizioni dei lavoratori, ma non si riflette sull’economia nazionale se non nel lungo periodo. E’ come se avessimo fatto un passo indietro rispetto al palcoscenico della politica: non c’è più una influenza diretta delle parti sociali e della loro azione sul paese nel suo complesso, come era stato dagli anni 70 al 1995. Infatti, negli altri paesi i sindacati iniziano a parlare di altro. In Germania, per esempio, spingono moltissimo sulla formazione. Ma in Italia il core business resta il contratto, e la percezione che i cittadini hanno delle parti sociali e’ che sono quelle del ‘’si’’ o del ‘’no’’.
Anche la politica, i partiti, sono alla ricerca di un nuovo ruolo, avendo consumato quello che li ha tenuti a galla per 60 anni?
Sulla politica ha giocato il cambiamento dei mezzi di informazione. Fino a pochi anni fa la massa sapeva molto poco e non sapeva esprimersi, dunque il corpo intermedio -partito la interpretava, o spesso la indottrinava. Oggi siamo tutti molto più consapevoli, l’uso di internet, dei nuovi media, dei social network, nel bene e nel male offre una massa enorme di informazioni.
E quindi, anche in questo caso, non serve più chi intermedia e interpreta?
Non serve più nel vecchio modo. In tutti i paesi chi vince una elezione perde quella successiva, perché vince in quanto denigra la parte politica precedente, ma poi è in grado di risolvere i problemi, e quindi perde a sua volta. Una Dovremmo far uscire la politica dalla gestione dell’amministrazione: perché mai la scuola, o la polizia, devono essere gestiti dalla politica? Perché non possono essere gestite dalla tecnocrazia?
Cioè come dire affidare tutto ai direttori generali dei ministeri e non più ai ministri?
Il problema è che oggi la gente si ribella perche’ vede tutto come politica. A ogni cosa si reagisce con il classico ‘’piove, governo ladro’’. Se c’è una buca per strada si dà la colpa al sindaco, il quale a sua volta dà la colpa alla provincia o alla regione, che a loro volta danno la colpa al governo. Uno scaricabarile continuo, nessuno e’ mai direttamente responsabile.
Che soluzione propone?
Se alcuni pezzi delle città fossero affidati alla responsabilità della cittadinanza, le persone si sentirebbero coinvolte, partecipi di un interesse collettivo. E magari spenderebbero 10 euro per migliorare le cose, fosse anche ripulire un giardinetto pubblico sotto casa. Mentre se chiedi gli stessi 10 euro attraverso l’Imu, scatta l’ira popolare contro lo Stato che prima sperpera e poi tassa…
Coinvolgere i cittadini è proprio quello che la politica non riesce a fare da anni, ormai.
Aiutare i cittadini a farsi le cose da se’; questo dovrebbe essere oggi il ruolo dei partiti, questa sarebbe politica sana. Negli anni 70 c’erano i comitati di quartiere, ci si industriava per creare servizi dove mancavano, e il ruolo dei partiti era quello di aggregare persone attorno a un progetto e sostenerle. Oggi se chiedi a un italiano ‘’come sta’’, ti risponde che sta benone. Poi gli chiedi come sta la sua città, e la percezione di benessere scende al 30%. Gli chiedi come sta l’Italia e precipita al 5%. Tradotto: quello che controllo io personalmente va bene, via via che la leva del comando di allontana, va tutto male. Su questa vicinanza si deve lavorare per ricostruire i corpi intermedi. Ripartendo dal basso, dal concreto, dalle esigenze minime. Ma oggi, purtroppo, tutti hanno vocazioni ‘’alte’’.
Nunzia Penelope