348ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli.
La seduta inizia alle ore 15.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
Il presidente SACCONI comunica che il Documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sull’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale è pubblicato in allegato al resoconto.
IN SEDE CONSULTIVA
(2914) Interventi per il settore ittico. Deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 9a Commissione. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta di ieri.
La relatrice BENCINI (Misto-Idv)dà conto di uno schema di parere favorevole con osservazioni, pubblicato in allegato.
Il senatore PUGLIA (M5S), sottolineando che il settore ittico versa in condizioni di grande sofferenza, auspica una tempestiva approvazione del provvedimento, riservandosi di presentare emendamenti al disegno di legge nella Commissione di merito.
Presente il prescritto numero di senatori, posto ai voti, lo schema di parere della relatrice è approvato.
(2740) Deputati Rosy BINDI ed altri. – Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 2a Commissione. Esame e rinvio)
La relatrice D’ADDA (PD) illustra, per le parti di competenza, il disegno di legge n. 2740, in tema di protezione dei testimoni di giustizia, soffermandosi in particolare sugli articoli 3, 6 e 7. Con l’articolo 3si individuano le tipologie delle speciali misure di protezionedei testimoni sotto forma di sostegno economico e di reinserimento sociale e lavorativo. L’individuazione di apposite disposizioni per i minori, oggetto delle misure di protezione, è demandata ad un regolamento, adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro (articolo 26). Illustra poi l’articolo 6, che disciplina le misure di sostegno economicospettanti a tutti i testimoni di giustizia con trasferimento in località protetta. La disposizione prevede che ai testimoni di giustizia sia assicurata una condizione economica equivalente a quella preesistente e sono introdotte alcune nuove misure di sostegno economico.
La relatrice si sofferma infine sull’articolo 7,dedicato alle misure di reinserimento sociale e lavorativo del testimone di giustizia, il quale può svolgere, dopo il trasferimento in località protetta, un’attività lavorativa, può beneficiare di specifiche forme di sostegno alla propria impresa o può ottenere un nuovo posto di lavoro, anche temporaneo. Si confermano altresì le altre misure vigenti in tema di reinserimento lavorativo.
Concordando con il provvedimento in esame, anticipa la formulazione di uno schema di parere favorevole.
Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII) esprime perplessità sulla disciplina relativa alla contribuzione previdenziale dei testimoni di giustizia che sono inseriti in nuovi contesti lavorativi.
Il senatore ICHINO (PD), anche sulla base di vicende giudiziarie seguite personalmente, segnala che in caso di sostituzione del rapporto di lavoro il testimone di giustizia ha comunque il diritto alla ricongiunzione dei contributi previdenziali precedentemente versati.
Il senatore PUGLIA (M5S), considerata la complessità della materia, chiede un congruo tempo per poter proporre alla relatrice le proprie osservazioni.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SI-SEL), associandosi alla richiesta del senatore Puglia, chiede che il parere possa essere espresso la prossima settimana.
Il PRESIDENTE precisa che il provvedimento assicura una protezione completa al testimone del giustizia e richiama il ruolo dei collaboratori di giustizia nel contrasto alla criminalità organizzata.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
IN SEDE REFERENTE
(2858) SACCONI. – Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate
(2918) Serenella FUCKSIA e QUAGLIARIELLO. – Riforma della disciplina in materia di equo compenso dei professionisti
(Seguito dell’esame congiunto e rinvio)
Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri.
La sottosegretaria BIONDELLI mette a disposizione della Commissione alcune note contenenti le posizioni degli uffici del Ministero della giustizia e del Dipartimento alle politiche e agli affari europei, in cui si evidenziano criticità relative alla materia in esame.
Il presidente SACCONI puntualizza che il rappresentante del Governo in Commissione è chiamato ad esprimere una visione politica unitaria, secondo le regole di una corretta dialettica tra l’Esecutivo e il Parlamento.
La relatrice PARENTE (PD) considera importante acquisire le note depositate dalla sottosegretaria Biondelli, al fine di valutare tutti i profili di compatibilità fra il disegno di legge n. 2858, assunto come testo base, e il diritto dell’Unione europea. A tale proposito, valuterebbe necessaria l’acquisizione del parere della 14aCommissione permanente su tale disegno di legge.
La senatrice GATTI (Art.1-MDP), dopo aver sottolineato di aver presentato due emendamenti sulle professioni non ordinistiche, ritiene opportuno approfondire la documentazione presentata dalla Sottosegretaria di Stato, alla luce anche della giurisprudenza della Corte dell’Unione europea sui minimi retributivi dei professionisti.
Il PRESIDENTE ribadisce che il Governo è chiamato ad esprimere una posizione di sintesi e non riportare valutazioni tecniche delle proprie strutture serventi, che saranno comunque messe a disposizione della Commissione, ancorché ciò sia irrituale. Precisa poi che la 14a Commissione permanente, cui peraltro il disegno di legge n. 2858 non risulta assegnato in sede consultiva, non ha poteri di certificazione formale e assoluta sulla congruità delle iniziative legislative con il diritto dell’Unione europea. Dopo aver segnalato che presso l’altro ramo del Parlamento è stato presentato un disegno di legge di iniziativa governativa sul compenso degli avvocati (Atto Camera n. 4631), dà conto del suo emendamento 3.0.1, in cui si incarica il Ministero per lo sviluppo economico di registrare, avvalendosi delle Camere di commercio e sentite le associazioni di rappresentanza, gli usi relativi ai compensi delle professioni non ordinistiche. L’indicazione di tali usi permetterà di definire standard retributivi minimi, sotto i quali si dovrà presumere la nullità delle clausole contrattuali. Si tratta di una proposta che non contrasta con le norme in materia di tutela della concorrenza e del mercato, tanto più che alcune esperienze europee, come quella tedesca, prevedono a tutela dei professionisti parametri che non sono considerate in contrasto con il diritto dell’Unione europea.
Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
Il senatore BAROZZINO (Misto-SI-SEL), premesso di aver presentato da tempo atti di sindacato ispettivo riguardanti gli stabilimenti FCA auto del Mezzogiorno, tuttora inevasi, chiede formalmente che il Governo venga a riferire sulla grave situazione in questione.
Il senatore ANGIONI (PD) concorda con le preoccupazioni del senatore Barozzino e ne appoggia la richiesta, auspicando che la situazione di FCA auto possa essere oggetto di un’attenta riflessione in Commissione.
Il PRESIDENTE, premesso che le interrogazioni del senatore Barozzino non risultano assegnate alla Commissione lavoro, comprendendo le considerazioni dei senatori Barozzino e Angioni, avverte che della questione sarà investita tempestivamente la Sottocommissione sulle ricadute occupazionali delle ristrutturazioni aziendali, che potrà ascoltare, anche separatamente, sia le rappresentanze sindacali che quelle aziendali, oltre al rappresentante del Governo. Coglie l’occasione per anticipare l’intendimento di ascoltare la prossima settimana le rappresentanze sindacali sul caso Ilva.
SCONVOCAZIONE DELLA SEDUTA DI DOMANI
Il PRESIDENTE informa che la seduta convocata per domani, giovedì 12 ottobre alle ore 8,30, non avrà luogo.
La Commissione prende atto.
La seduta termina alle ore 15,45.
DOCUMENTO CONCLUSIVO
APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’INDAGINE CONOSCITIVA SULL’IMPATTO SUL MERCATO DEL LAVORO DELLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
(Doc. XVII, n. 10)
Alle vittime del terrorismo
per causa del lavoro
Introduzione
Il tema del rapporto tra tecnologia e lavoro è tornato al centro del dibattito pubblico. Non si tratta di una discussione nuova: la paura della distruzione di lavoro come conseguenza dell’introduzione di nuovi strumenti di produzione di beni e servizi e nuovi processi accompagna tutta la storia dell’economia industriale passando per il luddismo, la disoccupazione tecnologica keynesiana, l’allarme di “fine del lavoro” dei primi anni Novanta.
La nuova Rivoluzione industriale appare caratterizzata da tecnologie sempre più disponibili a basso costo per le imprese e le persone, destinate ad evolvere con ritmi e contenuti imprevedibili. Le conseguenze possono riguardare sia i modelli di business che i processi produttivi che, soprattutto, una nuova modalità di relazione con i consumatori e con i mercati, attraverso percorsi di coordinamento più efficienti, personalizzati ed immediati resi possibili dalla tecnologia. La sua caratteristica è l’integrazione tra i processi fisici e le tecnologie digitali secondo un rinnovamento dei modelli organizzativi. O meglio il divenire intelligente della produzione sta seguendo una molteplicità di strade, in linea di discontinuità o continuità con il passato. Le grandi fabbriche affrontano il superamento delle linee e la loro sostituzione con “isole” autonome dove convivono uomini e macchine, team di lavoratori e robot. Le piccole imprese accentuano invece una caratteristica tutta italiana della divisione del lavoro, sono concentrate nei distretti, specializzate in produzioni di nicchia e si adoperano per far convivere abilità artigianali classiche con quelle digitali. Anche il nuovo rapporto con i consumatori sconvolge la organizzazione del lavoro, tanto che alcuni studiosi affermano che la fabbrica intelligente sta alla personalizzazione di massa come la fabbrica taylorista stava alla produzione di massa. Il pensiero manageriale non può avere oggi lo sguardo rivolto al passato, ma deve produrre lo sviluppo di soluzioni innovative e sperimentali per favorire l’emergere di principi organizzativi rivoluzionari in grado di rendere fluido, competitivo e “umano” l’ambiente produttivo.
Troppo spesso però il tema viene affrontato unicamente dal punto di vista delle novità tecnologiche e declinato nei capitoli degli investimenti e della politica industriale, lasciando in secondo piano l’enorme impatto sul mercato del lavoro. La recente indagine conoscitiva della Commissione Industria della Camera ha osservato che “… Industria 4.0, a differenza della precedente rivoluzione industriale nella quale la tecnologia si affiancava all’uomo per migliorare e rendere più produttive le attività umane, si propone come paradigma che, sebbene parzialmente, non si limita ad affiancarsi ma per talune attività si sostituisce all’uomo”. Il cambiamento tecnologico non appare peraltro neutrale negli effetti che potrà avere sui rapporti sociali ed economici. Molti si esercitano in una vuota disputa deterministica tra ottimisti e pessimisti nell’operazione complessa e utopica di calcolare i posti di lavoro persi o guadagnati nel contesto di questa nuova rivoluzione. Il tutto a discapito di una riflessione sul che fare, perché dipenderà dai decisori pubblici in primo luogo se e quando i lavoratori espulsi, o mai inclusi, potranno essere assorbiti dai nuovi processi produttivi.
Da questa esigenza nasce l’indagine conoscitiva assegnata dalla Presidenza del Senato alla 11a Commissione Lavoro e Previdenza Sociale. L’indagine si è svolta attraverso l’audizione di attori appartenenti al mondo dell’impresa, delle organizzazioni sociali, delle istituzioni civili e religiose che stanno affrontando le sfide della digitalizzazione del lavoro da diversi punti di vista. Questo documento conclusivo contiene una breve analisi del contesto economico e tecnologico internazionale, una lettura delle tendenze nel mercato del lavoro italiano, la individuazione delle principali sfide e delle responsabilità conseguenti dei decisori.
2. Il contesto economico-tecnologico internazionale
Già a partire dalla seconda metà degli anni Settanta del secolo trascorso, diversi fattori concorsero a minare alla base alcuni dei pilastri sui quali si fondava la seconda rivoluzione industriale. L’investimento nella ricerca e nell’innovazione fu una delle reazioni e l’introduzione delle tecnologie dell’informazione nei sistemi produttivi una delle conseguenze che portarono ai primi esempi di digitalizzazione dei processi e di robotica industriale. Allo stesso tempo l’apertura dei mercati internazionali consentì l’ampliamento della domanda e avviò il processo di globalizzazione, maturato con l’ingresso della Cina nella World Trade Organization nel 2001.
In questo contesto inizia ad entrare in crisi anche un mercato del lavoro basato sulla linearità dei percorsi, sulla staffetta generazionale tra nuovi ingressi e pensionamenti, sulle competenze specifiche fornite dagli istituti tecnici e sugli ammortizzatori sociali come strumento per intervenire nei fallimenti di mercato. Tutte le sfide che la Quarta rivoluzione industriale ora ci pone si innestano quindi in una fase di transizione che perdura ormai da decenni.
La definizione di Industria 4.0 nasce in Germania come un vero e proprio paradigma economico nel quale la tecnologia non è che uno strumento per ripensare l’intera economia industriale. Questo si basa sull’utilizzo della rete internet all’interno dei processi produttivi per ottimizzare l’integrazione e il coordinamento sia all’interno della fabbrica sia lungo tutta la supply chain nel rapporto con i fornitori e soprattutto con i consumatori. La novità principale del paradigma è quella di poter offrire prodotti personalizzati (mass customization) ad un prezzo che consente la vendita su mercati ampi. Il tutto è reso possibile da molteplici tecnologie oggi accessibili per le imprese a costi sostenibili come i CPS (Cyber Physical Systems) che consentono tramite l’Internet delle cose di costruire processi dinamici e flessibili pronti ad adattarsi alle richieste dei consumatori, i big data da loro prodotti che consentono di monitorare ed ottimizzare i processi in tempo reale, la robotica collaborativa che può contribuire a ridurre la fatica dei lavoratori e migliorarne la produttività così come i wearable devices e gli esoscheletri. E questa è solamente una piccola parte della tecnologia già disponibile ma abbiamo la percezione di ulteriori evoluzioni geometricamente crescenti.
Si possono così rivoluzionare completamente i modelli di business e la qualità della vita delle persone con particolare riferimento al rapporto tra imprese e utente finale come tra lavoratori e processi produttivi. La relazione con il consumatore muove già dalla fase di progettazione e design e si prolunga dopo il momento della vendita in una costante connessione e interrelazione mediante la rete. Tutto questo contribuisce a smaterializzare le filiere produttive abilitando ancor di più le catene globali del valore e internazionalizzando non solo la produzione ma anche i suoi fattori a partire dal lavoro. E, soprattutto, siamo di fronte a un modello economico che contribuisce alla decostruzione dei settori produttivi tradizionali, ampliando le opportunità delle imprese che possono collocarsi su nuovi ambiti di mercato combinando beni e servizi in offerte nuove. Una rivoluzione, quindi, che ha come caratteristica principale quella della rottura dei confini, siano essi geografici, settoriali o le mura fisiche della stessa impresa. Uno scenario di interconnessione che non riguarda unicamente il supporto della rete internet ma la possibilità di contatto tra spazi e mondi prima nettamente separati e distanti.
3. Gli impatti sul mercato del lavoro e lo scenario italiano
Questo scenario di trasformazione genererà, e in parte sta già generando, imponenti cambiamenti nel mondo del lavoro, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. L’Italia affronta le novità con un mercato del lavoro nel quale, nonostante i recenti incrementi dell’occupazione segnalati dall’Istat, permangono dualismi e criticità. Il quadro emerge chiaramente se paragonato allo scenario europeo. Il tasso di occupazione è tra i più bassi del continente, così come quello di disoccupazione tra i più alti, e soprattutto spicca la percentuale di inattivi. Stando alle statistiche, circa un terzo della popolazione italiana – nonostante la continua contrazione demografica – risulterebbe occupata, con la conseguenza che in media ogni occupato si trova a mantenere se stesso e altri due individui. Vi è poi il tema dell’invecchiamento medio della popolazione con gli ultimi 25 anni che hanno visto aumentare l’età media dei lavoratori italiani da 38 a 44 anni. Nello stesso arco temporale gli occupati con meno di 35 anni sono diminuiti di 3,6 milioni mentre quelli con più di 45 anni sono cresciuti di 4,2 milioni. Per non dimenticare, infine, il dualismo generazionale e di genere con giovani e donne che hanno tassi di occupazione nettamente inferiori rispetto alle medie europee.
La percentuale di lavoratori occupata nell’industria manifatturiera è tra le più elevate in Europa nonostante la costante diminuzione dal 1980. La crisi economica ha modificato profondamente la composizione settoriale e professionale del mercato del lavoro italiano. A partire dal 2007 il numero di operai si è ridotto di oltre 1 milione di unità, e soprattutto si sono ridotti gli operai in professioni tecniche e qualificate di circa 500mila unità. Nello stesso arco di tempo si è assistito alla crescita sia di personale non qualificato (480mila occupati) sia di lavoratori in professioni esecutive nel commercio e nei servizi. Numeri che potrebbero far pensare ad un trend negativo per l’occupazione nei settori in cui più Industria 4.0 può svilupparsi, ma tale analisi non terrebbe conto delle sovrapposizioni tra settori. Più interessante è notare come si configuri nel mercato del lavoro italiano uno scenario permeabile alla trasformazione, pur con una tendenza a subirla piuttosto che a governarla se è vero, come è vero, che la crescita degli occupati negli ultimi anni si concentra soprattutto in lavori a basso valore aggiunto e bassa produttività. Sono infatti i valori relativi alla produttività, ferma ormai da oltre quindici anni, che rendono oggi necessaria, e non solo opzionale, una transizione verso modelli produttivi in cui l’innovazione, espressa anche nella forma della digitalizzazione, possa contribuire a rendere più competitive le nostre imprese e più competenti i lavoratori.
E sono numerosi gli studi che leggono come strettamente connesse tra loro la produttività e due fattori: le competenze e nuovi modelli di organizzazione del lavoro. Gli ultimi dati OCSE mostrano come le performance italiane siano basse su entrambi questi indicatori. Questo per quanto riguarda sia le competenze di base che per quelle di tipo digitale, come mostrano questi grafici tratti dall’indagine PIAAC sulle competenze degli adulti dell’OCSE.
Allo stesso modo, relativamente alla diffusione delle cosiddette high-performance work practices, il nostro Paese si trova all’ultimo posto tra i Paesi OCSE.
Se è semplicistico dare per scontato un rapporto negativo tra lavoro e tecnologia, dobbiamo tuttavia ricordare come tra le origini dei cronici bassi tassi di occupazione italiani vi sia stata la scelta delle imprese nel secondo dopoguerra di investire esageratamente in tecnologie di processo labour saving. Anche al prezzo di rallentare la innovazione dei prodotti quale conseguenza delle necessità di ammortamento degli impianti. Si tratta di una anomalia nel contesto dei Paesi industrializzati che è stata ricondotta ad una sorta di diffusa diffidenza nei confronti del lavoro, testimoniata anche dalle forti resistenze ai rapporti di lavoro a tempo parziale in modo da contenere comunque il numero delle persone di cui occuparsi. Ma questo dimostra solo come le scelte politiche ed economiche siano il vero motore dell’utilizzo della tecnologia. L’idea che lo sviluppo tecnologico sia un fenomeno incontrollato ed incontrollabile, un destino al quale tutti sono costretti, è una comoda modalità per non interessarsi dei processi che stiamo vivendo. Così come lo è il negare che sia proprio la tecnologia ad aver consentito negli ultimi decenni un miglioramento della qualità del lavoro e della produttività delle imprese, oltre che della vita di ognuno, e allo stesso tempo creato nuovi lavori. Si calcola che in 27 Paesi europei la digitalizzazione abbia prodotto 11,6 milioni di posti di lavoro aggiuntivi tra il 1999 e il 2010. Questo ha portato anche alla scomparsa di altri posti in un fenomeno che è di sostituzione e trasformazione, non di pura distruzione. Se le ricostruzioni storiche ipotizzano tassi di occupazione del 65 per cento nel settore agricolo nel basso medioevo, oggi questi tassi negli stessi Paesi europei sono intorno al 3 per cento pur con i volumi della produzione agricola che sono drasticamente cresciuti e con una ridistribuzione del lavoro nei settori industriali e poi dei servizi. Sembrano così difficilmente sostenibili le tesi secondo le quali il 47 per cento o più delle occupazioni verranno automatizzate nei prossimi anni o, come ha sostenuto il World Economic Forum, scomparirebbero 5 milioni di posti di lavoro senza alcuna sostituzione entro il 2025. Le stime OCSE prevedono invece per l’Italia un 10 per cento di soggetti ad alto rischio di automatizzazione e un 44 per cento di occupati le cui mansioni cambieranno radicalmente. Ciò non vuol dire che non si verificheranno problematiche e che queste non siano già presenti, ma solo in una prospettiva non apocalittica è possibile affrontare le sfide della digitalizzazione nel mondo del lavoro muovendo con determinazione dalla centralità della persona.
4. I pericoli di polarizzazione professionale, reddituale e territoriale
La trasformazione di Industria 4.0 si innesta, nel nostro Paese, in uno scenario socio-economico già polarizzato e nel quale quindi possono ulteriormente accentuarsi le tendenze ovunque presenti alla ulteriore polarizzazione delle competenze, dei redditi e dei territori. Ne sono conseguenza le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, la diffusa paralisi della mobilità sociale e l’incremento della stessa povertà assoluta.
I dati mostrano come nel corso degli ultimi anni l’occupazione sia cresciuta in Italia in particolar modo nelle attività caratterizzate da bassi livelli di competenze e di specializzazione e in quelle che, al contrario, richiedono elevata professionalità. Nello stesso arco di tempo il numero di occupati nella fascia intermedia è diminuito di circa il 10 per cento in ragione della ampia dimensione di produzioni manifatturiere e, in esse, di lavori ripetitivi.
Inoltre i dati del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP) mostrano come in Italia la percentuale di lavori caratterizzati da mansioni di tipo routinario e intermedio sia superiore alla media europea con il conseguente rischio di una riduzione, a causa dell’automazione, di una ampia fetta di lavoratori facilmente sostituibili. Fenomeno questo che andrebbe a rafforzare una dinamica di polarizzazione.
Tale polarizzazione è riscontrabile anche relativamente al reddito medio delle nuove professioni e alla riduzione degli occupati tra gli appartenenti alla cosiddetta classe media. L’Italia si inserisce quindi in un trend riconosciuto da molti studi che mostra come diverse spinte (dalla tecnologia alla globalizzazione) abbiano contribuito alla riduzione di quella che un tempo era la componente centrale della popolazione lavorativa, con le relative conseguenze socio-economiche derivanti dalla crescita complessiva delle disuguaglianze di reddito. A ciò si aggiungono la storica polarizzazione territoriale tra Nord e Sud, un certo differenziale di dinamismo tra la fascia adriatica e quella tirrenica, alcune pericolose tendenze alla desertificazione di aree montane. Esse rischiano di acuirsi in ragione della capacità di intercettare i flussi di innovazione tecnologica e la scia della trasformazione digitale anche se proprio la caratteristica delle innovazioni potrebbe consentire di superare più velocemente ritardi infrastrutturali e barriere orografiche. Si è sottolineato da più parti come il salto tecnologico e la diffusa terziarizzazione tendano ad accentrare il valore all’interno di hub ad alta densità di capitale umano. Tale fenomeno sta già creando, complice anche la crisi economica, una polarizzazione all’interno delle stesse regioni e tra territori limitrofi generando sempre di più uno scollamento tra centri urbani e periferie e tra città che riescono ad intercettare gli investimenti in innovazione e quelle che rischiano la depressione in quanto fuori dal cerchio.
I divari presenti, e quelli che ulteriormente potrebbero prodursi, sollecitano i decisori ad avere una visione alta dei nuovi paradigmi possibili in funzione di una economia della qualità e di ambiziosi programmi che la alimentino attraverso investimenti nella ricerca e nella stessa domanda pubblica come la manutenzione e gestione del territorio o la salute dei cittadini. Le stesse amministrazioni pubbliche possono diventare fattore di competitività e stimolo all’innovazione se viene colta l’opportunità della loro digitalizzazione con la conseguente riqualificazione dei loro dipendenti. E il nostro futuro non potrà che essere la proiezione del patrimonio produttivo che abbiamo, della cultura industriale che si è depositata nelle grandi come nelle piccole imprese. Tutte le sfide che di seguito vengono descritte sono dedicate alle persone quale fine e misura di ogni azione pubblica con lo scopo di promuovere inclusione, coesione sociale, bene-essere lungo tutto l’arco di vita.
LE SFIDE
1. Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro
Piattaforme digitali, nuove tecniche protettive, diritto alla disconnessione, diritto alla formazione
Il tessuto produttivo e il mercato del lavoro sono quindi destinati a cambiare con velocità, pervasività e profondità, facendo venire meno i caratteri dominanti nel secolo passato in relazione ai quali il nostro diritto del lavoro si è strutturato.
Un tratto che accomuna gran parte dei mutamenti è la drastica riduzione dei costi di transazione, conseguente agli sviluppi tecnologici, che consente e consentirà sempre più largamente:
– un incontro più facile tra domanda e offerta di servizi, con la possibilità per i lavoratori di offrirli direttamente senza la necessità di un imprenditore che ne organizzi la commercializzazione e per i consumatori di accedervi a costi più contenuti;
– una destrutturazione delle forme di protezione del lavoro tradizionali, ma anche una possibilità di riappropriazione da parte delle persone che lavorano del controllo sull’uso del proprio tempo;
– un coordinamento più facile di ogni prestazione lavorativa individuale con il resto dell’organizzazione aziendale, anche senza necessità di un suo assoggettamento pieno a eterodirezione e/o a vincolo spazio-temporale, che può mettere in discussione le tipologie contrattuali e le tecniche protettive tradizionali;
– la diffusione di prestazioni ambigue, e comunque socio-economicamente dipendenti, in servizi offerti mediante piattaforma digitale con la conseguente necessità di un nuovo ordinamento protettivo che favorisca la continuità nel reddito degli interessati, un compenso orario minimo e il contributo per le assicurazioni previdenziali essenziali;
– la liberazione della prestazione lavorativa dal vincolo dell’orario di lavoro, che tuttavia rischia anche di determinare un’erosione della disciplina relativa al tempo massimo di lavoro per cui appare necessario rendere effettivo il “diritto alla disconnessione”;
– una più immediata e più penetrante visibilità dei diversi livelli di produttività delle prestazioni lavorative individuali con la conseguenza dell’esposizione dei lavoratori a uno stress da esame più intenso e continuo, ma soprattutto di una divaricazione crescente dei redditi da lavoro; una sfida, questa, alla capacità del sistema di assicurare a tutti i cittadini pari opportunità e di recuperare coloro che rimangono indietro;
– un ritmo più rapido di obsolescenza delle tecniche applicate, dei materiali e degli stessi prodotti, destinato a vanificare qualsiasi difesa statica della professionalità del lavoratore e a rendere indispensabile una tutela dinamica fondata su servizi efficaci di formazione e riqualificazione permanente;
– una più intensa concorrenza tra lavoratori, anche (ma non solo) residenti in Paesi molto distanti tra loro, che toglie efficacia alle tecniche di protezione sulle quali si è fondato l’ordinamento giuslavoristico nell’ultimo secolo, ponendo a rischio la “parte bassa” o “metà inferiore” di ciascuna categoria professionale;
– per converso, una possibilità molto più ampia per i lavoratori di cercare, sia individualmente sia collettivamente, l’imprenditore più capace di valorizzare il loro lavoro; dunque una più intensa concorrenza nel mercato del lavoro tra imprenditori, dalla quale può conseguire un rafforzamento del potere contrattuale dei lavoratori più qualificati.
Merita una preoccupata segnalazione la pretesa, alla luce del sole, di lavoro gratuito. Essa si determina in quelle imprese che ricorrono sistematicamente a tirocini lontani dai percorsi curricolari e in quelle istituzioni che mettono a gara prestazioni professionali senza remunerazione. Ne è presupposto la convinzione che la debolezza di molti contraenti, soprattutto giovani, li porti ad accettare la gratuità pur di accumulare esperienza. Queste pratiche devono essere contrastate non solo attraverso lo strumento normativo e l’attività ispettiva ma ancor più sotto il profilo culturale.
2. Le conoscenze, le abilità, le competenze
Il differenziale tra la velocità dell’innovazione e dell’apprendimento. Metodi pedagogici e fonti.
Uno dei maggiori impatti della Quarta rivoluzione industriale sul mercato del lavoro sarà quindi quello relativo ai nuovi fabbisogni di competenze e quindi alla preparazione dei lavoratori. Si tratta di un profilo trasversale alle diverse conseguenze del salto tecnologico. Qui consideriamo le modalità di acquisizione delle capacità preliminari ad essere continuamente occupabili.
Il riferimento è sia alle competenze di tipo tecnico-specialistico, che ruotano principalmente intorno alla componente digitale applicata ai processi di produzione come alle attività di progettazione degli stessi, sia alle competenze trasversali (soft skills) che possono consentire ai lavoratori un miglior approccio a scenari mutevoli e complessi, inclusa l’attitudine all’autoimprenditorialità. Sullo sfondo si esaltano la educazione morale e le conoscenze di base che generano le capacità di selezione delle fonti, di comprensione, di calcolo, di accesso alle tecnologie. Per la prima volta le fonti di apprendimento informale prevalgono su quelle formali sollecitando adeguati strumenti critico-riflessivi per un necessario discernimento.
I citati dati delle indagini Pisa e PIAAC dell’Ocse collocano l’Italia tra i Paesi nei quali tanto i giovani quanto gli adulti risultano dotati di insufficienti competenze di base, in particolare relativamente alla matematica, ai contenuti tecnico-scientifici e persino a quelli umanistici. Per questo emerge la necessità, prima di affrontare le sfide “alte” che Industria 4.0 ci pone, di riflettere sullo stesso sistema educativo e su iniziative estese di ri-alfabetizzazione degli adulti, onde evitare il rischio di marginalizzazione dal mercato del lavoro di molti perché indeboliti da una sorta di divario strutturale tra velocità del cambiamento e velocità dell’apprendimento. Alla base di ciò rimane l’obiettivo di un drastico incremento del numero dei laureati anche attraverso la riqualificazione dei percorsi triennali.
Si tratta quindi di ri-orientare il sistema educativo non tanto verso i contingenti fabbisogni delle imprese, quanto verso la continua impiegabilità in un mercato del lavoro caratterizzato da mutazioni veloci e imprevedibili. Le due sfide che deve affrontare riguardano quindi la capacità di anticipare il cambiamento adattando contenuti e linguaggi in modo trasversale ai corsi di studio e di attrezzarsi per la riqualificazione dei lavoratori adulti. A tutti, senza distinzioni o discriminazioni, devono essere garantite accessibilità e professionalità in relazione ai servizi e ai prodotti della rete. Si intendono, a questo proposito, anche quelle regole che ogni sito web dovrebbe rispettare affinché tutti, anziani e disabili inclusi, possano accedervi. Esigenze di armonizzazione europea sollecitano norme tecniche che consentano al mercato di apprezzare la coerenza degli strumenti tecnologici con gli standard internazionali. La dimensione digitale deve costituire non una nuova barriera ma una grande opportunità per lo sviluppo umano.
Possono rivelarsi ancor più utili nel nuovo contesto gli uffici di placement negli istituti scolastici e universitari, in quanto strumenti di dialogo e collaborazione con le economie dei territori per una feconda ibridazione tra saperi e modi di apprendere. Ciascuna famiglia di competenze, poi, richiede metodi pedagogici e fonti di apprendimento differenti. È proprio questa considerazione a segnare una prima distanza nei confronti dello scenario attuale, nel quale si tende ancora ad identificare la lezione tradizionale come unica sede formativa. Al contrario sono numerosi gli studi pedagogici che mostrano come, in contesti produttivi complessi e in costante evoluzione, sia ancor più urgente ampliare le fonti dell’apprendimento, identificando nelle situazioni di compito (e quindi nell’esperienza pratica, anche manuale) uno dei luoghi principali in cui acquisire capacità che nessuna lezione teorica potrebbe trasmettere. La stessa alternanza, o meglio integrazione, tra scuola e lavoro deve essere intesa come un metodo pedagogico funzionale ad imparare ad apprendere, ovvero all’allenamento di quella duttilità sempre più richiesta nel mercato del lavoro. Con essa anche i contratti di apprendistato finalizzati al conseguimento di titoli spendibili nel mercato del lavoro e i dottorati industriali consentono questa contaminazione, ponendo le premesse per un apprendimento continuo.
Allo stesso modo, una effettiva transizione verso Industria 4.0 passerà dalla capacità di riqualificare, sia nei contenuti che nell’immagine socio-culturale, i percorsi di istruzione tecnica. Troppo spesso ancora oggi, pur a fronte di una elevata domanda da parte del mercato del lavoro, l’opzione “formazione tecnica” appare una seconda scelta. Al contrario, il ripensamento di questi percorsi formativi, anche rafforzati da poderose conoscenze di base, può contribuire a rinverdirne la grande tradizione industriale italiana.
Consegue a quanto detto la impossibilità di fissare una trasformazione continua e complessa in figure e professioni decise a tavolino. Più utile sembra invece rendere le imprese capaci di valutare in modo costante i fabbisogni di competenze, senza la pretesa di una previsione a lungo termine e senza adattare la produzione ai modelli professionali esistenti, bensì con l’onere di costruirne sempre di nuovi.
3. Istituzioni per la vita attiva
Dalle politiche attive al nuovo mercato transizionale del lavoro
Il mercato del lavoro non potrà rimanere lo stesso alla luce della nuova rivoluzione industriale. Nel corso degli ultimi anni abbiamo già assistito ad una forte riduzione della durata media dei contratti di lavoro e la transizione da un posto di lavoro a un altro è sempre più statisticamente una normalità. Il numero dei contratti a termine è cresciuto ampiamente a partire dai primi anni 2000 e abbiamo raggiunto nel 2015 la media europea del 14 per cento sul totale. A ciò si aggiunge come negli ultimi anni si sia ridotta considerevolmente anche la durata media dei contratti a tempo indeterminato. I dati europei mostrano come, in particolare per le nuove generazioni, la tendenza alla transizione, anche tra contratti a tempo indeterminato, sia frequente. Se nel 1995 il 29 per cento dei lavoratori tra i 25 e i 39 anni avevano un tempo di permanenza media in un posto di lavoro superiore ai 10 anni, nel 2015 questa percentuale si è ridotta al 18 per cento, con un parallelo aumento di coloro che hanno tempi di permanenza tra 1 e 4 anni. Lo scenario di Industria 4.0, fortemente legato ai processi di innovazione, non potrà che accentuare il trenddi transizione costante; è anzi possibile immaginare che ne amplierà ed arricchirà i contenuti.
I vecchi modelli di politiche del lavoro, compresi i più recenti come la flexicurity, muovono da una idea di mercati tendenzialmente stabili nei quali la transizione tra un posto di lavoro e l’altro sia un fenomeno straordinario e residuale; per questo si ispirano alla logica emergenziale del soccorso nel momento della perdita del lavoro. Nei nuovi mercati della transizione continua occorrono invece istituzioni pubbliche, private e privato-sociali capaci di offrire sempre molteplici opportunità di apprendimento e di evoluzione delle abilità e delle competenze coerenti con le opportunità offerte dalla dimensione digitale in modo da evitare l’intrappolamento nei lavori poveri. Possono così crescere le potenzialità delle persone di muoversi con capacità negoziale lungo rapporti di collaborazione con più datori di lavoro, di passare rapidamente dall’autonomia alla subordinazione e viceversa, di partecipare a scambi di esperienze a distanza, di fornire personalmente (e tramite i propri beni) servizi che garantiscano forme di reddito primario o complementare. Sono infatti elementi intrinseci al fenomeno di Industria 4.0 la riduzione dei cicli di vita dei prodotti, la breve durata e l’intercambiabilità tra i modelli di business, lo sviluppo di reti di imprese, la diffusione di modelli di open innovation e altro ancora.
Il rischio principale è che i lavoratori non riescano a muoversi al ritmo del mercato, rimanendone schiacciati sia dal punto di vista reddituale che dal punto di vista psico-sociale. Allo stesso tempo, le attuali infrastrutture pubbliche e private non avrebbero la forza di reggere gli stimoli di un processo di transizione costante e generalizzata. Per questo motivo la sfida è quella di costruire un nuovo modello di mercato del lavoro inclusivo perché potenzialmente in grado di offrire opportunità a tutti. Al centro di esso si deve porre ciascuna persona, non solo in quanto lavoratore, ma integralmente intesa nella sua capacità di iniziativa e di relazioni all’interno dell’intera società. Gli strumenti che possono realizzare concretamente la centralità della domanda, dopo tanta autoreferenzialità dell’offerta, sono prioritariamente: le borse di studio per i giovani, la totale deducibilità delle spese per autoformazione per gli autonomi, il credito d’imposta per la formazione aziendale, l’assegno di ricollocazione (purché sistemico) per i disoccupati e gli inoccupati, i prestiti d’onore. Si tratta di misure e opportunità che sollecitano la responsabilità di ciascuno, in un contesto adeguatamente informato, di individuare i servizi di orientamento e formazione più adatti alle proprie esigenze. Possiamo così aspirare ad un mercato del lavoro che consenta la continua attivazione delle persone e che non intervenga in maniera paternalistica unicamente nelle situazioni di emergenza e di difficoltà.
Perché questo possa avvenire è peraltro essenziale che tutti gli attori siano integrati nella rete nazionale dei servizi al lavoro in modo che questa, pur rispettando le competenze costituzionalmente riconosciute alle Regioni e alle Province autonome, sia in grado di garantire risposte omogenee ai diritti economici e sociali di tutti i cittadini della Repubblica. Il nuovo mercato inclusivo del lavoro deve essere costituito dalle scuole, dalle università, dalle imprese, dalle parti sociali e dai loro strumenti bilaterali, dagli ordini professionali e dalle loro Casse previdenziali, dalle amministrazioni locali oltre che dai servizi per il lavoro pubblici e privati. Solo agendo duttilmente, nella dimensione anche geografica della prossimità, le persone non saranno sole ma potranno essere accompagnate in modo libero verso un processo di crescita e di affermazione personale e collettiva. Si tratta di abbandonare schemi tradizionali, come i profili professionali, per privilegiare le singole abilità che variamente combinate possano essere flessibilmente certificate.
In questo contesto, un ruolo primario possono averlo i fondi interprofessionali. Se dotati di maggiori dimensioni, regolati in modo semplice, certo e coerente con la missione di enti privati incaricati di un interesse generale, decentrati nei territori, vigilati e monitorati secondo criteri sostanziali, essi possono svolgere la funzione di motori della buona e utile formazione. Proprio in quanto espressione delle imprese e dei lavoratori in prossimità, possono evitare i pericoli di autoreferenzialità ed essere al contrario garanti della soddisfazione di una domanda che è loro compito analizzare continuamente nel divenire dei mercati locali del lavoro.
Tutte le attività educative e formative dovranno essere periodicamente oggetto di monitoraggio e di valutazione, in modo da verificare attraverso gli esiti la loro efficacia.
4. Meno legge, più contratto
Le relazioni di lavoro adattive. Salari e competenze. Mansioni e inquadramenti
Il lavoro sta cambiando e cambierà lungo direzioni difficili da codificare attraverso il rigido strumento legislativo. La fonte legislativa nel suo lento adattamento e nella sua rigida omogeneità dovrebbe per questo lasciare ai duttili contratti la specifica regolazione degli interessi reciproci per obiettivi comuni quali la crescita della produttività, delle competenze, dei salari. Leggi e contratti devono in ogni caso garantire standard retributivi minimi per ogni prestazione lavorativa, tanto dipendente quanto indipendente.
Nella recente contrattazione molte novità sono state prodotte nel terziario come nell’agricoltura. Nell’industria è significativa la trasformazione che proprio i metalmeccanici hanno saputo fare del loro tradizionale contratto collettivo nazionale. Se ieri esso era uno strumento pesante e invasivo, che dettava alle più diverse imprese anche i minuti comportamenti, oggi è diventato soprattutto la cornice rivolta a garantire formazione continua di qualità nonché a capacitare e incoraggiare accordi adattivi di prossimità nelle aziende, nei territori, nelle filiere in modo che cresca la produttività e i relativi benefici siano condivisi con i lavoratori. In particolare, non solo indica la via con cui incrementare i salari collegandoli ai risultati anche ove non vi sono rappresentanze sindacali, ma sollecita sperimentazioni che connettano il concreto accesso alle abilità e alle competenze con una interpretazione dinamica degli inquadramenti professionali. Le parti della più grande categoria industriale hanno quindi saputo transitare dai tradizionali meccanismi centralizzati a logiche esplicitamente sussidiarie che invocano condivisione, adattabilità e partecipazione.
Ciò è potuto accadere perché è prevalsa la consapevolezza circa il cambiamento epocale e le fatiche della transizione. La partecipazione dei lavoratori ai destini dell’impresa si fa cultura comune e si sostanzia innanzitutto nel fondamentale diritto a conoscere e ad apprendere nella concreta situazione di lavoro. L’empowermentdel lavoratore è la base, la precondizione, della crescita competitiva dell’impresa e della sua possibilità di rimanere impiegabile. Ed è evidente che una sostanziale esigibilità del diritto ad apprendere si realizza solo nel concreto delle situazioni di lavoro ove, anche attraverso l’adattamento di regole generali, si possono condividere obiettivi di produttività, di salari, di carriere. Gli stessi inquadramenti professionali, sino a ieri mezzo di difesa delle capacità del lavoratore dal pericolo di un loro insufficiente apprezzamento, oggi devono essere ridefiniti dinamicamente affinché corrispondano alla evoluzione delle capacità dei lavoratori. Saggiamente, il nuovo contratto sollecita sperimentazioni nelle aziende allo scopo di monitorarne l’efficacia anche attraverso componenti premiali delle retribuzioni skill-based.
È cominciato il superamento del formalismo giuridico tutto e solo difensivo, fondato sul presupposto della omologazione fordista del lavoro. Abbiamo il dovere di accelerarlo per favorire la penetrazione del diritto promozionale alla autosufficienza della persona. I diritti promozionali, le soft laws, non sono strumenti impotenti se regolati dalla contrattazione anche attraverso sanzioni civilistiche. Le teorie e le pratiche dei contratti aprono spazi di infinita fantasia per disincentivare i comportamenti opportunistici ed incentivare la convergenza degli interessi.
La rilevanza crescente della contrattazione imporrà riflessioni, con particolare attenzione all’articolo19 dello Statuto e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 231/13, sulla libertà di organizzazione e sulla rappresentatività delle associazioni sindacali come sugli organismi di rappresentanza nei luoghi di lavoro in termini tali da favorire la più ampia partecipazione dei lavoratori ed il possibile ricambio dei loro rappresentanti. Merita un rinnovato impulso il tema del coinvolgimento dei lavoratori nella vita delle imprese attraverso le molte forme di partecipazione già sperimentate e ulteriormente mutuabili dalle buone pratiche di altre società industrializzate in funzione del perseguimento di obiettivi sempre più condivisi.
5. La salute e sicurezza nel lavoro
Buone pratiche partecipative. Nuove tecniche. Sorveglianza sanitaria integrata
Anche nell’ambito regolatorio più sensibile, quello dedicato alla prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, lo sviluppo delle buone pratiche partecipative auspicato dal nuovo contratto dei meccanici e l’evoluzione della scienza e della tecnica consentono un migliore approccio sostanzialista per risultati. Le grandi innovazioni tecnologiche sono potenzialmente destinate a sostituire lavori ancora oggi pesanti o possibilmente pericolosi (esposizione a rumori e agenti chimici, impiego di attrezzature rischiose, ecc.), a migliorare la qualità del lavoro, a semplificare gli stessi adempimenti necessari a garantire la prevenzione di malattie e infortuni. Basti pensare alla agricoltura di precisione che riduce le prestazioni fisiche e l’impiego di agenti chimici o alla manutenzione da remoto che consente di prevenire le criticità e di ripararle immediatamente senza l’intervento diretto in loco. Sono peraltro prevedibili anche nuove possibili patologie correlate all’impiego delle macchine di nuova generazione. Il cambiamento del modo di lavorare, con il progressivo superamento dell’orario e della postazione fissa, richiede l’adeguamento di disposizioni costruite nel presupposto della tradizionale produzione industriale intra moenia. La continua evoluzione delle tecnologie della sicurezza consiglia incentivi e disincentivi che ne favoriscano l’impiego tempestivo. La dimensione “liquida” della nuova economia sollecita soprattutto una sorveglianza sanitaria del lavoro di tipo integrato, che non riduce la responsabilità specifica del datore di lavoro ma non considera il lavoro in modo separato dal resto della vita della persona. Ogni anno vi sono sottoposti circa dieci milioni di lavoratori per cui questo rilevante patrimonio di visite mediche costituisce un potenziale straordinario nella più generale politica di prevenzione se si integra nel fascicolo elettronico della salute di ciascuna persona, e inoltre un virtuoso esempio di uso di risorse private (aziendali) anche a fini pubblici. Nell’ambito del rapporto di lavoro possono essere inoltre promossi adeguati stili di vita, una maggiore consapevolezza circa la fertilità, specifiche attività di screening.
6. La vita buona
Il tempo per il lavoro, gli affetti, il riposo
Nel Novecento industriale il tempo di lavoro, così come il luogo, erano dimensioni eterodirette alle quali il lavoratore doveva sottostare in quanto non possedeva i mezzi di produzione. Il tempo di lavoro è il parametro mediante il quale si giunge a stabilire il salario corrisposto secondo un modello di economia che vede nella quantità di lavoro impiegata il valore dei prodotti. Ciò ha consentito di separare il tempo di lavoro dagli altri tempi di vita e in conseguenza di tutelare esigenze primarie come gli affetti e il riposo. La digitalizzazione del lavoro e la Quarta rivoluzione industriale contribuiscono a scardinare queste separazioni rendendo i tempi di vita molto più fluidi. La giornata suddivisa in tre blocchi di otto ore è oggi in molte professioni, anche tra coloro che lavorano nei settori più tradizionali, un modello sconosciuto. Gli studiosi hanno definito questa dinamica come quella di un tempo di lavoro “poroso” che spesso si sovrappone agli altri tempi di vita. L’economia della conoscenza fa sì che la componente intellettuale applicata alla produzione di un bene possa essere sconnessa dalla valutazione della sua durata temporale e sia più legata alle competenze e alle capacità del soggetto. In questo modo è il risultato ottenuto a contare, ed esso non è più legato in modo stretto ed inevitabile ad un tempo preciso come nell’organizzazione del lavoro taylorista. Se non è più vero l’assunto secondo cui sono le ore lavorate a fare la produttività, ne consegue la rilevanza economica, oltre che sociale, della qualità del lavoro e degli investimenti in ricerca e formazione che la determinano. La evoluzione della organizzazione produttiva consentita dalle nuove tecnologie agevola una distribuzione del tempo di lavoro secondo criteri di massimizzazione dell’occupazione e di conciliazione tra le esigenze dell’impresa e le esigenze dei lavoratori.
Si deve tuttavia considerare anche la sostenibilità in termini personali, familiari e sociali di una connessione costante con gli strumenti di lavoro. Il dibattito in corso sul diritto alla disconnessione quale diritto del lavoratore a poter “staccare” dal lavoro anche in termini immateriali, nasce proprio dal rischio di fenomeni di overworking che contribuiscono non solo a peggiorare gli equilibri psico-fisici del lavoratore e i suoi legami, ma anche la produttività stessa. Sul fronte dei rischi quello della connessione permanente risulta essere maggiore quantitativamente e qualitativamente rispetto a problemi novecenteschi quali il lavoro domenicale e gli straordinari.
Le regole, anche se espressione della flessibile fonte contrattuale, possono soccorrere, ma non risolvere il problema. Possono, ad esempio, liberare il lavoratore dal vincolo della connessione permanente da remoto con il datore di lavoro ma non sono in grado di liberarlo dal desiderio di perseguire senza tregua un risultato sulla base del quale sarà giudicato e remunerato. O dal bisogno di acquisire senza sosta informazioni che lo mantengano aggiornato rispetto al continuo divenire delle cose. Oltre alle regole dobbiamo, quindi, auspicare che nel nuovo contesto liquido si muova un uomo solido perché dotato di quei principi che danno valore ad una vita buona in quanto equilibrata tra lavoro, affetti e riposo. Si ripropone ancora una volta il tema della educazione di base e in essa di quella formazione morale che corrisponde ai principi che la nostra Carta fondamentale riconosce.
7. La geografia dei lavori.
Nuovi processi di urbanizzazione digitale, gli attori che creano valore
La spinta della globalizzazione non si è esaurita. La forte domanda di reintroduzione di una dimensione economico-politica nazionale ne è la prova, non la smentita. Le catene del valore globali sono oggi la normalità nella gestione dei modelli di business e di supply chain delle imprese moderne. Allo stesso tempo la tecnologia consente oggi anche alle piccole imprese che producono beni di qualità e di valore di ampliare i propri mercati grazie alle potenzialità della rete. Entrambe queste tensioni sono ricomprese all’interno di una tendenza dell’innovazione tecnologica a catalizzare il valore e con esso il capitale umano. Sia le grandi che le piccole imprese innovative richiedono infatti, per abilitare i propri processi, di collocarsi in contesti ad alta disponibilità di infrastrutture e di lavoratori dalle elevate competenze. In questo modo, come è stato osservato, si sviluppano oggi hub dell’innovazione che attirano talento e capacità laddove vi sono quelle realtà che sono più in grado di stimolarlo e potenziarlo. La dimensione metropolitana acquista così a tutti i livelli una nuova centralità e genera nuovi processi di urbanizzazione digitale, come mostrano i casi di San Francisco o di Seattle, ma anche di Milano in Italia. La dimensione geografica risulta, quindi, particolarmente importante se analizzata dal punto di vista della densità di conoscenza, e non solo dalla densità di popolazione. Le imprese del futuro acquistano esse stesse la dimensione urbana sviluppandosi in forma reticolare attraverso i diversi attori che concorrono alla creazione di valore come università, centri di ricerca, infrastrutture fisiche e digitali, amministrazioni locali, servizi per il lavoro, ecc. Risulta una sfida fondamentale sviluppare le città perché queste diventino attrattori di talenti e, al tempo stesso, monitorare con attenzione quegli ambiti territoriali che in una prima fase potrebbero scontare la fuga di cervelli e capitali verso gli hub.
Ma la dimensione geografica può essere inquadrata anche in una diversa prospettiva, più metaforica. Sempre più, infatti, il mondo del lavoro e delle professioni è caratterizzato da un universo in espansione di nuovi lavori, molto diversi tra loro e spesso dalla difficile definizione e comprensione. La digitalizzazione di professioni tradizionali, la smaterializzazione di alcune forniture di servizi prima unicamente fisici, la sovrapposizione dei settori produttivi e soprattutto la rapidissima evoluzione dei bisogni e dei costumi genera costanti turnover tra professioni, insieme a nascite e morti rapide di lavori. Accogliere questi lavori, garantendo un contesto “geografico” entro il quale possano svilupparsi è oggi fondamentale ed è la prima risposta a chi paventa la fine del lavoro su base tecnologica. Questa potrebbe avvenire unicamente a fronte della scomparsa dei vecchi lavori e degli ostacoli all’affermazione di lavori nuovi.
8. La vitalità demografica
Anticipo delle scelte di vita, procreazione, invecchiamento attivo
Se il dibattito sul futuro del lavoro oggi si dedica quasi totalmente alle conseguenze immediate sulla occupazione della tecnologia e dell’automazione, nondimeno devono essere considerati i cambiamenti di medio e lungo periodo indotti dalla combinazione della innovazione con gli andamenti demografici, segnati da una speranza di vita più lunga e dal calo delle nascite.
La debolezza delle coorti giovanili e le insufficienze del sistema educativo hanno affievolito la propensione agli investimenti innovativi ad alto rischio, usualmente maggiore in coloro che hanno una lunga prospettiva davanti a sé. Gli alti livelli di inattività tra i giovani e i ritardi nell’incontro con le esperienze lavorative hanno aggravato il problema. Si rende quanto meno necessario promuovere l’anticipo delle scelte di vita, dal lavoro alla procreazione.
Le esigenze di sostenibilità del sistema previdenziale hanno imposto l’allungamento della vita lavorativa per cui le imprese si troveranno sempre di più ad avere lavoratori affetti da patologie croniche. Questo significa immaginare soluzioni che possano garantire un equilibrio tra tempi di cura e tempi di lavoro, sia per tutelare il lavoratore che vuole continuare a svolgere la sua professione in periodi di malattia propria o dei congiunti, sia per garantire alle imprese sicurezza nella disponibilità della propria forza lavoro. L’invecchiamento dei lavoratori implicherà anche un ripensamento dell’organizzazione del lavoro e soprattutto delle mansioni nell’ottica di un adattamento alla capacità fisica. Da questo punto di vista non sono da sottovalutare le potenzialità delle tecnologie che consentono già oggi, e ancor di più lo faranno in futuro, di garantire sicurezza ed efficienza ergonomica anche a lavoratori maturi, oltre a ridurre gli elementi di sforzo e fatica di tutti i lavoratori così da poter giungere in età avanzata con minori conseguenze negative.
Allo stesso tempo, questo scenario avrà conseguenze anche sui livelli di competenze richiesti ai lavoratori che dovranno effettuare momenti di riqualificazione professionale ad ogni età per poter governare processi in evoluzione. Occorre ripensare quindi il concetto di invecchiamento attivo nell’ottica del potenziamento della persona e non ridurlo a modalità per proseguire la permanenza (spesso forzata) all’interno del mercato del lavoro, ma considerarlo come la possibilità, mediante la tecnologia e mediante un approccio che cominci ben prima dell’età matura, di continuare nella crescita personale con l’acquisizione di nuove competenze, nuove capacità e di mettere al servizio delle nuove generazioni l’insostituibile valore dell’esperienza.
9. Il nuovo Welfare della persona nella transizione continua
Continuità contributiva, secondo pilastro integrato, meno oneri sul lavoro
Il nostro modello sociale è stato edificato nel presupposto di andamenti demografici ed economici tendenzialmente stabili. La stessa dimensione delle politiche passive si giustificava nel contesto di transizioni brevi. Si sono già considerati molti degli elementi che hanno messo in crisi questo sistema: cambiamenti demografici, competizione internazionale, riduzione dei cicli di vita dei prodotti, mobilità professionale insistita e altro ancora.
La sfida principale allora diventa la costruzione di un nuovo modello di protezione e di sicurezza di ciascuna persona, di tutte le persone, che sia economicamente e socialmente sostenibile in un’epoca caratterizzata dalla transizione continua e dalla tendenziale accentuazione delle disuguaglianze. Non si fa riferimento, però, solo alle transizioni occupazionali ma al più generale cambiamento e alla trasformazione come cifra della complessità contemporanea. Il nuovo sistema di welfare deve quindi, in particolare, promuovere la vita attiva, intesa non solo come lavoro ma anche come formazione, cura del prossimo, natalità.
L’opera di riforma può e deve avere lo scopo ambizioso di garantire a tutti, ben più efficacemente rispetto al passato e allo stesso presente, condizioni di autosufficienza lungo tutto l’arco di vita così da offrire nuove certezze corrispondenti alle nuove fragilità e con un criterio universale più sostanziale. Il che ripropone considerazioni sulle fonti di finanziamento e sul possibile spostamento di quote del prelievo dalle contribuzioni sul lavoro alla fiscalità generale. Ad esempio, la pur recente riforma del sistema previdenziale appare costruita nel presupposto del vecchio mercato del lavoro stabile, nel quale molti potevano raggiungere una anzianità contributiva utile ad anticipare il momento della prestazione. Sarebbe tuttavia coerente con le esigenze di sostenibilità nel lungo periodo e con un sistema a ripartizione su base contributiva, ipotizzare versamenti pubblici figurativi per fasi socialmente rilevanti come l’apprendimento, la cura, la procreazione. O incentivare fiscalmente versamenti volontari tanto del datore di lavoro quanto del lavoratore nelle fasi di non attività, tanto più se prossime all’età di vecchiaia. Come una riflessione specifica meritano anche le contribuzioni non previdenziali con lo scopo di verificarne il corretto sinallagma con le prestazioni. In questo modo si può procedere ad una riduzione strutturale del costo del lavoro rinviando alcuni oneri alla fiscalità generale. Il Bilancio dello Stato, che annualmente registra trasferimenti all’Istituto Nazionale di Previdenza, può finanziare quindi non solo prestazioni assistenziali come la pensione sociale, il reddito di inclusione e le altre eventuali misure di sostegno connesse ad una idea di cittadinanza ma anche una parte motivata delle contribuzioni o gli oneri corrispondenti agli incentivi fiscali, ai versamenti previdenziali volontari e negoziati, ai costi di adesione ai fondi integrativi, alla deducibilità o detraibilità delle spese personali o aziendali che il legislatore ritiene di incoraggiare.
La persona non è peraltro una entità isolata ma è inserita in una fitta trama di relazioni sociali che disegnano tanto i bisogni quanto le possibili soluzioni in termini sussidiari. La combinazione del pilastro obbligatorio con un secondo pilastro collettivo, di fonte negoziale, tendenzialmente universale, realizzato da fondi bilaterali auspicabilmente in grado di integrare previdenza, sanità e assistenza secondo contabilità separate, di proteggere dalla culla alla tomba gli iscritti, può garantire caratteristiche modulari e quindi adattabili alle esigenze di ciascuno in ogni fase di vita. Basti pensare alla necessità di convertire molte tutele nella primaria assistenza della non autosufficienza, soprattutto quando questa si produce in assenza di un contesto familiare.
Ritorna la capacità della libera contrattazione, tanto di quella interna ad una categoria professionale per l’adesione a progetti collettivi, quanto di quella tra associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, quanto ancora di quella che si realizza nella dimensione aziendale. A questo proposito deve essere ulteriormente segnalato il contratto dei lavoratori metalmeccanici con i suoi impegni allo sviluppo della previdenza e della sanità complementare le cui prestazioni concorrono, senza prelievo fiscale, all’incremento del potere d’acquisto dei lavoratori.
La inevitabile riduzione della tradizionale base imponibile, anche in relazione alla separazione di molta ricchezza dal territorio dello Stato, impone la individuazione di nuove fonti di prelievo e la più generale rivisitazione del sistema tributario in funzione della stabilità di finanza pubblica, della riduzione delle disuguaglianze, della minore pressione fiscale sulle imprese – soprattutto piccole e medie – e sul lavoro con particolare attenzione ai processi di innovazione e formazione.
10. Conclusioni
In conclusione, il “mondo nuovo” con il quale i decisori istituzionali ed il sistema delle relazioni industriali dovranno progressivamente confrontarsi presenta caratteri strutturali notevolmente diversi rispetto a quelli che sono stati dominanti nel secolo passato, con la conseguenza anche di una erosione più o meno estesa dell’efficacia delle tecniche protettive tradizionali del lavoro. Di qui la forte segnalazione di saper creare un “ambiente” complessivamente protettivo, in quanto attrezzato ad offrire continue opportunità per una vita attiva e nuove sicurezze, nonché un ordinamento ripensato in funzione di tutele fondamentali più effettive. Il tratto dominante del futuro prevedibile del tessuto produttivo non sarà comunque costituito dalla “fine del lavoro”. Il progresso tecnologico non avrà negli anni a venire, come non ha mai avuto negli ultimi due secoli segnati da un progresso tecnologico continuo, il potere di rendere definitivamente inutile il lavoro umano. Se sapremo valorizzarlo, continuerà ad avere campi amplissimi nei quali esprimersi, rispondendo a esigenze vitali delle singole persone e della società. E sarà la stessa disponibilità di lavoro umano generata dalla scomparsa dei vecchi mestieri a stimolare la capacità di inventarne di nuovi. Però l’avvento della robotica e dell’intelligenza artificiale pone a rischio di sostituzione non più soltanto i mestieri di basso contenuto professionale, bensì anche quelli di contenuto elevato. E ciò potrà rendere più lunga e impegnativa la transizione dai vecchi ai nuovi lavori.
Questo è il motivo per cui è indispensabile un drastico miglioramento dell’efficienza dei servizi di istruzione, di orientamento e di formazione professionale affinché insegnino ad imparare sempre. Così come è indispensabile la loro coniugazione con un congruo sostegno del reddito delle persone coinvolte. Dobbiamo proporci, in particolare, una diffusione capillare dei servizi di assistenza e sostegno e una forte accelerazione dei tempi di riconversione delle persone coinvolte nel cambiamento. Terreno, questo, sul quale il nostro Paese accusa un ritardo grave.
Questo Rapporto vuole avere, innanzitutto, la forza della condivisione politica in un tempo di contrapposizioni radicali – e alla vigilia di una consultazione elettorale – su un tema così divisivo come il lavoro. L’assenza in esso di analisi specifiche sulla legislazione recente come di proposte puntuali sulla regolazione futura non ne costituisce ragione di debolezza. Soccorre infatti una visione alta e convergente sui pericoli impliciti nella grande trasformazione indotta dalle nuove tecnologie, sulle sfide conseguenti e sulle responsabilità delle istituzioni, dei corpi sociali, delle imprese, delle stesse persone. Si tratta del tentativo di offrire una sorta di pavimento comune alla nazione e al futuro confronto politico e sociale affinché si caratterizzi per una virtuosa competizione delle soluzioni. Non è poca cosa. È il modo migliore per concludere il mandato di questa Commissione parlamentare nella quale sono state frequenti le divergenze ma il confronto è sempre stato denso e documentato, come testimoniano i numerosi atti di maggioranza e di opposizione nonché talune convergenze costruttive.
ALLEGATI: le posizioni dissenzienti.
Allegato 1. – Nota della senatrice Maria Grazia Gatti (Art.1-MDP)
Pur apprezzando alcune modifiche apportate alla bozza iniziale del documento finale dell’indagine conoscitiva (di questo ringrazio la disponibilità del Presidente), siccome il documento resta comunque costruito in modo coerente intorno ad una analisi della situazione italiana e delle cause che l’hanno generata e delle possibili e “obbligate” evoluzioni che io non condivido non voterò il documento.
Questa breve nota è per riportare i punti principali di dissenso:
– per quanto riguarda l’analisi il punto essenziale è quello relativo alle disuguaglianze che si sono approfondite negli ultimi decenni (disuguaglianze che frenano la crescita) e all’enorme spostamento che si registra dai salari al profitto ed alla rendita e all’interno dei redditi da lavoro, lo spostamento dalla classe media (operai, impiegati) verso dirigenti, manager e grandi professionisti, con una caduta per me molto pericolosa dei tassi di sindacalizzazione (e questo è un problema);
– non sono d’accordo che siamo condannati ad un futuro di individui isolati che da soli si formano, si inventano il lavoro, si creano una prospettiva previdenziale e per questo andrà in tutti i modi evitata l’individualizzazione del rapporto di lavoro perché in questo modo si lascia sola la parte debole del rapporto;
– la formazione continua è importantissima per tutti. Ma la formazione continua ha bisogno di una formazione di base solida e capace di insegnare ad imparare e ad aggiornare le competenze: è fondamentale avere una formazione universitaria solida (che non si ottiene semplificando la laurea triennale), è imprescindibile allargare il numero di laureati in grado di competere con quelli degli altri Paesi sviluppati;
– non condivido l’ipotesi di un sistema di welfare (che non può più essere definito universale) affidato alla negoziazione di secondo pilastro, che riconduce sanità, assistenza e cura in generale in una ottica lavoristica che esclude da diritti, che sono di cittadinanza, tutti quegli individui che per ragioni di età, salute, disabilità e condizione familiare non accedono al mercato del lavoro o che con il mercato del lavoro hanno un rapporto discontinuo e precario, come sempre più frequentemente avviene per le giovani generazioni;
– infine, per evitare la perdita di lavoro sarà essenziale riuscire a mantenere e sviluppare il manifatturiero, anche quello qualificato (siamo buoni produttori di robot), avere dei progetti nazionali per la manutenzione e gestione corretta del territorio, per l’innovazione in ambito sanitario e nell’ammodernamento dei servizi territoriali e bisognerà poi valorizzare le nostre produzioni di eccellenza, quelle agricole e quelle artigianali. Bisognerà coinvolgere nelle decisioni le rappresentanze dei lavoratori e delle imprese, innovando i contratti nazionali ma confermandone il ruolo e definendo con loro le forme di partecipazione dei lavoratori.
Allegato 2. – Nota del senatore Giovanni Barozzino (Misto-SI-SEL)
Ho apprezzato lo sforzo del Presidente per recepire nel suo rapporto finale alcune delle questioni che avevo sollevate.
E’ stato rafforzato il riferimento all’importanza delle politiche pubbliche sia dal lato dell’offerta (formazione, in particolare) che dal lato essenziale della domanda.
Per le lauree triennali non è stata più richiesta la “semplificazione”, termine che poteva implicare un loro ulteriore depauperamento di contenuti formativi, ma la loro riqualificazione.
Pur mettendo in luce le criticità dell’aumento occupazionale registrato dall’Istat, non si sottolinea con la dovuta forza che le statistiche non registrano i posti di lavoro standard ma gli occupati, cioè quelli che hanno lavorato anche un’ora sola nella settimana delle rilevazioni. Si deve registrare il fallimento delle politiche per l’occupazione che hanno rese più precarie le tutele dei lavoratori (Jobs Act, decreto-legge Poletti sui contratti a tempo determinato) o che, dando contributi alle aziende per le assunzioni, hanno solo ridotto i costi per le imprese (sprecando circa 18 miliardi) senza creare posti di lavori stabili.
E’ stata inserita una maggiore problematicità a riguardo dei lavori gestiti con algoritmi dalle piattaforme digitali, un fenomeno che necessita di maggiori tutele per non ritornare sic et simpliciter al lavoro a cottimo con modalità ottocentesche.
Tra gli strumenti adatti a favorire la formazione sono state introdotte le borse di studio anche se rimane la proposta dei prestiti d’onore.
Si prevede esplicitamente il monitoraggio di tutte le attività formative mentre riteniamo che si debba indicare esplicitamente che, in particolare i crediti d’imposta alle aziende per le attività formative, non devono solo essere “monitorati” ma certificati con veri controlli pubblici, in primis da parte dell’Anpal.
Inoltre, ribadisco la mia contrarietà all’alternanza scuola-lavoro che oggi è praticamente fornitura di lavoro gratuito alle aziende senza, nella maggior parte dei casi, che ci sia alcun nesso tra i tirocini e lo studio degli alunni.
Per quanto concerne la rappresentatività è positivo che si richiami esplicitamente la sentenza n. 231/2013 della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la limitazione della rappresentanza ai soli sindacati firmatari dei contratti. Ma non c’è il richiamo alla necessità di una legge sulla rappresentanza che recepisca l’accordo interconfederale del 2013.
Rimane un riferimento positivo al welfare aziendale che a mio avviso rischia di reintrodurre nel nostro Paese un sistema corporativo di protezione sociale, così come appare perlomeno ambiguo il riferimento alla riduzione delle contribuzioni non previdenziali con il rischio di aprire la strada ad un’ulteriore privatizzazione della sanità.
Occorre che Industria 4.0 sia affiancato a Lavoro 4.0, come chiedono unanimemente i sindacati italiani. Non solo gli aspetti di innovazione tecnologica ed i temi della formazione e delle competenze devono divenire centrali, ma anche quello degli orari, della loro gestione, di una diversa redistribuzione e di nuove possibilità di riduzione dell’orario di lavoro, per fronteggiare efficacemente i rischi di disoccupazione tecnologica.
Infine, i vincoli ecologici di queste tecnologie non sono un riferimento “fuori tema” in quanto l’utilizzo di metalli rari e di “terre rare” implicano un chiaro limite a questo tipo di sviluppo, limite che si riverbera sui problemi occupazionali e sul modello di società che questa quarta rivoluzione industriale implica nel prossimo futuro.
Per tutte queste ragioni, pur apprezzando lo sforzo del relatore, non parteciperò al voto di questo documento.
Allegato 3. – Nota dei senatori Nunzia Catalfo, Sara Paglini e Sergio Puglia (M5S)
Il gruppo Movimento 5 stelle della 11a Commissione del Senato, esaminato il documento finale dell’indagine conoscitiva sul tema “Impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale”, in riferimento alla seconda parte del documento in esame (“SFIDE”) propone le seguenti osservazioni:
In merito al paragrafo 3 (Istituzioni per la vita attiva), in generale i contenuti riportati sono nel complesso certamente condivisibili. Particolare importanza riveste l’accento posto sulla necessità di offrire ai lavoratori opportuni strumenti al fine consentire loro di tenere il passo con i rapidi mutamenti in atto nel mercato del lavoro, tra cui la totale deducibilità delle spese per autoformazione degli autonomi. Al contrario, più di una perplessità suscita il ruolo attribuito ai fondi interprofessionali nel nuovo mercato del lavoro inclusivo, ruolo che viene addirittura definito come “primario”. Una enfatizzazione che appare eccessiva se non ingiustificata.
In merito al paragrafo 4 (Meno legge, più contratto), occorre prestare molta attenzione affinché la progressiva espansione degli ambiti regolati mediante la contrattazione non si traduca in una de-regolamentazione. In particolare ciò è importante per quanto riguarda i salari: è necessario infatti garantire una retribuzione equa al lavoratore in modo da assicurargli una vita e un lavoro dignitoso in condizioni di libertà, equità, sicurezza e dignità. A tal proposito, se è comunque prevedibile che il confine tra le figure del lavoratore autonomo e del lavoratore dipendente diventerà progressivamente più incerto, non si può non ricordare che tale distinzione caratterizza ancora largamente il mondo del lavoro. In tal senso, l’indicazione di “garantire standard retributivi minimi” appare troppo ambigua e generica nel momento in cui già oggi intere categorie di lavoratori e settori produttivi, in mancanza di una apposita definizione contrattuale, necessiterebbero invece della definizione di un “salario minimo orario”. Appare necessario in ogni caso sottolineare che la definizione legislativa di eventuali “standard retributivi minimi” come del “salario minimo” dovrebbe essere individuata promuovendo un ampio processo di consultazione tra i soggetti sociali interessati. Inoltre, presupposto per una espansione davvero fruttuosa della regolazione per via contrattuale di aspetti del rapporto di lavoro è l’effettiva rappresentatività delle parti contraenti. In tal senso è positiva l’indicazione della necessità di porre in essere una riforma degli organismi di rappresentanza nei luoghi di lavoro, superando l’attuale sistema, delineato dall’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori.
In merito paragrafo 9 (Il nuovo Welfare della persona nella transizione continua), non appare condivisibile la proposta visione, quasi entusiastica, di un sistema previdenziale integrativo esclusivamente privato in cui di fatto il pilastro pubblico appaia come il residuo di un vecchio, lento e irrecuperabile sistema sociale. E’ necessario, al contrario, un sistema previdenziale in cui il pilastro portante è proprio quello pubblico il quale deve essere perciò maggiormente valorizzato, modernizzandolo, riformandolo e rafforzandolo così da adattarlo alle esigenze ed ai bisogni odierni e a cui sia affiancato, non sovraordinato, un secondo pilastro integrativo pubblico e privato. Peraltro non è comunque condivisibile la visione di un pilastro con esclusivo monopolio privato che integri oltre a previdenza ed assistenza anche la sanità.
Appare chiara infine la necessità di garantire al lavoratore all’interno del nuovo mercato tutele che possano adattarsi sia alla persona che alle esigenze del mercato. Se è vero che le categorie lavorative come oggi caratterizzate andranno via via scomparendo, a causa dell’automazione e dell’informatizzazione che porterà l’assottigliamento delle differenze tra mansioni e lavori, non avrà più senso ancorare il welfare all’appartenenza o meno del soggetto a determinate categorie produttive o lavorative. Sarà necessario quindi sviluppare un nuovo paradigma su cui imperniare e strutturare il sistema di protezione sociale spostandolo dalla concezione di lavoratore a quella di Cittadino, spingendo quindi su un welfare a carattere Universale più che sul coordinamento e l’integrazione di varie tipologie di welfare settoriale ed aziendalistico. Insomma, come già sostenuto più volteè necessario ridisegnare il nuovo statuto delle garanzie, non solo del lavoro, ma del concetto stesso di essere cittadini. Occorre ridisegnare le basi del diritto all’esistenza, porre la questione centrale: che cosa siano oggi, a fronte delle trasformazioni sociali e globali, i diritti sociali; che cosa significhi dare la garanzia di un livello socialmente decoroso di esistenza, possibilità di scelta e autodeterminazione dei soggetti sociali. Il livello ideale, futuro e auspicabile, coincide con l’attuazione del reddito di cittadinanza universale, una misura unica, in grado di svolgere una doppia funzione: da un lato garantire un livello minimo di sussistenza e dall’altro incentivare la crescita personale e sociale dell’individuo attraverso l’informazione, la formazione e lo sviluppo delle proprie attitudini al fine di una reale e possibile inserimento del cittadino nel contesto lavorativo.
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Si ringraziano per l’apporto fornito nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione in sede di Ufficio di Presidenza allargato ai rappresentanti dei Gruppi la Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Valeria Fedeli, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Giuliano Poletti, e i rappresentanti di Federmeccanica, FIOM, FIM, UILM, CGIL, CISL, UIL, UGL, CIDA, AIDP, Confsal, CUB, Confindustria, Rete Imprese Italia, Coldiretti, Confagricoltura, CIA, ACI, ABI, ANIA, OCSE, Istituto italiano di tecnologia, ILO, CEI, SIMLII, Confprofessioni, Assolavoro, CUP, ISTAT, INAIL, INAPP, CNR, ADAPT, Digital Transformation Institute, IWA Italy, Fondirigenti, Fondartigianato, For.Te., Fondimpresa, For.Agri., Fon.Ar.Com., Fondir, Formatemp, Fondo Banche Assicurazioni, Politecnico di Milano, Università Bocconi di Milano, LUISS e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Si ringraziano inoltre ST Microelectronics, Consorzio 3 Sun, CNR, Università di Catania, Free Mind Foundry, Dolfin S.p.A. e Lamborghini Automobili per le utili indicazioni ricevute nel corso delle visite svolte dalla Commissione.
Si ringrazia in particolare il dottor Francesco Seghezzi di ADAPT per il prezioso contributo alla stesura del documento.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2914
La Commissione lavoro, previdenza sociale, esaminato il disegno di legge in titolo, premesso che il provvedimento interviene per sostenere il settore ittico, incentivando la gestione delle risorse e sostenendo le attività della pesca professionale e turistica;
osservato che nel settore ittico convergono molteplici criticità riguardanti i lavoratori, soprattutto delle piccole cooperative della pesca, per quanto riguarda la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro, l’alto fattore di rischio connesso all’attività svolta e gli scarsi introiti derivanti, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni.
Con riferimento all’articolo 3, comma 2, si suggerisce alla Commissione di merito di inserire tra i principi di delega il riconoscimento al personale dipendente imbarcato sulle navi o pescherecci – ivi compresi i soci lavoratori della cooperative piccola pesca adibite alla pesca marittima – dello svolgimento di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, così come disciplinato dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 67 del 2011.
Si suggerisce altresì di operare una armonizzazione tra le disposizioni di cui al Testo unico n. 81 del 2008 e la normativa contenuta nel Codice della navigazione (Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327), cui sono soggetti i lavoratori marittimi, poiché non è adeguatamente rispettata nel Codice la salvaguardia della salute e della sicurezza degli ambienti di lavoro marittimo.
Da ultimo, sarebbe opportuno, in riferimento all’articolo 343, comma 5, del Codice della navigazione, tutelare il diritto di contratto per i lavoratori, siano essi dipendenti di navi industriali o di piccole cooperative, nel caso in cui si verifichino casi di malattia o infortunio sul luogo di lavoro, includendo il lavoratore nel “registro delle assenze di bordo”, al fine di evitare che lo sbarco obbligato determini la risoluzione del rapporto di lavoro.
347ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
La seduta inizia alle ore 15.
SULLA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE
Il presidente SACCONI rivolge un caloroso benvenuto alla senatrice Mariarosaria Rossi, entrata a far parte della Commissione.
PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito e conclusione dell’indagine conoscitiva sull’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale.
Prosegue l’indagine conoscitiva, sospesa nella seduta del 4 ottobre.
Il presidente SACCONI (AP-CpE-NCD) dà conto di un’ultima proposta di documento conclusivo che recepisce le indicazioni emerse. Sono state raccolte, in particolare, le preoccupazioni sulla diffusione di prestazioni lavorative deboli dal punto di vista socio-economico. Significativa attenzione è stata dedicata anche alle attività di formazione, i cui esiti dovranno essere attentamente monitorati per valutarne l’efficacia. Si richiama inoltre la necessità di riflettere sui criteri della rappresentatività sindacale alla luce dell’interpretazione che la Corte costituzionale ha dato dell’articolo 19 della legge n. 300 del 1970 con la sentenza n. 231 del 2013.
La senatrice GATTI (Art.1-MDP) esprime apprezzamento per l’attenzione rivolta dal Presidente alle sollecitazioni emerse nel dibattito. Conferma la non partecipazione al voto e dà conto delle proprie perplessità su singole parti del documento, come quelle dedicate alla formazione.
Il senatore PUGLIA (M5S), sottolineando l’importanza del documento proposto e il metodo di lavoro seguito nel corso dell’indagine, si sofferma su singoli punti di dissenso, come il ruolo dei fondi interprofessionali e del sistema pubblico di previdenza. Al fine di dare un contributo costruttivo, dichiara però che il proprio Gruppo non parteciperà al voto, evitando di marcare la posizione di dissenso con un voto di astensione.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SI-SEL) plaude alla circostanza che in questa occasione si sia svolto un dibattito approfondito, che consentirà la valorizzazione di tutte le opinioni espresse. Riconosce l’accoglimento di alcune proposte del proprio Gruppo; evidenzia, però, perplessità sui temi dell’alternanza scuola-lavoro e delle forme di partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende, dichiarando infine che non parteciperà al voto sul documento finale.
Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII) esprime soddisfazione per il lavoro svolto, ritenendo che il mondo della politica, pur con i dovuti distinguo, riesca così a dare un fattivo contributo in un contesto storico caratterizzato da profonde e rapide trasformazioni. Pertanto il proprio Gruppo voterà a favore del documento conclusivo.
La senatrice FUCKSIA (FL (Id-PL, PLI)), auspicando che il metodo seguito in questa indagine conoscitiva sia riproposto in altre sedi, evidenzia le priorità rappresentate dalla formazione continua, dai nuovi rischi professionali e dalla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Conclude annunciando il proprio voto favorevole.
Il senatore BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE), premesso il proprio voto favorevole, sottolinea che il tema coinvolge tutti i settori della quarta rivoluzione industriale. Richiama inoltre la centralità della formazione permanente e le sperimentazioni seguite in alcune iniziative pilota, che la Commissione ha potuto apprezzare anche nel corso di alcune visite ad aziende e che nel documento sono prese in attenta considerazione.
La senatrice BENCINI (Misto-Idv) ritiene che la proposta del Presidente fornisca una visione adeguata dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e auspica che il documento finale possa costituire un punto di riferimento per le forze politiche. Annuncia pertanto il proprio voto favorevole.
La senatrice PARENTE (PD) ricorda l’ampio dibattito che si è svolto sul tema del lavoro 4.0. Dopo aver dichiarato il voto favorevole del proprio Gruppo, riconosce che anche le forze di opposizione hanno ricercato spunti di interlocuzione, accantonando momentaneamente proposte eccessivamente divisive.
Il PRESIDENTE, dopo aver ringraziato i componenti della Commissione per l’intento costruttivo manifestato nel corso dei lavori, ritiene opportuno dedicare idealmente il documento conclusivo ai giuslavoristi caduti per mano terroristica. Informa che domani, al termine della seduta antimeridiana dell’Assemblea del Senato, il documento verrà presentato alla stampa; invita pertanto tutti i componenti della Commissione a intervenire a questo appuntamento, rappresentando anche in tal sede le proprie posizioni. Preannuncia l’intento di investire del tema l’Assemblea, nelle forme previste dal Regolamento del Senato, e il progetto di promuovere al più presto un seminario di studi sul tema. Informa che le posizioni dissenzienti espresse dai senatori Gatti, Barozzino e dal Gruppo del Movimento 5 Stelle verranno allegate al documento conclusivo.
Presente il prescritto numero di senatori, la proposta di documento conclusivo è quindi approvata all’unanimità dei votanti.
IN SEDE CONSULTIVA
(2914) Interventi per il settore ittico. Deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 9a Commissione. Esame e rinvio)
La relatrice BENCINI (Misto-Idv) illustra, per le parti di competenza, il disegno di legge n. 2914, che interviene per sostenere il settore ittico, incentivando la gestione delle risorse ittiche e sostenendo le attività della pesca professionale e turistica. Si sofferma in particolare sull’articolo 3 recante delega al Governo in materia di riforma del sistema degli interventi compensativi a favore degli operatori della pesca nell’ambito degli interventi previsti dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). I criteri e principi direttivi ivi previsti devono assicurare un sostegno del reddito degli operatori della pesca marittima e la tutela dei livelli occupazionali. Con l’articolo 4 si istituisce per l’anno 2018 il Fondo per lo sviluppo della filiera ittica, destinato a finanziare programmi di formazione professionale e misure per migliorare la sicurezza e la salute del personale imbarcato. La relatrice passa infine ad illustrare l’articolo 6, con il quale si disciplinano i Centri di assistenza per lo sviluppo della pesca e dell’acquacoltura (CASP) chiamati a svolgere compiti di assistenza tecnico-amministrativa agli operatori della pesca.
La senatrice GATTI (Art.1-MDP) richiama le specificità del settore della pesca professionale, caratterizzato da una pluralità di normative che rendono difficile individuare le forme di tutela dei lavoratori. In particolare, lamenta che la pesca professionale non rientri tra quei lavori faticosi che consentono un accesso anticipato al trattamento pensionistico.
La senatrice FUCKSIA (FL (Id-PL, PLI)), dopo aver ricordato i numerosi e gravi rischi professionali del settore, fa presente che la materia della salute e sicurezza dei lavoratori della pesca è disciplinata dai decreti legislativi n. 271 del 1999 e n. 81 del 2008, nonché dal codice della navigazione, e auspica che questo settore professionale sia ricompreso tra i lavori usuranti, in quanto determina una riduzione dell’aspettativa e della qualità della vita dei lavoratori. Dà conto delle difficoltà che incontrano soprattutto le cooperative di piccole dimensioni nel sostenere i costi della propria attività professionale.
La senatrice GATTI (Art.1-MDP) puntualizza la differenza tra lavori usuranti e lavori particolarmente faticosi e pesanti, disciplinati dal decreto legislativo n. 67 del 2011, e cita l’articolo 343 del codice della navigazione, relativo ai casi di risoluzione di diritto del contratto di arruolamento dei marittimi, che a suo dire non assicura adeguate garanzie ai lavoratori della pesca in caso di infortunio o malattie professionali.
Il PRESIDENTE chiede ai Gruppi di far pervenire le proprie osservazioni alla relatrice, in modo da consentire l’espressione di un parere adeguatamente motivato nella seduta di domani, approfondendo in particolare le tematiche della salute e sicurezza dei lavoratori e le garanzie del reddito in caso di sospensione dell’attività lavorativa.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
IN SEDE REFERENTE
(2858) SACCONI. – Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate
(2918) Serenella FUCKSIA e QUAGLIARIELLO. – Riforma della disciplina in materia di equo compenso dei professionisti
(Seguito dell’esame congiunto e rinvio)
Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 4 ottobre.
Il presidente SACCONI annuncia che alla scadenza del termine sono stati presentati 57 emendamenti e 9 ordini del giorno riferiti al disegno di legge n. 2858, scelto dalla Commissione come testo base, pubblicati in allegato al resoconto.
La relatrice PARENTE (PD), sottolineata la delicatezza del tema, sollecita la presenza del rappresentante del Governo nella fase di discussione generale e di illustrazione degli emendamenti.
Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 16,15.
ORDINI DEL GIORNO ED EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE
N. 2858
G/2858/1/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
l’articolo 2 del disegno di legge in esame, prevede di assumere per la misura dell’equità del compenso, ferma restando la discrezionalità del giudice nel valutare caso per caso le patologie del rapporto, il riferimento ai parametri definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, dal decreto del Ministro della giustizia 17 giugno 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 luglio 2016, adottato ai sensi dell’articolo 24, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
le disposizioni normative richiamate nel disegno di legge in esame non coprono tutte le tipologie di prestazioni svolte dalle professioni ordinistiche;
ai fini di garantire una maggiore tutela ai professionisti, impegna il Governo: a prevedere la possibilità di uniformare la disciplina dell’equo compenso a tutte le tipologie di prestazioni svolte dalle professioni ordinistiche.
G/2858/2/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
è necessario, alla luce dell’ampio spettro di tipologie di professioni presenti, tutelare il maggior numero di categorie professionali che oggi operano nel mercato italiano;
serve un chiaro riferimento normativo anche per le professioni che non beneficiano di un ordine o di un collegio professionale, impegna il Governo:
a prevedere la possibilità di introdurre, all’interno di un quadro normativo, tutele in materia di equità del compenso anche per le professioni non organizzate e riconosciute dalla legge n. 4 del 2013.
G/2858/3/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
i rapporti tra professionisti e Pubblica amministrazione vedono quest’ultima come uno tra i clienti tanto importante, quanto insolvente;
il problema investe sia i professionisti ordinisti che quelli associativi, impegna il Governo:
a valutare l’opportunità di prevedere l’applicabilità di un equo compenso limitatamente ai rapporti tra professionisti e Pubblica amministrazione.
G/2858/4/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
i rapporti tra professionisti e Pubblica amministrazione vedono quest’ultima come uno tra i clienti tanto importante, quanto insolvente;
il problema investe sia i professionisti ordinisti che quelli associativi;
impegna il Governo:
a valutare l’opportunità di prevedere l’istituzione, all’interno del tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge n. 81 del 2017, di un comitato permanente quale sede di confronto e lavoro per la determinazione dei parametri minimi fissi per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e i professionisti ai sensi della legge n. 4 del 2013, nei rapporti con la Pubblica amministrazione, cui partecipano gli enti, i ministeri interessati, le istituzioni coinvolte e le forme aggregative rappresentanti le diverse professioni.
G/2858/5/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
la disciplina generale delle cosiddette clausole vessatorie è prevista nel codice civile all’articolo 1341 (Condizioni generali di contratto) – il quale al secondo comma dispone che «in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria» – e all’articolo 1342 (Contratto concluso mediante moduli o formulari), il quale prevede che per i contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari (…) si osserva la disposizione di cui al secondo comma dell’articolo 1341 del codice civile, ovvero le clausole vessatorie sono inefficaci se non sono approvate per iscritto;
tale disciplina è stata poi sostituita dal Codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005), il quale disciplina agli articoli 33-38 e 139-141 le clausole vessatorie nei rapporti tra professionisti e consumatori, sanzionandole non più con la mera inefficacia ma con la nullità,
impegna il Governo:
a prevedere la possibilità di armonizzare la disciplina delle cosiddette clausole vessatorie in un diverso quadro normativo con quanto previsto nel codice civile e di prevedere che la nullità di tali clausole o patti venga rilevata, anche d’ufficio, dal giudice.
G/2858/6/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
in attuazione dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione, la presente legge è finalizzata a tutelare l’equità del compenso dei professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente;
la risoluzione delle controversie insorte tra professionista e committente relativamente ai compensi professionali, mediante conciliazione, porterebbe ad una riduzione del carico giudiziario, nonché ad una limitazione delle spese che le parti devono affrontare e ad una riduzione dei tempi di risoluzione delle stesse;
l’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 28 del 2010, prevede la possibilità per i consigli degli ordini professionali, di istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilità, impegna il Governo:
a prevedere la possibilità, fermo il diritto delle parti, se lo ritengono opportuno, di rivolgersi comunque all’autorità giudiziaria, di istituire organismi speciali da parte dei Consigli dell’ordine, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per la conciliazione di controversie insorte tra professionista e committente relativamente ai compensi professionali ed ai criteri da porre a fondamento per la liquidazione di onorari e spese relativi alle prestazioni professionali.
G/2858/7/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
l’aggiornamento dei parametri per la determinazione dell’equo compenso tra il cliente e il professionista deve essere costante, al fine di assicurare un aggiornamento dei «costi di produzione» a carico del professionista;
impegna il Governo:
a prevedere la possibilità di considerare un adeguamento periodico dei parametri indicati per la determinazione dell’equo compenso in modo tale da adattarli alle esigenze emergenti delle realtà professionali, sentite le associazioni maggiormente rappresentative delle libere professioni interessate.
G/2858/8/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
è necessario, alla luce del quadro normativo attuale, precisare i concetti di «quantità e qualità del lavoro svolto» per le professioni regolamentate, al fine di tutelare l’attività del professionista e del suo cliente;
impegna il Governo:
a prevedere la possibilità di introdurre indici di valutazione del compenso, proporzionati ai costi sostenuti, la manodopera impiegata, la difficoltà e il pregio dell’opera prestata, con il fine ultimo di valutare con equità la prestazione professionale oggetto del contratto.
G/2858/9/11
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge recante «Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate», premesso che:
l’equilibrio di un contratto va analizzato in senso economico, considerando il «valore della prestazione», nonché in senso strettamente normativo, valutando l’equilibrio in base all’insieme delle prestazioni normative assunte dalle parti;
l’equità è un principio deontologico fondamentale per un’attività professionale;
impegna il Governo:
a prevedere la possibilità di disciplinare l’ipotesi di squilibrio contrattuale tra committente e professionista, stabilendo la nullità della clausola che attribuisce al primo la facoltà di recedere dal contratto senza la previa remunerazione del compenso relativo alle attività già svolte dal secondo o avviate in forza del contratto oggetto di rescissione.
1.1
ICHINO, LEPRI, FAVERO, SPILABOTTE
Sostituire l’articolo 1 con il seguente:
«Art. 1. – (Compenso minimo) – 1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, tenendo conto degli accordi collettivi che siano stati stipulati, a qualsiasi livello, nei settori interessati, determina con decreto il compenso minimo orario applicabile a qualsiasi attività di lavoro autonomo, ivi comprese le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, n. 3. Il detto compenso minimo deve essere determinato in misura tale da correggere le eventuali distorsioni che alterino il funzionamento del mercato del lavoro, senza tuttavia che ne derivi un effetto depressivo sulla domanda di manodopera. Quando la prestazione cui il compenso si riferisce non è definita o misurata in ragione del tempo, per la determinazione del compenso minimo si tiene conto dell’impegno temporale che normalmente la prestazione stessa richiede.
2. Il minimo retributivo di cui al comma 1 si applica anche per la retribuzione delle prestazioni lavorative rese dai soci di cooperative».
1.2
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
All’articolo 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente quando esso è una pubblica amministrazione.»;
b) dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano altresì ai professionisti di cui al comma 1 nel caso in cui, pur non essendo il committente una pubblica amministrazione, l’opera professionale sia espletata nell’ambito dell’affidamento di un contratto pubblico».
Conseguentemente:
a) sostituire l’articolo 2 con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la pubblica amministrazione) – 1. Nei rapporti di cui ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche del professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e delle pubbliche amministrazioni.
5. Le delibere che definiscono i parametri di cui al comma 2 sono adottate dal comitato permanente entro sei mesi dal suo insediamento. Ciascuna delibera si intende validamente adottata dal comitato permanente qualora abbiano preso parte alla votazione della stessa almeno i due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di cui al primo periodo ciascuna delibera può essere validamente adottata qualora abbia preso parte alla votazione della stessa almeno la maggioranza assoluta dei componenti del comitato permanente.
6. Il comitato provvede ogni due anni alla revisione ed all’aggiornamento dei parametri di cui al comma 2.
7. Ai componenti del comitato permanente non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.
8. la nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.3
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
All’articolo 1, apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente quando esso è una pubblica amministrazione.»;
b) dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano altresì ai professionisti di cui al comma 1 nel caso in cui, pur non essendo il committente una pubblica amministrazione, l’opera professionale sia espletata nell’ambito dell’affidamento di un contratto pubblico».
Conseguentemente:
a) sostituire l’articolo 2 con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la pubblica amministrazione) – 1. Nel rapporti di cui ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge del 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni.
5. Le delibere che definiscono i parametri di cui al comma 2 sono adottate dal comitato permanente entro sei mesi dal suo insediamento a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di cui al presente comma le delibere possono essere adottate a maggioranza assoluta.
6. Il comitato provvede ogni due anni alla revisione ed all’aggiornamento dei parametri di cui al comma 2.
7. Ai componenti del comitato permanente di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.
8. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti.»;
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.4
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente».
Conseguentemente:
a) all’articolo 2, sostituire il comma 2 con i seguenti:
«2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
2-bis. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
2-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni.
2-quater. Le delibere che definiscono i parametri di cui al comma 2 sono adottate dal comitato permanente entro sei mesi dal suo insediamento. Ciascuna delibera si intende validamente adottata dal comitato permanente qualora abbiano preso parte alla votazione della stessa almeno i due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di cui al primo periodo ciascuna delibera può essere validamente adottata qualora abbia preso parte alla votazione della stessa almeno la maggioranza assoluta dei componenti del comitato permanente.
2-quinquies. Ai componenti del comitato permanente non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.»;
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.5
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente».
Conseguentemente:
a) all’articolo 2, sostituire il comma 2 con i seguenti:
«2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
2-bis. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
2-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni.
2-quater. Le delibere che definiscono i parametri di cui al comma 2 sono adottate dal comitato permanente entro sei mesi dal suo insediamento a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di cui al presente comma le delibere possono essere adottate a maggioranza assoluta.
2-quinquies. Ai componenti del comitato permanente non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.»;
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.6
CATALFO, PUGLIA, PAGLINI
Al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente».
Conseguentemente:
a) all’articolo 2, sostituire il comma 2 con i seguenti:
«2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni dì cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
2-bis. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
2-ter. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e delle pubbliche amministrazioni.
2-quater. Ai componenti del comitato permanente di cui al comma 2-bis non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato».
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.7
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente quando esso è una pubblica amministrazione».
Conseguentemente:
a) sostituire l’articolo 2 con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con lo pubblica amministrazione) –
1.Nei rapporti di cui al comma 1 dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo l, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e delle pubbliche amministrazioni.
5. Le delibere che definiscono i parametri di cui al comma 2 sono adottate dal comitato permanente entro sei mesi dal suo insediamento. Ciascuna delibera si intende validamente adottata dal comitato permanente qualora abbiano preso parte alla votazione della stessa almeno i due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di cui al primo periodo ciascuna delibera può essere validamente adottata qualora abbia preso parte alla votazione della stessa almeno la maggioranza assoluta dei componenti del comitato permanente.
6. Il comitato provvede ogni due anni alla revisione ed all’aggiornamento dei parametri di cui al comma 2.
7. Ai componenti del comitato permanente non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.
8. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.8
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti; «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente quando esso è una pubblica amministrazione»
Conseguentemente:
a) sostituire l’articolo 2 con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nel rapporti con la pubblica amministrazione) 1. Nei rapporti di cui al comma 1 dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione del compensi del professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni.
5. Le delibere che definiscono i parametri di cui al comma 2 sono adottate dal comitato permanente entro sei mesi dal suo insediamento a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di cui al presente comma le delibere possono essere adottate a maggioranza assoluta.
6. Il comitato provvede ogni due anni alla revisione ed all’aggiornamento dei parametri di cui al comma 2.
7. Ai componenti del comitato permanente di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.
8. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.9
CATALFO, PUGLIA, PAGLINI
Al comma 1, sostituire le parole da: «iscritti», fino alla fine del comma, con le seguenti: «, siano essi iscritti ad un ordine o collegio professionale ovvero svolgano una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e a garantire certezza del diritto nei loro rapporti con il committente quando esso è una pubblica amministrazione».
Conseguentemente:
a) sostituire l’articolo 2 con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la pubblica amministrazione) 1. Nei rapporti di cui al comma 1 dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi del professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti che svolgono una delle professioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità di cui ai seguenti commi.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, è istituito, all’interno del Tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente composto dai rappresentanti dei soggetti previsti al comma 1 del medesimo articolo nonché dai rappresentanti degli enti e dei ministeri individuati dal decreto di cui al comma 4 del presente articolo, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, degli ordini e dei collegi professionali e delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le norme di funzionamento del comitato permanente, prevedendo in particolare:
a) i soggetti che devono essere rappresentati nel comitato permanente e il numero dei rappresentanti di ciascun soggetto;
b) l’istituzione, nell’ambito del comitato permanente, di:
1) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate, composta dai rappresentati degli ordini e dei collegi professionali e delle pubbliche amministrazioni;
2) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere, composta dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e delle pubbliche amministrazioni;
3) una commissione per la definizione dei parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti iscritti ad un ordine o ad un collegio professionale, composta dal rappresentati degli ordini e dei collegi professionali, dai rappresentanti delle associazioni e delle forme aggregative presenti nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4 e delle pubbliche amministrazioni.
5. Ai componenti del comitato permanente di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.
6. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
b) all’articolo 3, comma 1, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
1.10
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Per ”professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione” si intende l’attività economica diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di soggetti terzi, pubblici e privati, in modo personale, esercitata abitualmente e in via prevalente, mediante lavoro intellettuale e tecnico garantito dal possesso delle pertinenti qualifiche professionali. L’attività professionale deve essere svolta nel rispetto dei principi di responsabilità, autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica. Per ”prestazione professionale” si intende il compimento di atti e l’erogazione di servizi e opere attinenti a una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione, nel rispetto delle disposizioni di cui al Libro V, Titolo III, Capo II, del codice civile e dei principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea, con particolare riferimento all’articolo 59 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ed agli articoli 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in materia di tutela della libertà professionale e della libertà di impresa. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione possono essere esercitate in forma individuale, in forma associata o in forma societaria. In caso di esercizio delle suddette professioni in forma associata o societaria, devono comunque essere garantite e tutelate l’autonomia e l’indipendenza intellettuale e tecnica del professionista, anche per prevenire il verificarsi di situazioni di conflitto di interesse. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione sono esercitate nel rispetto delle vigenti disposizioni dell’ordinamento giuridico nazionale ed europeo, degli ordinamenti di settore e del codice deontologico che regolamenta l’esercizio delle professioni stesse».
1.11
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Per ”professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione” si intende l’attività economica diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di soggetti terzi, pubblici e privati, in modo personale, esercitata abitualmente e in via prevalente, mediante lavoro intellettuale e tecnico garantito dal possesso delle pertinenti qualifiche professionali. L’attività professionale deve essere svolta nel rispetto dei principi di responsabilità, autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica. Per ”prestazione professionale” si intende il compimento di atti e l’erogazione di servizi e opere attinenti a una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione, nel rispetto delle disposizioni di cui al Libro V, Titolo III, Capo II, del codice civile e dei princìpi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea, con particolare riferimento all’articolo 59 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ed agli articoli 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in materia di tutela della libertà professionale e della libertà di impresa. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione possono essere esercitate in forma individuale, in forma associata o in forma societaria. In caso di esercizio delle suddette professioni in forma associata o societaria, devono comunque essere garantite e tutelate l’autonomia e l’indipendenza intellettuale e tecnica del professionista, anche per prevenire il verificarsi di situazioni di conflitto di interesse».
1.12
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole:«ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Per ”professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione” si intende l’attività economica diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di soggetti terzi, pubblici e privati, in modo personale, esercitata abitualmente e in via prevalente, mediante lavoro intellettuale e tecnico garantito dal possesso delle pertinenti qualifiche professionali. L’attività professionale deve essere svolta nel rispetto dei princìpi di responsabilità, autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica. Per ”prestazione professionale” si intende il compimento di atti e l’erogazione di servizi e opere attinenti a una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione, nel rispetto delle disposizioni di cui al Libro V, Titolo III, Capo II, del codice civile e dei principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea, con particolare riferimento all’articolo 59 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ed agIi articoli 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in materia di tutela della libertà professionale e della libertà di impresa».
1.13
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione sono esercitate nel rispetto dei pertinenti princìpi deontologici, al fine di tutelare l’affidamento del committente nonché di garantire la qualità della prestazione e la migliore tutela degli interessi generali. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione possono essere esercitate in forma individuale, in forma associata o in forma societaria. In caso di esercizio delle suddette professioni in forma associata o societaria, devono, comunque essere garantite e tutelate l’autonomia e l’indipendenza intellettuale e tecnica del professionista, anche per prevenire il verificarsi di situazioni di conflitto di interesse. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione sono esercitate nel rispetto delle vigenti disposizioni dell’ordinamento giuridico nazionale ed europeo, degli ordinamenti di settore e del codice deontologico che regolamenta l’esercizio delle professioni stesse».
1.14
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione sono esercitate nel rispetto dei pertinenti principi deontologici, al fine di tutelare l’affidamento del committente nonché di garantire la qualità della prestazione e la migliore tutela degli interessi generali. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione possono essere esercitate in forma individuale, in forma associata o in forma societaria. In caso di esercizio delle suddette professioni in forma associata o societaria, devono comunque essere garantite e tutelate l’autonomia e l’indipendenza intellettuale e tecnica del professionista, anche per prevenire il verificarsi di situazioni di conflitto di interesse».
1.15
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione possono essere esercitate in forma individuale, in forma associata o in forma societaria. In caso di esercizio delle suddette professioni in forma associata o societaria, devono comunque essere garantite e tutelate l’autonomia e l’indipendenza intellettuale e tecnica del professionista, anche per prevenire il verificarsi di situazioni di conflitto di interesse».
1.16
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione, come individuati dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4 contenente disposizioni in materia di professioni non organizzate».
1.17
FUCKSIA
Al comma 1, sostituire le parole: «ordine o collegio professionale» con le seguenti: «ordine, albo, o collegio professionale e a tutti i professionisti esercenti un’attività intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione, come individuati dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4, contenente disposizioni in materia di professioni non organizzate».
1.18
BAROZZINO, DE PETRIS, PETRAGLIA, CERVELLINI
Al comma 1, dopo le parole: «ordine o collegio professionale», aggiungere le seguenti: «e delle professioni di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4,».
Conseguentemente:
a) All’articolo 2, apportare le seguenti modificazioni:
al comma 2, dopo le parole: «Si presume, fino a prova contraria,» aggiungere le seguenti: «per quanto concerne i professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale»;
dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
«2-bis. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo, per la liquidazione dei compensi dei professionisti di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4, un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri definiti con le modalità e dai soggetti di cui al successivo comma 2-ter.
2-ter. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2-bis viene istituito all’interno del tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente cui partecipano gli Enti e Ministeri interessati, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, le associazioni e le forme aggregative iscritte nell’elenco del Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è delegato ad emanare, entro e non oltre sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il regolamento attuativo del comitato per la definizione dei parametri delle prestazioni dei professionisti di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4.»;
al comma 3, dopo le parole: «o al collegio», aggiungere le seguenti: «o del professionista di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4»;
b) All’articolo 3, al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «o del professionista di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4».
c) Al Titolo, dopo le parole: «delle professioni regolamentate» aggiungere le seguenti: «e delle professioni di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4».
1.19
FAVERO
Al comma 1, dopo le parole: «professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale» inserire le seguenti: «e dei professionisti non organizzati in ordini o collegi ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
Conseguentemente:
a) all’articolo 2, comma 3, dopo le parole: «professionista iscritto all’ordine o al collegio» inserire le seguenti: «e del professionista di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4»;
b) all’articolo 3, dopo le parole: «professionista iscritto all’ordine o al collegio professionale» inserire le seguenti: «e del professionista di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4».
1.20
SPILABOTTE
Al comma 1, dopo le parole: «dei professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale» inserire le seguenti: «e dei professionisti di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4, nei rapporti con la pubblica amministrazione».
Conseguentemente, al Titolo aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e delle professioni di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4, nei rapporti con la pubblica amministrazione».
1.21
GATTI
Al comma 1, dopo le parole: «ordine o collegio professionale», aggiungere le seguenti: «e di coloro che esercitano professioni non organizzate ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
Conseguentemente, al Titolo, dopo le parole: «delle professioni regolamentate», aggiungere le seguenti: «e delle professioni non organizzate ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
1.22
SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI, MANDELLI
Al comma 1, dopo le parole: «ordine o collegio professionale e», aggiungere le seguenti: «delle professioni ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, nonché».
Conseguentemente, al Titolo, dopo le parole: «delle professioni regolamentate», aggiungere le seguenti: «e delle professioni ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione».
1.23
MUNERATO, BELLOT, BISINELLA
Al comma 1, dopo le parole: «professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale», aggiungere le seguenti: «nonché dei professionisti non organizzati in ordini o collegi ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
Conseguentemente, apportare le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, dopo il comma 2, inserire il seguente:
«2-bis. I parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti non organizzati in ordini o collegi ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, sono definiti dal tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81»;
b) all’articolo 2, comma 3, dopo le parole: «professionista iscritto all’ordine o al collegio», inserire le seguenti: «e del professionista di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4»;
c) all’articolo 3, dopo le parole: «professionista iscritto all’ordine o al collegio professionale», inserire le seguenti: «e del professionista di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4».
1.24
FUCKSIA
Al comma 1, dopo le parole: «professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale», aggiungere le seguenti: «nonché ai professionisti certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
Conseguentemente, ove ricorrano nei successivi articoli le parole: «professionista/professionisti iscritti agli ordini o collegi/collegio professionale», aggiungere le seguenti: «nonché ai professionisti certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
1.25
BARANI
Al comma 1, dopo le parole: «professionisti iscritti ad un ordine o collegio professionale», aggiungere le seguenti: «nonché ai professionisti certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4»,
Conseguentemente, ove ricorrano nei successivi articoli le parole: «professionista/professionisti iscritti agli ordini o collegi/collegio professionale», aggiungere le seguenti: «nonché ai professionisti certificati e qualificati ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4».
1.26
SPILABOTTE
Al comma 1, sostituire le parole: «il committente», con le seguenti: «la pubblica amministrazione».
1.27
SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI, MANDELLI
Al comma 1, sostituire le parole: «il committente», con le seguenti: «la Pubblica Amministrazione».
1.28
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «quando esso è una pubblica amministrazione»;
b) dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano altresì ai professionisti di cui al comma 1 nel caso in cui, pur non essendo il committente una pubblica amministrazione, l’opera professionale sia espletata nell’ambito dell’affidamento di un contratto pubblico».
Conseguentemente, all’articolo 2:
a) sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. Nei rapporti di cui ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo»;
b) sostituire la rubrica con la seguente: «Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la pubblica amministrazione».
1.29
CATALFO, PUGLIA, PAGLINI
Al comma 1 aggiungere, in fine, le seguenti parole: «quando esso è una pubblica amministrazione».
Conseguentemente, all’articolo 2:
a) sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. Nei rapporti di cui al comma 1 dell’articolo 1 è nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo»;
b) sostituire la rubrica con la seguente: «Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la pubblica amministrazione».
1.30
GATTI
Al comma 1, dopo le parole: «con il committente», aggiungere le seguenti: «, ivi compresa la Pubblica Amministrazione».
Conseguentemente, all’articolo 2, comma 1, dopo le parole: «della prestazione», aggiungere le seguenti: «, ivi compresa la Pubblica Amministrazione,».
1.31
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Al comma 2, dopo le parole: «prestazioni professionali», aggiungere le seguenti: «, tenuto conto della difficoltà e del pregio della stessa, del costo sostenuto dal lavoratore autonomo e della manodopera eventualmente impiegata».
1.32
FUCKSIA
Al comma 2, aggiungere in fine il seguente periodo: «In particolare l’equo compenso deve, in ogni caso, assicurare la remunerazione economica dell’opera svolta, comprensiva del valore economico e di risultato dell’opera, dei costi di produzione e del valore aggiunto eventualmente arrecato al processo di produzione dell’impresa nonché dell’utile da conseguire per il professionista».
1.33
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. Ai fini della presente legge, si considerano committenti anche le pubbliche amministrazioni».
2.1
SPILABOTTE
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo) – 1. In conformità all’articolo 101 del Trattato 25 marzo 1957 sul funzionamento dell’Unione europea, sono nulle, ai sensi del comma 2 dell’articolo 1, le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenuto anche conto dei costi sostenuti dal prestatore d’opera; sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi così come stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto ministeriale ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, per la professione forense.
2. La convenzione, il contratto, l’esito della gara, la predisposizione di un elenco di fiduciari, o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore a tali valori può essere impugnato dal professionista innanzi al tribunale del luogo ove il professionista ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata. Il tribunale procede alla sua rideterminazione secondo i parametri ministeriali in vigore relativamente alle attività svolte dal professionista e tenuto conto dell’opera effettivamente prestata, richiedendo se necessario al professionista, se non già in atti, di acquisire dall’ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere di congruità sul compenso o sugli onorari, che costituisce piena prova sulle caratteristiche, l’urgenza e il pregio dell’attività prestata, sull’importanza, la natura, la difficoltà e il valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, i risultati conseguiti, il numero e la complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. È fatto divieto al giudice di avvalersi in tale procedimento della consulenza tecnica.
3. Sono altresì nulle le pattuizioni che vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongono l’anticipazione di spese o che comunque attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso.
4. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista iscritto all’ordine o al collegio che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
2.2
SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI, MANDELLI
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione) – 1. È nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra il professionista e la Pubblica Amministrazione, committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e i professionisti ai sensi della legge n. 4 del 2013, definiti con le modalità e dai soggetti di cui al successivo comma 3.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, con regolamento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, viene istituito all’interno del tavolo tecnico di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, un comitato permanente cui partecipano gli Enti e i Ministeri interessati, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, gli ordini, albi e collegi professionali, le associazioni e le forme aggregative iscritte nell’elenco del Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
4. All’interno del tavolo di cui al comma 3, possono essere costituite delle Commissioni per:
a) la definizione dei parametri delle prestazioni riguardanti attività riservate composte dai soli rappresentanti degli ordini e le istituzioni;
b) la definizione dei parametri delle prestazioni libere composte dai soli rappresentanti delle associazioni e le istituzioni;
c) la definizione dei parametri delle prestazioni libere anorché tipiche delle professioni regolamentate composte dai rappresentanti dei professionisti regolamentati, associativi e le istituzioni.
5. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
2.3
SPILABOTTE
Sostituire l’articolo 2 con il seguente
«Art. 2. – (Clausole che prevedono un compenso non equo nei rapporti con la pubblica amministrazione) – 1. È nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra il professionista in favore della pubblica amministrazione, committente della prestazione, prevedendo un compenso non equo.
2. Si presume manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi e dei professionisti di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4, definiti con le modalità e dai soggetti di cui al comma 3.
3. Ai fini della determinazione dei parametri di cui al comma 2, nell’ambito del tavolo di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, è istituito, un comitato permanente cui partecipano gli enti e i ministeri interessati, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, gli ordini, albi e collegi professionali, le associazioni e le forme aggregative iscritte nell’elenco del Ministero per lo sviluppo economico ai sensi della legge n. 4 del 2013.
4. Il tavolo di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, ha il compito di:
a) definire i parametri delle prestazioni riguardanti le attività svolte dai rappresentanti degli ordini;
b) definire i parametri delle prestazioni libere riguardanti le attività svolte dai rappresentanti delle associazioni;
c) definire i parametri delle prestazioni libere ancorché tipiche dei professionisti regolamentati svolte dai rappresentanti dei professionisti regolamentati e associativi.
5. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 1 opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti».
2.4
ICHINO, LEPRI, FAVERO, SPILABOTTE
All’articolo 2 apportare le seguenti modificazioni:
a) sostituire il comma l con il seguente:
«1. Nel contratto stipulato dal professionista con il proprio committente è nulla la clausola che determini il compenso in modo tale che esso risulti inferiore rispetto allo standard fissato dell’articolo 54-bis della legge 21 giugno 2017, n. 96, di conversione del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, aumentato del 50 per cento. Quando la prestazione sia svolta senza utilizzazione di una struttura o di attrezzature proprie del professionista, non si applica la maggiorazione del 50 per cento dello standard minimo. Quando la prestazione non sia misurata contrattualmente in ragione della sua estensione temporale, nella determinazione del compenso deve tenersi conto del tempo di lavoro normalmente necessario per l’esecuzione della prestazione stessa.»;
b) sopprimere il comma 2;
c) sostituire la rubrica con la seguente: «(Disposizioni in materia di determinazione dei compensi)».
2.5
GATTI
Al comma 1, dopo le parole: «della prestazione» aggiungere le seguenti: «, ivi compresa la Pubblica Amministrazione,».
2.6
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Al comma 1, dopo le parole: «non equo» aggiungere le seguenti: «o attribuendo allo stesso la facoltà di recedere dal contratto senza la corresponsione al professionista del compenso relativo alle attività già svolte o avviate in forza del contratto oggetto di rescissione».
Conseguentemente, al comma 3 sostituire le parole: «della clausola o del patto di cui al comma 1» con le seguenti: «delle clausole o dei patti di cui al comma 1».
2.7
GATTI
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Sono altresì nulle in quanto vessatorie, anche qualora siano state oggetto di specifica trattativa, le clausole che consistono:
a) nell’attribuzione al committente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive del professionista o del lavoratore autonomo a titolo gratuito;
b) nella previsione di clausole che impongono al professionista o al lavoratore autonomo la rinuncia al rimborso delle spese».
Conseguentemente, all’articolo 2, comma 3, dopo le parole: «al comma 1» aggiungere le seguenti: «e 1-bis».
2.8
SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Al comma 2, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «nonché ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate, adottati dal decreto del Ministero della salute n. 165 del 19 luglio 2016, adottato ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27».
2.9
FAVERO
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. I parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti non organizzati in ordini o collegi ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, sono definiti dal tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81.».
2.10
GATTI
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. Per coloro che esercitano professioni non organizzate ai sensi della 14 gennaio 2013, n. 4. si presume, fino a prova contraria, manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore a quello previsto dai contratti collettivi o dagli accordi collettivi stipulati dalle associazioni di lavoratori autonomi, ove applicabili alle parti. Il lavoratore autonomo può in ogni caso chiedere al giudice di determinare l’equo compenso nella misura desumibile anche dalle regole riguardanti prestazioni comparabili».
2.11
GATTI
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. Per i professionisti iscritti agli ordini o collegi per i quali non sono stati stabiliti parametri per la liquidazione dei compensi e per coloro che esercitano professioni non organizzate ai sensi della 14 gennaio 2013. n. 4, si presume, fino a prova contraria, manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore al minimo salariale e stipendiale previsto da contratto collettivo nazionale con riferimento a inquadramento e categoria dei lavoratori subordinati con mansioni eguali o analoghe a quelle del professionista».
2.12
GATTI
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. Per i professionisti iscritti agli ordini o collegi per i quali non sono stati ancora stabiliti parametri per la liquidazione dei compensi, il Governo è tenuto ad adottare i relativi decreti ministeriali previsti all’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, entro un anno dalla promulgazione della presente legge».
2.13
GATTI
Al comma 3, sopprimere le seguenti parole: «iscritto all’ordine o al collegio».
2.14
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
«3-bis. Ai fini della prima applicazione della presente legge, i parametri di cui al comma 2 del presente articolo devono essere aggiornati, avendo riguardo, tra l’altro, ai costi di produzione a carico dei professionisti. A tal fine, il Ministero competente convoca, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le associazioni maggiormente rappresentative delle libere professioni interessate, per acquisire i loro pareri. I parametri devono comunque essere inderogabilmente aggiornati entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge. Successivamente, il Ministero aggiorna i parametri di cui al comma 2 almeno ogni due anni».
2.15
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
«3-bis. Ai fini della determinazione dell’equo compenso tra le parti, non si applicano quelle disposizioni presenti nei decreti ministeriali di cui al comma 2 che prevedano la possibilità di una riduzione del compenso inferiore ai minimi».
2.16
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
«3-bis. Le clausole o patto di cui al comma 1 devono ritenersi vessatorie e nulle anche se apposte ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile. La nullità di tali clausole o patto viene rilevata, anche d’ufficio, dal giudice».
3.1
GATTI
Sopprimere l’articolo.
3.2
BAROZZINO, DE PETRIS, PETRAGLIA, CERVELLINI
Al comma 1, dopo le parole: «del compimento della prestazione», aggiungere le seguenti: «o della conclusione della prestaziione o dell’incarico».
3.3
SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI, MANDELLI
Al comma 1, sopprimere le parole: «iscritto all’ordine o al collegio professionale».
3.0.1
SACCONI
Dopo l’articolo, inserire il seguente:
«Art. 3-bis.
(Equo compenso per le professioni di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4)
1. Ai professionisti di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, spetta l’equo compenso. È considerato equo il compenso non inferiore agli usi di cui all’articolo 2225 del codice civile.
2. Si presume, fino a prova contraria, manifestamente sproporzionato all’opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore agli usi rilevati e accertati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, anche avvalendosi delle Camere di commercio, sentite le associazioni iscritte all’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, n. 4.
3. È nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione prevedendo un compenso non equo.
4. La nullità della clausola o del patto di cui al comma 3, opera a vantaggio del professionista che esercita la relativa azione, ferma restando la validità del contratto nelle altre sue parti.
5. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
3.0.2
MANDELLI, SERAFINI, AURICCHIO, MARIAROSARIA ROSSI
Dopo l’articolo, aggiungere il seguente:
«Art. 3-bis.
(Istituzione di organismi speciali per la risoluzione delle controversie)
1. Costituisce misura volta alla deflazione del contenzioso giudiziario l’istituzione di organismi speciali da parte dei Consigli dell’Ordine ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per la conciliazione di controversie insorte tra professionista e committente relativamente ai compensi professionali ed ai criteri da porre a fondamento per la liquidazione di onorari e spese relativi alle prestazioni professionali. La gestione del contenzioso giudiziale relativa alle controversie insorte tra professionista e committente relativamente ai compensi professionali ed ai criteri da porre a fondamento per la liquidazione di onorari e spese relativi alle prestazioni professionali viene attribuita al Tribunale Civile, Sezione Lavoro, individuando a tal fine una sezione specializzata».
3.0.3
GATTI
Dopo l’articolo, aggiungere il seguente:
«Art. 3-bis.
(Divieto di esercizio di incarichi a titolo gratuito)
1. In ogni caso è fatto divieto alla Pubblica Amministrazione di emanare bandi che prevedano richieste di prestazioni, incarichi, anche di consulenza, a titolo gratuito».
3.0.4
GATTI
Dopo l’articolo, aggiungere il seguente:
«Art. 3-bis.
(Monitoraggio del tavolo tecnico di confronto permanente)
1. Il coordinamento e il monitoraggio sull’applicazione della presente legge sono affidati al tavolo tecnico di confronto permanente di cui all’articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81».
3.0.5
PUGLIA, CATALFO, PAGLINIDopo l’articolo, aggiungere il seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifica della legge 31 dicembre 2012, n. 233)
1. All’articolo 2 della legge 31 dicembre 2012, n. 233, al comma 4, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ”La delibera che definisce l’equo compenso si intende validamente approvata dalla Commissione qualora abbiano preso parte alla votazione della delibera stessa almeno i due terzi dei suoi componenti. Decorso il termine di due mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione la delibera può essere validamente approvata qualora abbia preso parte alla votazione della stessa almeno la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione”».