Il ritorno delle causali “comporterà un aumento del contenzioso, che le riforme degli anni scorsi avevano contribuito ad abbattere: le cause di lavoro sui contratti a termine sono passate da oltre 8.000 nel 2012 a 1.250 nel 2016”. La proposta che Confindustria sottopone al Parlamento è quindi di “prevedere che l’apposizione di un termine massimo di 24 mesi per la durata del contratto a termine non sia subordinata all’individuazione di causali”. A chiederlo è il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, in audizione alla Camera sul Dl dignità.
Il provvedimento “rende più difficoltoso il ricorso ai contratti a termine e alla somministrazione”, spiega Panucci. In sostanza, il decreto-legge “individua nel contratto a tempo determinato e nella somministrazione gli strumenti contrattuali cui andrebbe imputata la cd. precarizzazione dei rapporti di lavoro. Da qui la scelta di imporre una “stretta” alla disciplina vigente, con tanto di retromarcia, come anticipato in premessa, rispetto a scelte compiute solo pochi anni fa”.
I dati, tuttavia, “non sembrano quindi supportare la preoccupazione di un aumento della precarietà del lavoro legata a comportamenti opportunistici da parte delle imprese. Al contrario, la quota di aumento del lavoro temporaneo spiegato dalla corrispondente riduzione di collaborazioni e lavoro accessorio è verosimilmente associata a una diminuzione della precarietà, anziché al temuto aumento”, ha spiegato Panucci.
Le modifiche introdotte, dunque, “rischiano di avere un impatto negativo sull’occupazione complessiva”. Ora “è necessario modificare le misure contenute nel decreto-legge sulla disciplina dei contratti a termine, che sono inefficaci rispetto agli obiettivi dichiarati e potenzialmente pregiudizievoli per il mercato del lavoro”.