La politica di austerity può azzerare l’effetto positivo innescato dalle riforme. Lo scrive ”
“La flessibilità di bilancio – spiega il Csc – è stata pensata come un incentivo per adottare virtuose riforme strutturali e investimenti, per i paesi che sono riusciti, con alti costi sociali, a ridurre i deficit pubblici sotto la soglia del 3%. Oltre che per fronteggiare situazioni eccezionali, come un flusso migratorio straordinario, e una congiuntura economica particolarmente negativa”.
“La clausola delle riforme è la parte più rilevante della flessibilità, sia politicamente sia economicamente. Così come è stata ideata e applicata ha gravi limiti che ne minano l`efficacia – prosegue Confindustria -. I limiti sono: la dimensione ridotta, pari al massimo a 0,5 punti di Pil, e la concentrazione in un solo anno, che penalizzano quelle riforme che abbiano costi superiori alla soglia e protratti nel tempo; la rapidità del rientro, che impone la riduzione del maggior deficit in tre anni. Diventa così elevato il rischio di azzerare l`efficacia delle riforme stesse, a causa degli effetti recessivi delle manovre necessarie a riassorbire la deviazione consentita dalla clausola”.
“Inoltre, le manovre di rientro post-flessibilità, peggiorando nell`immediato la performance dell`economia, minano il consenso politico alle riforme – aggiungono gli industriali -. Infatti, il peggioramento facilmente viene imputato dai cittadini alle riforme stesse, essendo l`uno contemporaneo alle altre. In questo modo si accentua la percezione dei costi sociali delle riforme; ciò aumenta la probabilità del loro rigetto e rende più instabile il quadro politico. L`instabilità può arrivare al punto di far cadere i governi riformatori e affermare elettoralmente gli oppositori delle riforme, i quali finiscono per abolirle”.
“Perciò – prosegue il Csc – occorre invertire l`orientamento del Consiglio europeo, recuperando lo spirito originario della flessibilità, aumentare l`ammontare massimo della deviazione consentita e prevedere tempi di rientro più lunghi”.
In Italia, nel 2016, grazie all`utilizzo della flessibilità, spiega il Csc, si avrà una minore riduzione del deficit di bilancio strutturale pari a 0,6 punti di Pil (più di quella consentita pari a 0,4) ma nel 2017 e nel 2019, se si desse seguito a quanto previsto dal Patto di stabilità e crescita la restrizione dovrebbe essere almeno dello 0,5% del Pil l`anno. Se si tiene conto delle clausole di salvaguardia che sono ancora attive, la correzione nel 2017 dovrebbe essere di 1,4 punti di Pil, circa 24 miliardi, l`anno successivo di ulteriori 0,2 punti e nel 2019 di 0,5 punti di Pil.
“Si tratta di un aggiustamento – conclude il Csc – che avrebbe la forza di soffocare i benefici delle riforme e condurre, politicamente, a bloccare il processo stesso. In questo senso, è positivo che si stia negoziando per allentare la stretta nel 2017”.