I metalmeccanici hanno dunque approvato il loro nuovo contratto nazionale. Lo ha reso noto un comunicato emesso nel primo pomeriggio di oggi, a Roma, dalla “Commissione elettorale nazionale Fim-Fiom-Uilm”.
Questi i risultati “quasi definitivi” pervenuti al centro nazionale dei tre sindacati, sito al n. 36 di corso Trieste, entro le ore 14.00 di oggi. La consultazione sull’ipotesi di accordo siglata con Federmeccanica e Assistal si è svolta in 5.986 aziende metalmeccaniche, per un totale di 678.328 dipendenti. Si sono espressi col loro voto 350.749 lavoratori, pari al 63,27% dei presenti nei giorni della votazione, che si è svolta da lunedì19 amercoledì 21 dicembre. Hanno detto sì 276.627 lavoratori, pari all’80,11% dei votanti, mentre hanno scelto il no in 68.695, pari al 19,89%.
“La Commissione”, conclude il comunicato, “certifica” pertanto che “la consultazione ha dato esito positivo”. Ne segue che “il Contratto collettivo nazionale di lavoro di Federmeccanica-Assistal è pienamente applicabile per tutti i lavoratori della categoria”.
Fin qui la prosa, un po’ enfatica, del comunicato sindacale, peraltro piuttosto scarno. Ma, al di là delle cifre assolute e delle percentuali diffuse dai tre sindacati, quello che conta di più sono i significati di fondo di questa notizia. Vediamo quali.
La prima osservazione nasce dalla lettura del testo stesso del comunicato. Testo in cui compare la formula “Fim-Fiom-Uilm”, ovvero una formula in cui le sigle dei tre sindacati confederali della categoria sono unite fra loro da due trattini di unione, e non separate da virgole come nella formula “Fim, Fiom, Uilm”; quella che, nella primavera del 1984, tornò a comparire nei comunicati sindacali dopo la fine della fase unitaria che aveva portato, nel 1972, alla costituzione della Flm. Questa dei trattini al posto delle virgole può apparire come un’inezia, priva di significati particolari. Ma può anche essere la spia linguistica del clima unitario che, almeno per il momento, si è ricreato fra i tre sindacati.
Il primo aspetto da rilevare, a partire dalla notizia odierna, è dunque quello relativo ai rapporti fra i tre maggiori sindacati della categoria. Dopo una trattativa difficilissima, durata per più di un anno – dal 5 novembre 2015 al 26 novembre 2016 – i metalmeccanici hanno riconquistato il loro contratto. E mentre erano entrati nel negoziato con due diverse piattaforme, una di Fim e Uilm, l’altra della Fiom, sono arrivati all’accordo unitariamente. E unitariamente lo hanno sottoposto al giudizio dei lavoratori.
Il secondo aspetto è quindi quello relativo alle relazioni fra i tre sindacati, che hanno ritrovato un livello significativo di unità d’azione, e l’insieme dei lavoratori. Nel senso che Fim, Fiom e Uilm si sono presentate insieme davanti ai lavoratori per sostenere il valore positivo dell’accordo raggiunto, rimettendo peraltro ai lavoratori stessi l’ultima parola sul punto decisivo: accettarlo o meno.
Si può quindi dire che, ritrovando un’intesa fra loro in materia contrattuale, i sindacati dei metalmeccanici hanno anche ritrovato la via più diretta verso la democrazia sindacale. Ovvero verso un sistema di relazioni che lascia ai lavoratori, come detto, l’ultima parola.
Il terzo aspetto, invece, è relativo al rapporto fra questo schema di democrazia sindacale e il ruolo delle controparti. Ci riferiamo al fatto che, con l’intesa del 26 novembre, il tema della democrazia sindacale è entrato all’interno del contratto. E ciò in due punti dell’accordo.
All’inizio del testo, infatti, è scritto che “le parti, condividendo l’esigenza di allineare e armonizzare le prescrizioni contrattuali del Ccnl con quelle del Testo Unico 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza, decidono di istituire una Commissione con il compito di individuare (…) le soluzioni per il recepimento delle parti che” il Testo stesso “demanda alla regolazione contrattuale”. Il che, nel linguaggio un po’ involuto dei testi contrattuali, significa che Fim, Fiom e Uilm concordano con Federmeccanica e Assistal di armonizzare il contratto dei metalmeccanici con l’accordo su democrazia sindacale e rappresentatività raggiunto all’inizio del 2014 frala Confindustriae Cgil, Cisl, Uil.
Il penultimo paragrafo dell’accordo contrattuale del 26 novembre è poi esplicitamente intitolato “Percorso di validazione dell’Accordo”. E qui si può leggere che “al fine di dare piena efficacia ed esigibilità” all’intesa, le organizzazioni sindacali “procederanno a realizzare una consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori interessati attraverso assemblee e un voto segreto che si svolgerà nelle giornate del 19, 20 e 21 dicembre2016”. Perciò “l’intesa si intende validata se la maggioranza semplice delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti si esprimerà a favore”.
In altri termini, con l’accordo del 26 novembre Federmeccanica e Assistal hanno accettato l’idea che, al di là dell’intesa con i sindacati nazionali della categoria, la validazione conclusiva del contratto sta nelle mani dei lavoratori.
Tutto bene, dunque? Fino a un certo punto. Perché la democrazia è bella, ma è scomoda. E quando i sindacati sottomettono ai lavoratori il proprio operato, non è detto che ottengano consensi entusiasti.
Ed è proprio questo ciò che è accaduto con la consultazione apertasi il 19 dicembre. Perché è vero che, sul piano nazionale, come si è visto, i sì hanno prevalso ampiamente sui no. E’ anche vero, però, che la vittoria dei sì poggia le sue basi sulle piccole e medie imprese, mentre in alcuni grandi gruppi, a quanto risulta al Diario del lavoro, i sindacati confederali hanno subito anche alcune dolorose sconfitte.
A quanto si apprende, infatti, il no ha prevalso in gruppi come Electrolux (elettrodomestici) e Fincantieri (costruzioni navali), nonché in fabbriche storicamente importanti comela Samedi Treviglio (macchine agricole) ela Astdi Terni (siderurgia). Il sì, invece, ha prevalso nettamente in gruppi come Whirlpool (ancora elettrodomestici), Leonardo (la ex Finmeccanica) e Abb (termoelettromeccanica).
Da cosa deriva questa bocciatura subita in non poche fabbriche di maggiori dimensioni? Secondo prime analisi raccolte negli ambienti sindacali, il ruolo assai significativo attribuito dall’accordo del 26 novembre a varie misure di welfare contrattuale avrebbe incontrato maggiori consensi nelle aziende medio-piccole, che ne erano in genere totalmente sprovviste, mentre sarebbe stato meno apprezzato in alcune di quelle più grandi, che si erano già dotate di strumenti simili attraverso la contrattazione aziendale. In altri casi, invece, hanno prevalso minoranze interne o esterne ai sindacati confederali, da tempo in esplicita polemica con la conduzione del rinnovo contrattuale.
Morale della favola. Il nuovo contratto, come già detto anche in queste pagine, è profondamente innovativo rispetto alla tradizione sindacale della categoria. Evidentemente, non tutti i gruppi dirigenti di fabbrica hanno condiviso il giudizio positivo su queste novità. Per Fim, Fiom e Uilm, che hanno scelto la via del confronto esplicito e del rapporto democratico con lavoratori, si aprirà, col nuovo anno, un periodo in cui dovranno necessariamente interrogarsi sulle motivazioni dei no ricevuti in questa consultazione e dovranno quindi tornare a confrontarsi in modo approfondito con i lavoratori delle aziende ribelli.
@Fernando_Liuzzi