La Fondazione Giusuppe di Vittorio ha analizzato i dati Inps del 2016 sulle assunzioni. Lo studio ha rilevato che nei primi sette mesi del 2016 le assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite considerevolmente rispetto all’anno precedente ma anche rispetto al 2014 e al 2013. “I nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono stati 744 mila – si legge nello studio – inferiori non solo a quelli dello stesso periodo del 2015 (-379 mila, pari al -33,7%), ma addirittura anche a quelli del 2014 (-64mila, pari a -8%) e del 2013 (-92 mila, pari al -11%)”
Le assunzioni a termine vanno per la maggiore: “rappresentano ben il 71% dei nuovi rapporti di lavoro” per non parlare degli 85milioni di persone assunte attraverso i voucher rappresentando un boom di +135% rispetto al periodo precedente. Secondo la Fondazione Di Vittorio “il lavoro precario e instabile si conferma nel 2016 la forma assolutamente predominante di accesso al mercato del lavoro”.
L’analisi rivela, quindi, un uso negativo degli incentivi del Jobs Act che non hanno portato di fatto all’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato ma anzi un aumento esponenziale dei contratti precari.
Ma lo studio va ancora più in profondità spiegando anche le differenze tra i dati dell’Inps e quelli dell’Istat. Il problema individuato dal centro studi della Cgil è da ritrovare nella “natura delle fonti che è di origine amministrativa per l’Inps e campionaria per l’Istat; nella copertura, l’Istat considera tutti gli occupati siano essi dipendenti o indipendenti, pubblici o privati, l’Inps solo i dipendenti delle imprese private industriali e dei servizi, nel fenomeno osservato che nel caso dell’Istat sono gli occupati intesi come ‘individui’, mentre l’Inps calcola i rapporti di lavoro attivati, le cessioni e trasformazioni; nei voucher, compresi per l’Istat nel dato generale, mentre nei dati Inps sono espressi separatamente in termini di buoni venduti” . Entrambi gli enti, nonostante le differenze, rilevano però dati simili sia sulla crescita dell’occupazione a tempo determinato che a quella a tempo indeterminato. Una conferma, quindi dell’andamento generale del mercato del lavoro nel paese.