Prime modifiche ai decreti legislativi emanati, l’anno scorso, in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, il cosiddetto Jobs Act., a partire da una stretta sull’utilizzo dei voucher. Infatti, il Consiglio dei Ministri, nella sua seduta odierna, ha approvato in via preliminare un decreto legislativo che contiene “disposizioni integrative e correttive” di ben cinque degli otto decreti su cui si era articolato, nel corso del 2015, la legge di gran lunga più famosa fra quelle varate per impulso del Governo Renzi.
Chiariamo subito che le modifiche cui oggi il Consiglio dei ministri ha detto sì non sono ancora operative. L’approvazione “preliminare” implica, infatti che adesso il decreto sarà inviato dal Governo alle Commissioni Lavoro della Camera e del Senato. Queste ultime dovranno esaminarlo ed esprimere su di esso i loro rispettivi pareri, peraltro non vincolanti. Dopodiché, il testo tornerà al Governo che dovrà procedere a vararlo in una versione eventualmente modificata.
Ma torniamo al decreto discusso oggi a Palazzo Chigi. Le modifiche più attese, nonché di maggior rilievo, sono quelle relative alle norme sui cosiddetti voucher, i buoni lavoro la cui utilizzazione è cresciuta a dismisura nel corso dell’ultimo anno-anno e mezzo. Tanto da far dire ad alcuni, a partire dai sindacati, che ci si trova ormai di fronte ad un uso patologico di uno strumento concepito, a suo tempo, per contrastare il lavoro nero.
Parlando con il Diario del lavoro, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, il Pd Cesare Damiano, ha ricordato che i voucher “sono stati introdotti nel 2003 con la legge Biagi, allo scopo di disciplinare il cosiddetto lavoro accessorio, ovvero quelle prestazioni occasionali che non potevano essere ricondotte a nessuna delle forme contrattuali allora esistenti”. Damiano ricorda poi che nel 2007, quando era Ministro del Lavoro del secondo Governo Prodi, fu proprio lui ad assumersi la responsabilità di promuovere un decreto attuativo, allora ancora mancante, di questa parte della legge Biagi. E ciò per consentire la retribuzione trasparente di prestazioni quali la partecipazione a una vendemmia di pensionati e studenti.
Per il datore di lavoro, ogni voucher ha il costo di 10,0 euro. Tale costo va a costituire la retribuzione lorda di un’ora di lavoro. Ebbene, nel 2008, ricorda ancora Damiano, i voucher venduti furono circa 550mila. Dopo sette anni, l’esplosione: nel 2015, i voucher venduti sono stati circa 115 milioni, con una crescita superiore alle 200 volte. Come mai?
Tra il decreto voluto da Damiano e i giorni nostri ci sono state tre modifiche legislative. Prima il terzo Governo Berlusconi ampliò il campo di utilizzo dei voucher per ciò che riguarda i settori produttivi, andando ben oltre l’agricoltura. Poi la legge n. 92 del 2012, voluta dal ministro del Lavoro del Governo Monti, la professoressa Elsa Fornero, allargò l’utilizzo dei voucher oltre il lavoro puramente accessorio e occasionale. Infine, il Governo Renzi, col decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, ha effettuato un’altra modifica, di minor rilievo: la cifra massima che il prestatore d’opera può ricevere – su base annua – grazie ai buoni lavoro, è stata infatti elevata da 5 mila a 7 mila euro.
Queste modifiche ci aiutano a capire la crescita vertiginosa nel ricorso ai voucher verificatasi negli anni più recenti. Nel 2013, l’anno dopo la legge Fornero, i voucher venduti assommavano a 40 milioni. Nel 2014, raggiungevano quasi i 70 milioni. E del 2015, come detto, hanno toccato i 115 milioni.
Da alcuni mesi, le denunce dei sindacati relative a questa vera e propria esplosione del ricorso ai voucher si sono infittite, sostenendo che dietro a questa impennata si nascondevano, verosimilmente, due fenomeni negativi. In primo luogo, una nuova forma di precarizzazione del lavoro. In altri termini, datori di lavoro che utilizzano i voucher per retribuire legalmente posizioni lavorative che, ad esempio nel settore dei servizi legati alla ristorazione e all’accoglienza, e quindi al turismo, dovrebbero essere regolate altrimenti, ovvero con assunzioni a tempo determinato o col contratto a tutele crescenti. In secondo luogo, retribuzioni parziali “di facciata”, volte a mascherare forme più estese di lavoro nero.
Oggi il Governo Renzi ha mostrato di essere sensibile agli allarmi lanciati da più parti su questo terreno. Il che non può destare stupore, visto che quella di ridurre l’area del lavoro precario era una delle idee-forza proclamate nel lancio del Jobs Act. Ebbene, l’idea di fondo del decreto presentato dall’attuale ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sembra essere quella della cosiddetta tracciabilità. In pratica, i datori di lavoro, in tutti i settori, tranne l’agricoltura, dovranno comunicare via sms o via e.mail all’ispettorato nazionale del lavoro, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione lavorativa destinata ad essere retribuita con i voucher, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore. In agricoltura, dove esistono già altre norme più stringenti, i datori di lavoro saranno tenuti a fare le stesse comunicazioni “con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni”.
Nelle intenzioni del Governo, la tracciabilità dovrebbe di per sé essere funzionale a ridurre l’uso sostanzialmente improprio e quindi distorsivo dei voucher. Le reazioni delle parti sociali sono state fin qui positive, ma non c’è piena soddisfazione da parte di tutti. La Confesercenti, ad esempio, ha definito “comprensibile” un intervento che “mira a contrastare l’uso improprio dei voucher”. Da parte sua, il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, ha definito il progetto di decreto come “un primo passo, non ancora sufficiente”, però, “a riportare nell’ambito della normalità l’uso di questo strumento”.
Per Damiano, “il modo migliore di per combattere gli abusi che favoriscono il lavoro nero” è quello di “reintrodurre il criterio della occasionalità voluto da Marco Biagi, accanto alla specificazione delle casistiche che consentono l’uso dei voucher”.
Fra gli altri aspetti del decreto discusso oggi in Consiglio dei ministri, ricordiamo le misure volte a trasformare i contratti di solidarietà “difensivi” in contratti di solidarietà “espansivi”, nonché modifiche alla disciplina del diritto al lavoro dei disabili.
@Fernando_Liuzzi