Ieri, giovedì 12 giugno, giornata densa di appuntamenti nella Never-Ending Story della ex Ilva. Nel corso del pomeriggio, infatti, si è parlato di Ilva in due delle principali sedi governative romane: a palazzo Chigi, dove si è riunito il Consiglio dei Ministri, e al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dove si è svolto un incontro con i sindacati dei metalmeccanici.
Partiamo dunque da palazzo Chigi. Qui, con inizio poco dopo le 16:00, si è tenuta una riunione dell’Esecutivo presieduta da Giorgia Meloni. Riunione nel corso della quale, fra l’altro, è stato approvato un decreto-legge recante “Misure urgenti relative a crisi industriali”. Decreto che, nella fattispecie, stanzia 200 milioni di euro “in favore di Acciaierie d’Italia in Amministrazione straordinaria”. Stanziamento che, come ha specificato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha lo scopo di “garantire la continuità produttiva” della stessa AdI, e di “mettere in sicurezza” i suoi impianti.
Diciamo subito che, date sia le condizioni attuali, quanto meno problematiche, che le proporzioni dello stabilimento siderurgico di Taranto, ovvero di quello che è, a tutt’oggi, il più grande stabilimento siderurgico dell’intera Europa, lo stanziamento definito ieri è meno ingente di quanto non possa sembrare a prima vista. Va però dato atto al Governo di aver rapidamente dato seguito a quanto detto, dallo stesso Esecutivo, nel corso dell’incontro con i sindacati che si è svolto a palazzo Chigi appena pochi giorni fa, ovvero nel pomeriggio di lunedì 9 giugno. Quel giorno, infatti, il Governo si era impegnato ad assicurare “la copertura finanziaria per il proseguimento delle attività” di Acciaierie d’Italia attraverso uno specifico decreto legge.
In pratica, con questo atto il Governo ha assicurato la sopravvivenza di Acciaierie d’Italia in una fase decisiva della sua esistenza. Ovvero, nella fase in cui dovrebbero essere assicurate le condizioni indispensabili, dall’atteso Accordo di programma, alla concessione della nuova Autorizzazione integrata ambientale, per avviare il processo industriale che potrà portare verso la decarbonizzazione della produzione di acciaio. E tutto ciò, se ne tenga conto, mentre continua ad essere aperta la trattativa per la vendita della stessa AdI al consorzio azero guidato da Baku Steel.
Adesso abbandoniamo piazza Colonna, ovvero la piazza su cui si apre il portone principale di palazzo Chigi, e spingiamoci su lungo via del Tritone e fino a piazza Barberini. Da qui, imboccando via Veneto, si raggiunge in pochi passi il portone della sede principale del ministero del Lavoro. È qui che un’ora prima, ovvero verso le 15:00, era iniziata non una vera e propria riunione formale, ma piuttosto un “incontro interlocutorio” – come è stato definito da alcuni dei sindacalisti presenti – convocato dalla responsabile del Ministero, Marina Calderone.
A monte dell’incontro, almeno due problemi. Da un lato, la questione della Cassa integrazione. Dall’altro, la problematica connessa con l’utilizzo di strumenti quali quello della formazione permanente.
Per ciò che riguarda la Cassa integrazione, si tenga innanzitutto presente che, a causa della storia complessa dello stabilimento di Taranto, si sono formati nel tempo tre gruppi di cosiddetti cassintegrati. Un primo gruppo è costituito dai dipendenti dell’Ilva in Amministrazione straordinaria, ovvero da quei lavoratori che, pur provenendo dalla vecchia Ilva, non sono stati (ancora) riassorbiti dall’attività di Acciaierie d’Italia. Un secondo gruppo è invece costituito da dipendenti di AdI in Amministrazione straordinaria non impegnati, attualmente, in nessuna attività lavorativa. Un terzo gruppo, infine, è costituito da lavoratori dipendenti da imprese dell’indotto attualmente non impiegati in specifiche attività.
Ora il punto è che, dopo l’incendio che il 7 maggio scorso ha messo fuori uso l’Altoforno 1, AdI ha ritenuto di aumentare in misura consistente il numero dei propri dipendenti posti in Cassa integrazione. Il che, ovviamente, ha fatto crescere le preoccupazioni diffuse fra i dipendenti della stessa AdI, a breve, in merito al proprio reddito – reddito che, per definizione, è sempre più basso per i cassintegrati rispetto ai lavoratori pienamente attivi -, nonché, in prospettiva, in merito al proprio futuro occupazionale.
C’è poi la problematica della formazione permanente. Qui il punto sta nel fatto che, in prospettiva, i processi di decarbonizzazione dovrebbero portare dall’impiego della tecnologia dell’altoforno a quella del forno elettrico. Un processo di mutamento industriale che, da un lato, ci si aspetta porti a una decrescita delle quantità di lavoro necessarie per implementare i nuovi processi produttivi, mentre, dall’altra, richiederà professionalità almeno parzialmente diverse da quelle attualmente necessarie.
Al termine dell’incontro, Loris Scarpa, Coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil, ha definito l’incontro stesso come “un’occasione necessaria per ribadire la nostra netta contrarietà all’incremento dei numeri della Cassa integrazione”, nonché “al tema di eventuali esuberi temporanei che possono essere introdotti viste le recenti dichiarazioni del Ministro Urso sugli attuali volumi produttivi”.
Sempre secondo Scarpa, “i 200 milioni annunciati” dal Governo dopo la riunione del Consiglio dei Ministri “sono insufficienti anche per gestire l’amministrazione straordinaria e gli investimenti per la ripartenza degli impianti, figuriamoci per la situazione che riguarda i lavoratori diretti e dell’indotto”.
Valerio D’Alò, Segretario nazionale della Fim-Cisl, ha detto di aver “approfittato” dell’incontro “per ricordare all’Azienda” quanto sia importante che “sia garantito il sostegno al reddito dei lavoratori” e che “l’utilizzo della formazione sia consono alle necessità impiantistiche”.
D’Alò si è inoltre augurato che “quello che si sta facendo porti nella direzione di realizzare quanto annunciato nell’incontro a Palazzo Chigi” di lunedì 9 giugno, in merito a tutti gli elementi necessari alla conclusione positiva” della trattativa, dall’Aia all’Accordo di programma, e a “tutto ciò che serve per garantire il rilancio di tutti i siti del Gruppo e per far rientrare al lavoro i lavoratori e le lavoratrici”.
Guglielmo Gambardella, Segretario nazionale della Uilm-Uil, ha osservato che “un’Ilva del futuro, decarbonizzata e basata sulla produzione di acciaio tramite forni elettrici”, “prevederà inevitabilmente livelli occupazionali diversi e competenze diverse rispetto a quelli e a quelle della situazione attuale”. La formazione “dovrà dunque essere rafforzata ed estesa se si vuole dare credibilità a una nuova prospettiva industriale compatibile con l’ambiente”.
Infine, ancora secondo Gambardella, occorre “recuperare il tempo perduto e avviare da subito la progettazione e la conseguente costruzione dei forni elettrici e degli impianti per la produzione del preridotto”.
Fernando Liuzzi